Abbado a Lucerna, un commento apparso su "LA VOCE DEL LOGGIONE"
Guy Cherqui, 2013/08/30 Abbado Lucerne Festival Lucerne Festival Orchestra
Questo commento di Marco Vizzardelli è apparso sul blog LA VOCE DEL LOGGIONE, e lo riproduciamo volentieri
Non ho assistito (non tutto si può fare) al concerto Schubert-Bruckner e mi spiace perché i due programmi di quest’anno erano evidentemente legati sul piano tematico e interpretativo. Ma c’ero la sera del 17 agosto, alla replica del concerto inaugurale, ed è stato memorabile. Mi preme sottolineare un aspetto: la continua rilettura, l’ininterrotto studio di Claudio Abbado su lavori anche già eseguiti. Prendete l’Eroica, e riandate al fantastico ciclo Beethoven di Roma e Vienna, subito dopo la malattia. Abbado fu il “campione” di un Beethoven asciutto, svelto, nervoso, giustamente memore della filologia innestata però su uno “slancio ideale” rispondente alla grande tradizione (ai tempi, citò giustamente Furtwangler da un lato, Harnoncourt da un altro). Da quel momento, ecco innumerevoli esecuzioni, di una moltitudine di direttori, iper-nervose, iper-secche, iper-minimal di Beethoven. Ma Abbado non si ferma: rilegge, ristudia, reinterpreta. Già a Lucerna, poco dopo l’esperienza Roma-Vienna, c’era stata una incredibile Nona di Beethoven riletta come una “missa solemnis” laica (neanche tanto laica, anzi, spiritualissima). L’Eroica 2013 di Abbado a Lucerna è stata consimile: di Roma o di Vienna con i Berliner di allora restano l’articolazione delle frasi o certi rilievi “solistici” della concertazione (oboe, clarinetto con i memorabili solisti dell’orchestra di Lucerna, peraltro perfettamente fusi in “orchestra”, non fini a se stessi). Ma questa Eroica firmata da Abbado è tutt’altra cosa, da allora: dilatata nei tempi ma con una sbalorditiva capacità di sostenerli, tecnicamente ed emotivamente. E colma di un “affetto” e di un pathos che raramente si associano all’Eroica. Si sentono nella (incredibile) lettura della Marcia Funebre, ma si ritrovano ovunque: il tema del primo movimento enunciato alla fine dai corni. Il Trio dello scherzo (ancora i corni, mai ascoltato così: la frase viene presa “in dolcezza” e poi espansa in volume, come decollasse, nell’aria, ma con un senso di gioco e di struggimento). E gioco, affetto e struggimento sono il “segno” di tutto il finale.
Ma tutto il concerto è vissuto nel segno della “rilettura”. Quant’è lontano il Brahms giovanile, quasi “cubista” di Abbado, da questa “rotonda”, meditata, Ouverture iper-Tragica! E, nell’opulenza vocale del mezzosoprano Fujimura (una canna d’organo!), quanto pathos nel Waldtaube-lied di Schoenberg rispetto ad altre, pur favolose letture, già date in passato da Abbado. Ecco, “pathos” e “affetti” sembrano due “temi interpretativi” dell’attuale far musica di Claudio Abbado. Ma, attenzione! Con lui – a 80 anni – il giorno dopo è sempre, musicalmente, un giorno nuovo. Ed è ciò che, massimamente, lo rende uno stupefacente musicista.
Marco Vizzardelli
Commenti
Visto che su un ben noto sito l'ultimo concerto a Lucerna è "non visibile " per un problema di inspiegabili diritti che ne impediscono la fruizione sul territorio italiano, vi posto qui (spero ne facciate buon uso e lo rendiate meglio condivisibile che su questo commento) il link del concerto completo in audio video (visionabile e facilmente scaricabile).
http://www.mediafire.com/watch/5xih...).mp4
P.S. Mi dispiace dirlo ma l'omaggio finale del pubblico ad Abbado è già, quasi, un elogio presago della prossima fine. Guardate il tristissimo volto di Roberto Benigni nelle inquadrature alla fine del concerto......
Un caro saluto
Renato