Pubblichiamo la lettera che il CAI ha inviato l'11 marzo 2001 al Corriere della sera

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Lettera del CAI

al Corriere della sera

Al Corriere della sera, 11 marzo.

Milano, 11 marzo 2001


Al direttore Responsabile del
Corriere della Sera
Dr. Ferruccio De Bortoli
Via Solferino, 28
20121 MILANO

e, per conoscenza,
al Maestro Claudio Abbado
Osterfestspiele Salzburg
A-5020 SALZBURG


Inviamo questa lettera, con preghiera di considerarla per la pubblicazione:


Abbado e Milano

Ce ne siamo stati zitti e siamo rimasti ad osservare lo sviluppo degli eventi quando è scoppiato il caso dell'invito di Abbado a Milano, iniziato con una lettera del professor Marco Vitale al Corriere e culminato con la risposta del Maestro Muti, sempre sulle pagine del quotidiano milanese. Siamo rimasti alla finestra, come si suol dire, non perché la cosa ci lasciasse indifferenti, ma perché eravamo consci, soprattutto noi dello "zoccolo duro" del Club Abbadiani Itineranti, nato non a caso a Milano, di avere già dimostrato a sufficienza quanta stima, ammirazione e amore per il Maestro Abbado abbiamo sempre conservato e alimentato in tutti questi anni segnati dalla sua assenza in questa città: prima ancora di costituire ufficialmente l'associazione, i sedicenti abbadiani itineranti non hanno praticamente perso un appuntamento con il grande direttore d'orchestra milanese, a Vienna, a Berlino, a Parigi, nelle sedi italiane dove è venuto numerose volte, a New York, in America Latina, a Cuba, a Tokyo. Insomma dobbiamo dire che non ci è mancato, abbiamo solo preso atto, noi di Milano, che bisognava spostarsi per sentirlo (e vi assicuro che ne è sempre valsa la pena), e via via il gruppo si è talmente ingrossato che i nostri soci sono ora in tutta Europa e in tutto il mondo, specialmente in Giappone, così che siamo usciti da una visione un po' provinciale che ci faceva reclamare la presenza di Claudio Abbado a Milano, per considerare che in fondo anche gli altri suoi estimatori hanno diritto di goderselo tanto quanto noi milanesi e che si farebbe loro torto ad insistere troppo sulla milanesità del Maestro Abbado. Ciò non toglie che un suo ritorno a Milano sarebbe un evento che ci farebbe molto felici, segno che le ferite aperte in passato con questa città si sono rimarginate. L'idea del lumicino acceso di cui ha parlato Ermanno Olmi è quella più bella e vicina alla sensibilità del Maestro: noi siamo sicuri di averlo sempre alimentato e tenuto acceso quel lumicino, e Claudio Abbado lo sa bene.
Poi è venuta la coraggiosa e dignitosa dichiarazione sulla sua malattia, da cui è uscito grazie alla volontà di continuare a "fare musica", quella musica che è diventata la sua migliore terapia. E possiamo dire che ce ne siamo bene accorti, prima a Tokyo, dove ha diretto il Tristano, e poi con i più recenti concerti di Berlino (Requiem di Verdi), Roma e Vienna (ciclo delle sinfonie e dei concerti per piano di Beethoven), cui hanno assistito in totale circa 200 abbadiani itineranti, provenienti da ogni parte del mondo, non solo da Milano. Abbiamo notato però l'assenza di coloro che, facendo parte delle autorità e delle istituzioni musicali milanesi, gli rivolgono ora inviti pressanti a tornare; viceversa l'ampio spazio dato sul Corriere alle dichiarazioni di Abbado di aver sconfitto il cancro, è stato particolarmente apprezzato da tutti i suoi estimatori italiani, e milanesi in particolare, che gli sono grati di aver consegnato anche al principale quotidiano di Milano, e non solo allo straniero Frankfurter Allgemeine Zeitung, la notizia di aver superato una così grave malattia grazie alla musica. Anche questo è un segno di attenzione per la sua città natale, che ci fa capire che lui sa che qui molti lo amano.


Club Abbadiani Itineranti