Il 16 febbraio 2007 presso il Centre Culturel Francais di Milano, si è svolta la proiezione di Candide di Leonard Bernstein nella produzione del Théâtre du Châtelet andata in scena a Parigi nel dicembre scorso, con la regia di Robert Carsen.

Ve ne faccio un breve resoconto. Hanno presentato la sottoscritta e Gabriele Boccalini che ringrazio di cuore di avermi aiutata con la sua proverbiale competenza e acutezza.

E’ stata fatta una premessa sul perché dell’iniziativa e sulla storia del Candide di Bernstein nelle sue varie versioni.

L’interesse per Candide nasce dalla minacciata cancellazione dal cartellone della Scala. E’ stato detto che lo spettacolo “non è da Scala” e quindi noi che amiamo tanto questo teatro ci siamo chiesti se non sia da Scala lo spettacolo specifico preparato da Carsen, oppure il Candide in sé come opera, o piuttosto non si pensi che il pubblico di Milano non possa accettare alcune supposte provocazioni. In quest’ultimo caso ci sarebbe da preoccuparsi della maturità dei frequentatori del nostro massimo teatro lirico, visto che a Parigi la cosa è andata in scena senza problemi e, anzi, con grande gradimento e godimento del pubblico per una regia considerata anche dai critici di grande intelligenza.

Candide, liberamente tratto dal Candide di Voltaire, ha avuto molte versioni e revisioni, a partire dalla prima di Boston (1956), tanto da essere considerato praticamente un work in progress. Le revisioni, fra l’altro, sono sempre state fatte a più mani, sia sul libretto, di cui si citano come autori Bernstein stesso, Lillian Hellman, Hugh Wheeler, John Latouche, Richard Wilbour, ma con contributi anche di altri, come Dorothy Parker ad esempio, sia sulla parte musicale, revisionata più volte da Bernstein con la collaborazione di altri musicisti come Harold Prince, John Mauceri e Jonathan Miller. Per di più si è sempre oscillato fra una versione con scene e costumi (fra l’altro esiste una versione “Broadway” , cioè stile musical, di Candide) e l’esecuzione in forma di concerto, come quella storica del 1989 al Barbican Center di Londra nella direzione di Leonard Bernstein stesso. Per una analisi più precisa delle diverse versioni di Candide,sulla cronologia e la discografia, consigliamo di consultare i seguenti siti:www.leonardbernstein.com
www.geocities.com/bernsteincandide/

Per una sintesi della trama dell’opera, costituita da una serie di scene, potete invece consultare il testo alla pagina:http://www.operamanager.com
Dalla storia delle varie edizioni, rappresentazioni e registrazioni discografiche di Candide si deduce che è un opera che non ha una versione di riferimento precisa e che soprattutto nelle sue forme scenografiche si presta all’attualizzazione. Quindi, tornando a noi e ai recenti fatti di cronaca, non ha senso parlare di “inopportunità che un regista si sovrapponga all’originale”, come è stato detto, perché appunto non esiste un “originale” certificato a cui rifarsi.
Se il Candide di Voltaire (1759) è definito come un racconto filosofico che fa della satira sul potere e sulla Chiesa, quello di Bernstein, pur mantenendo sostanzialmente trama e personaggi di Voltaire, viene attualizzato all’America del maccartismo con la caccia ai comunisti che sostituisce la caccia agli eretici.
Anche da un’analisi superficiale del libretto (o delle varie versioni del libretto) del Candide di Bernstein è chiaro che l’attualizzazione per chi lo voglia mettere in scena non solo è possibile, ma direi anche doverosa; per lo spettatore di oggi infatti non ha molto senso riportarsi solo all’America del dopoguerra e ai fatti di cronaca degli anni 50-60 dell’epoca in cui nacque il Candide. D’altra parte, il fulcro dell’opera è la satira sul potere e sul senso della vita, partendo dalla riflessione filosofica, derivata da Leibnitz, che ci troviamo nel “migliore dei mondi possibile” e che quindi tutto avviene per necessità secondo un fine più elevato che ai più sfugge (ogni disgrazia è un’armonia mal compresa); questa dottrina, declamata da Pangloss, si scontra di continuo con l’evidenza delle cose che non sembrano affatto andare per il meglio ma Pangloss insiste, come insistono i potenti e i prepotenti (compresa la Chiesa o la religione in genere) nei loro errori, soprusi e ingiustizie, spesso contrabbandati come “bene”. Bernstein stesso in un’intervista sembrava far capire di non essere troppo ottimista sulla possibilità di cambiare il mondo, mentre la storia del protagonista sembra aprire uno spiraglio almeno sulla felicità personale (se non su quella collettiva, storica), visto che la scena finale propone Candide e Cunegonda che si promettono reciprocamente una vita in comune fatta di lavoro e fatica, rinunciando alla purezza, alla saggezza che pensavano di possedere e ai sogni che avevano fatto; si accettano per quello che sono e ridimensionano le loro prospettive di vita.

All’introduzione è seguita la visione di alcune parti del video della versione del Barbican Center diretta da Bernstein che musicalmente è sicuramente superiore ma perde notevolmente di efficacia nel complesso senza la parte scenica. (ANDERSON June (sop); BERNSTEIN Leonard (pf) (dir); GEDDA Nicolai (ten); HADLEY Jerry (ten); LUDWIG Christa (m.sop); London Symphony Orchestra DEUTSCHE GRAMMOPHON)

Infine, del video del Candide di Robert Carsen sono state presentate le seguenti parti:
- Ouverture
- Corale di Westfalia
- Il migliore dei mondi possibile
- Annegamento dell’anabattista, terremoto, autodafé
- Arrivo nel Nuovo Mondo
- Barcarole des rois
- Scena finale

La visione di questi spezzoni dello spettacolo ha rivelato una regia di grande intelligenza, piacevole e per niente volgare:la famigerata Barcarole des rois con i potenti della terra in mutande e cravatte-bandiera dei rispettivi paesi (Putin,Berlusconi,Chirac,Bush e Blair) non è sicuramente irriverente più del contenuto stesso del libretto lungo tutta l’opera o più delle scene precedenti e seguenti; una sua modifica o censura ci sembra del tutto ingiustificata e inutile

Attilia Giuliani 17 febbraio 2007