Il programma di questo concerto (Brahms, concerto per pianoforte n°1 in re minore op.15; Wagner, preludio di Lohengrin; e infine Mahler, Adagio della Sinfonia n°10) non sembrava sulle prime attirare le masse dei musicomani . Infatti l’auditorio del KKL non era esaurito per il Gala di apertura, nonché per i due concerti successivi con lo stesso programma (rimaneva in vendita qualche biglietto di categoria superiore). Certo, la quasi parità Euro/Franco Svizzero poteva scoraggiare gli appassionati europei, meno numerosi quest’anno sulle sponde del lago di Lucerna. Anche se il Lucerne Festival ha un pubblico svizzero per l’ 85%, la presenza di italiani negli anni passati (a causa di Abbado) è sempre stata forte; ma quest’anno era più ridotta, anche fra gli abbadiani itineranti, che verranno più numerosi per il secondo programma, più attraente a causa della Sinfonia n°5 di Bruckner. E’ la particolare relazione di quest’orchestra con il mondo sinfonico tardo ottocentesco che attira il pubblico; e infatti, i due concerti dei 19 e 20 Agosto sono esauriti.
Però, una volta di più, la sorpresa è totale, e abbiamo scoperto che un programma apparentemente senza principio di coerenza ha nella realtà una “tenebrosa e profonda unità”. Tenebrosa perché il tema di quest’edizione 2011 - “La Notte”- ha senza dubbio influenzato molto la linea interpretativa di Claudio Abbado. Esso infatti fa di questa serata una specie di inno notturno, confrontando tre opere di tre compositori scritte in tre momenti diversi della loro esistenza: un Brahms di 25 anni che compone un concerto che presto diventerà uno dei favoriti del pubblico, un pilastro delle sale da concerto, un Wagner più maturo, che inizia con Lohengrin (ultimato verso il 1848, creato a Weimar nel 1850) il suo percorso verso opere più innovative, e un Mahler in fin di vita (a 50 anni!) che compone la sua sinfonia n°10, senza poter orchestrare altro che il primo tempo, il famoso Adagio. Tre momenti notturni, ma anche tre momenti di scossa: Brahms ha appena perso il suo amico Schumann, e intrattiene con Clara una relazione affettiva la cui natura non è chiara agli storici. Wagner ha appena lasciato Dresda per motivi politici e comincia il suo lungo esilio e Mahler ha appena scoperto la relazione della sua sposa Alma con l’architetto Walter Gropius. Tre opere che offrono anche novità: un concerto che propone una nuova relazione tra solista e orchestra, un preludio (Lohengrin) primo passo verso l’opera dell’avvenire, e una sinfonia che inizia con un adagio lento e solenne, come un’addio alla vita e al mondo, che segue e completa l’adagio che chiude con un lungo silenzio la nona Sinfonia. Di queste tre opere che sembrano lontane una dall’altra, Abbado suggerisce un tessuto di legami di significato (ad esempio, concatena quasi senza rottura il Lohengrin e l’Adagio, l’opera della domanda senza risposta e quella della risposta ad una domanda che non si ha voglia di fare). Ne risulta una serata stimolante, qualche volta anche sconvolgente, ricca di emozioni.
Il concerto n°1 di Brahms è molto conosciuto. Almeno, si credeva: l’inizio con un rullo dei timpani che scoppia, quel primo tempo maestoso, drammatico, con quest’inizio quasi discreto del solista la cui parte è come ingoiata dall’orchestra dominante. Abbado durante tutta la serata e per le tre opere, ha scelto un tempo volontariamente rallentato, anzi, di una lentezza estrema, dettagliando ogni tratto e Radu Lupu (Hélène Grimaud avrebbe dovuto essere la solista ma, a causa di insanabili divergenze artistiche con Abbado, è stata sostituita da Radu Lupu, e molti appassionati hanno accolto la notizia con un certo piacere...) sfiora appena la tastiera, producendo un suono di un’impossibile delicatezza, che crea paradossalmente una tensione molto palpabile, in particolare nel dialogo con strumenti solisti dell’orchestra (i due primi violini, i timpani – Raymond Curfs ancora una volta è straordinario-). Lo strumento solista è (quasi) come uno strumento tra gli altri in un insieme dove l’orchestra è protagonista. Ne risulta un’ambiente dove la maestosità cede al mistero, dove il suono diventa sempre più leggero, impercettibile e però presente, in una sala la cui acustica è molto chiara: il secondo tempo del concerto è puro miracolo, miracolo di quel che Abbado chiama “Zusammenmusizieren”, fare musica insieme, dove tutti ascoltano tutti come nella musica da camera. Il bis di Radu Lupu (Intermezzo n.118, 2), richiesto dal pubblico, è impegnato nello stesso ambiente notturno, delicato, leggero, sconvolgente.
Il preludio del Lohengrin sorprende per la lentezza, una lentezza che produce una tensione molto forte che corrisponde perfettamente a quella che ci si aspetta e che verrà creata nell’Adagio di Mahler successivo. La chiarezza di ogni livello, il fil di suono che sembra emergere dal nulla e che a poco a poco invade per strati il nostro orecchio: nasce da questi 8/9 minuti un’emozione evidente: il pubblico rimane in silenzio ed esita ad applaudire. Abbado inizia immediatamente l’Adagio di Mahler: sottolineando il legame tra le due opere. Adagio completamente diverso da quello di Berlino. Altro pianeta. Impegno dei musicisti, qualità e purezza incredibili del suono, padronanza tecnica. Gli ottoni, i legni sono di una dolcezza, di una soavità inaudita (Sabine Meyer, Lucas Macias Navarro, Jacques Zoon, sempre loro...), ma questa volta colpisce il suono del gruppo delle viole (sotto l’impulso di Wolfram Christ) e dei celli. Ne emerge l’effetto di un suono da organo. Fin dall’inizio, grazie al tempo, dal dettaglio di un suono scolpito, da una specie di intimità dolorosa che cancella ogni forma di solennità, si era capito che Abbado stava esplorando altri sentieri, che quest’orchestra nata per Mahler, ancora stava per cambiare qualcosa nel nostro modo di percepire la musica.
E così è stato.
La serata ci ha preso in contropiede: si aspettava qualcosa di bello, e abbiamo avuto qualcosa di nuovo, di sorprendente, che una volta di più ci apre orizzonti nuovi, intreccia rapporti inauditi, inaspettati. Abbado ci meraviglia perché ci insegna sempre qualcosa sulla musica, non si esce mai indenni dai suoi concerti. Adesso aspetto con impazienza la seconda serata del 13 agosto.