Un ricordo personale di Romano Gandolfi
Romano Gandolfi non c'è più: faceva parte del mio mondo di affetti musicali. Se pensavo a lui pensavo soprattutto al Simon Boccanegra di Claudio Abbado, quello mitico della Scala (1973-74) con la regia di Strehler, che dopo il Don Carlos dell'inaugurazione 1968 ha segnato la mia anima di appassionata d'opera e di musica. Bastava quell'evocazione a farmi sentire un perenne debito di riconoscenza verso di lui, con quel tipo di sentimento che ti lega a una persona cara. L'ho visto alla fine di gennaio, stanco ma felice dopo l'esecuzione della Messa K427 di Mozart, dove con energia incredibile aveva diretto coro e orchestra nello stesso tempo. Nel suo camerino all'auditorium dell'Orchestra Verdi di Milano era sorridente e di ottimo umore nonostante la fatica, costretto a riposarsi su una sedia a rotelle, con i piedi fasciati in due enormi sandali ortopedici, così buffi a completamento del frac da direttore d'orchestra che indossava, ma anche così commoventi perché raccontavano la sua storia di tenacia e di irriducibile servitore della musica, nonostante la malattia - un diabete grave - che alla fine ha avuto ragione di lui. Addio Romano, ti ricorderemo per sempre!
Attilia
Milano, 18 febbraio 2006
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