CHI E' CLAUDIO ABBADO ?

Pubblicchiamo quest'articolo uscito nel giornale "Der Tagesspiegel" di Berlino (16 Giugno 2000).

L'articolo propone un ritratto molto sentito del Maestro..Scriveteci per dare la vostra opinione.

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Chi è Claudio Abbado ?

Bisbigliare la musica.
Tentare di avvicinarsi al direttore italiano
.

Frederik Hanssen
(Tagesspiegel, 16 giugno 2000)

La parola "dolce" ha diversi significati in italiano. Di solito, indica qualcosa di zuccherato o morbido e va dunque utilizzata come concetto principale per tutti i dessert e piatti zuccherati. Ma anche un paesaggio grazioso può essere "dolce" , così come il dolce profumo impalpabile di qualche fiore, oppure il primo sole primaverile. Anche le fonti d'energia alternative sono descritte con questa parola polisemica. In Italia, quando una donna sussurra ad un uomo che è "dolce", non è segno d'insuccesso per nulla. La Signora vuole semplicemente rilevare così che si distingue piacevolmente dallo stereotipo del "macho", molto frequente in questo paese.
Un prototipo di quello "uomo dolce" è senza alcun dubbio Claudio Abbado, direttore dell'Orchestra Filarmonica di Berlino: spirito di acuta finezza, paziente, tranquillo, sensibile, modesto, prudente, sono i qualificativi che vengono in mente a chi riflette sulla personalità di Claudio Abbado. Qualità che non necessariamente corrispondono alla sua professione. I Direttori d'orchestra non devono essere necessariamente autoritari e dominatori, se vogliono arrivare a qualcosa ? La voglia di comandare a cento musicisti con soli movimenti del polso appena visibili non deve scintillare nei loro occhi ?

"Ogni direttore è un dittatore intransigente che per fortuna si soddisfa solo di musica".
Così il grande Sergio Celibidache definiva il suo mestiere. Claudio Abbado sarebbe dunque effettivamente un'eccezione a questa regola ?

I Direttori d'Orchestra devono essere dei dittatori.

Come percepire uno che ti gira sempre le spalle ? Abbado rifiuta le interviste al limite del possibile, e rimane seduto sul podio della conferenza stampa annuale dell'Orchestra Filarmonica di Berlino, appuntamento pubblico così unico quanto regolare con una tale espressione di assenza sul viso che nessuno osa rischiare di fare neanche una domanda. Se finalmente lo fa un collega, come questo giornalista spagnolo poco informato che stava li apparentemente per la prima volta, e vuole sapere dal Maestro dettagli sulla prossima tournée dei Berliner in America Latina, Claudio Abbado sorride con molta educazione e sussurra qualcosa come "sono molto lieto di avere l'occasione di..." oppure "sicuramente incontri molto interessanti !..."
Se davvero è in piena forma, riesce anche ad annullare l'effetto amplificatore dei microfoni: quando, a Rio de Janeiro, il Sindaco appassionato di musica, diede al direttore d'orchestra simbolicamente una chiave della città, le parole di ringraziamento di Claudio Abbado si persero nella breve distanza tra la bocca e il microfono. L'orchestra, presente ascoltava con attenzione, non sentiva nulla e se ne divertiva ridendo: ecco Claudio, tale quale lo conoscono.
Quello che vuole avvicinarsi al laconico maestro deve in ogni modo venirgli molto vicino. Non basta essere presente quale giornalista accreditato durante la tournée dei Berliner a Buenos Aires, Sao Paolo e Rio de Janeiro, perché se s'incontra Abbado nella hall dell'Albergo oppure a Teatro durante la prova generale, egli ha sempre quell'espressione fredda, educata, e tutta concentrata su se stesso, quando vede apparire all'orizzonte un rappresentante della stampa. Ci vuole comunque sempre una lotta dura e continua per strappare un incontro informale, in un'atmosfera intima su un suolo neutro, magari nella Suite del Sovrintendente.
Solo allora si può guardare Abbado negli occhi. Perché gli occhi di Abbado raccontano tutto, mentre la bocca dà risposte evasive.
Se si richiede ad esempio quali sono i suoi progetti dopo la primavera 2002, oppure se consegna ben volentieri la bacchetta a Simon Rattle, la sua bocca dice " non ci sono ancora piani concreti", ma nei suoi occhi brilla: "Se sapessi!"
Se si richiede se, per un progetto della futura stagione dei Berliner, dirigerà piuttosto un'opera o un pezzo orchestrale, risponde misteriosamente "Forse ", ma il suo sguardo (tra)dice "Ci sono tanti pezzi straordinari! Perché dovrei decidere adesso? Così mi rimproverai dopo che do dello stress all'orchestra, se mi decido finalmente per qualcos'altro!"
Ma la conferma di tutto ciò viene con ritardo, in mezzo ad una prova: che Abbado sia tutto tranne che loquace con i musicisti, anche durante le prove, che lasci spesso suonare durante lunghi momenti, senza nessun commento, che rilasci le sue osservazioni spesso solo al primo violino, non ha nulla a che vedere con la timidezza oppure con una limitata padronanza della lingua tedesca, ma con una concezione del lavoro che si fonda completamente sul principio dello " accordo tacito".
Gli uomini che si conoscono veramente non hanno bisogno di parole per capirsi. Lo stesso vale per i musicisti che suonano insieme da tempo musica da camera. Perché sanno come gli altri reagiranno a tale o tale situazione, insieme percepiscono l'interpretazione giusta, insieme trovano il perfetto equilibrio delle sonorità, senza avere bisogno di trattare sui dettagli concreti.
Questo principio del "Zusammenmusizieren" (Fare musica insieme) in una cerchia ristretta è stato chiamato da Claudio Abbado "l'ideale del suo lavoro artistico" nella sua "prima intervista in Argentina", rilasciata alla Rivista del Teatro Colon; e i miei colleghi di Buenos Aires hanno stampato la parola in tedesco, con un tentativo di spiegazione in spagnolo, tanto la visione abbadiana sembrava loro tipicamente Mitteleuropea.
"Zusammenmusizieren" significa che possono ascoltarsi tra loro, e reciprocamente, ma anche incontrarsi con lo stesso livello di conoscenza e sensibilità.

Fare musica vuol dire ascoltare

Voler applicare il modo di lavorare insieme musica da camera al lavoro nella grande orchestra è rischioso. Anche se viene pensato in modo molto simpatico, quando il direttore ed i musicisti vogliono lavorare su un'opera dialogando tra loro in modo non verbale, c'è una condizione: che gli strumentisti si siano confrontati alla partitura quanto il direttore stesso. Per raggiungere tale scopo, bisogna che l'interlocutore raddoppi i suoi sforzi di fronte ad un analista come Abbado, colto, profondo, e che possiede una visione sinottica delle cose.

Non c'è da stupirsi se molti musicisti si lamentano del silenzio di Abbado durante le prove. Aspettano dal direttore prima di ogni cosa uno studio dei dettagli artigianali.
Perché? Forse la risposta è molto semplice: in Orchestra, gran parte dei musicisti sono semplicemente seduti troppo lontano dal direttore per poter vederne gli occhi?.