Il direttore ribadisce il suo rifiuto: «Non è per la Scala. La metropoli non dà niente alla cultura. È degradata, inquinata, non pensa al futuro»

«Non tornerò più a Milano città che pensa solo ai soldi»

Il sogno segreto di Abbado: un'opera con Ingmar Bergman

DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA — Se andasse in porto sarebbe l'evento degli eventi della lirica: un incontro tra Claudio Abbado e Ingmar Bergman. Un sogno segreto che il celebre direttore d'orchestra insegue da tempo. «Un'opera insieme. Ho fatto recapitare il messaggio a Bergman, nella sua isola, a Faro. E adesso chissà...», sorride sornione, allungato su un divano della sua bella casa che si affaccia sui tetti rossi di Bologna. Chissà davvero. Di certo tra i due le affinità non mancano: entrambi schivi, segreti, allergici ai telefonini. Ciascuno con un suo eremo privato: il maestro svedese in una selvaggia pietraia al largo di Stoccolma, il maestro milanese in un luminoso eden sardo reso rigoglioso dalla sua passione per le piante. Due solitari che, pur se da lontano, si ammirano, si tengono d'occhio, si mandano segnali. Nel suo ultimo film, Sarabande, Bergman citava apertamente Abbado: alla fine, la giovane violoncellista protagonista della storia decide di lasciar perdere l'angosciosa carriera di solista e di andare in un'orchestra di Abbado «per provare la gioia di suonare insieme, ascoltandosi gli uni con gli altri». Parole che rispecchiano pari pari la filosofia di Abbado, citate da un genio del cinema che ha sempre dichiarato il suo amore per la musica. Rimbalzi artistici non casuali. Bisogna vedere se basteranno a far smuovere il misantropo svedese dalla sua rocca. E non è il solo contatto con grandi nomi del mondo del cinema avviato dal direttore milanese. «Ho visto Le vite degli altri e ne sono rimasto affascinato - aggiunge —. Mi piacerebbe molto coinvolgere quel regista, Florian Henkel von Donnersmarck, nella realizzazione di un'opera del grande repertorio tedesco che mi sta molto a cuore». Vedremo. Intanto, l'anno prossimo per Abbado e la sua Mahler c'è Fidelio. Debutto in aprile a Reggio Emilia, coproduzione con Madrid e Baden Baden. Altra Orchestra, altra città. Bologna per Abbado vuol dire Mozart. Una formazione che affianca, secondo la formula cara al maestro, un gruppo di giovani musicisti con un altro di consolidati talenti. Così ieri sera al Teatro Manzoni accanto al giovane Raphael Christ, primo violino della Mozart, sedeva suo padre Wolfram Christ, prima viola dei Berliner. In programma, accanto all'«Eroica» di Beethoven e al Concerto per fagotto (solista Guilhaume Santana) e orchestra in Si bemolle maggiore di Mozart, una rarità: l'Ouverture del «Coriolano» eseguita prima nella sua veste originale e successivamente nella revisione di Gustav Mahler, che l'aveva diretta. «La musica è la stessa, però suona meglio», assicura Abbado inseguendo sulla partitura le annotazioni vergate di pugno da Mahler. Entusiastici gli applausi. E il 12 un altro appuntamento, con la Settima di Beethoven, la Quinta di Schubert e due concerti per corno di Mozart. «La Mozart sta ormai viaggiando bene — commenta soddisfatto — Tra i nuovi progetti c'è un tutto Pergolesi che partirà questo novembre e proseguirà fino al 2011». Da lì a quella data, Claudio Abbado non avrà da annoiarsi. Nel 2009 con l'Orchestra di Lucerna (altra sua creatura che ogni estate il maestro raggiunge nella città svizzera) si cimenterà in un secondo Fidelio, opera sulla liberta per lui quanto mai attuale «in un mondo dove le prigioni sembrano moltiplicarsi». Stavolta la regia sarà di Klaus Maria Grüber, le scene dell'artista Anselm Kiefer. La stessa accoppiata che, si dice, dovrebbe guidare il prossimo «Ring» scaligero diretto da Daniel Barenboim. Ma, nonostante il sovrintendente Lissner sia venuto più volte a trovarlo cercando di convincerlo al tanto atteso ritorno, Abbado ribadisce ostinato il suo no. «Non per la Scala, ma per Milano. Una città che pensa solo al denaro e niente alla cultura. Degradata, inquinata, dove nessuno sembra preoccuparsi del futuro». Parole dure, dietro cui si intuisce la delusione di un milanese come lui per la sua città così mal ridotta. «Sono stanco di luoghi comuni e falsità mediatiche — sbotta —, Milano non è un modello per nessuno. Neanche per la tanto vituperata Cuba. Ormai sono anni che d'inverno vado lì per ragioni di salute. E ho avuto modo di rendermi conto che non si vuol dire la verità sullo stato reale di un paese, dove esiste il minor dislivello tra ricchi e poveri, dove tutti mangiano, hanno un lavoro, vanno a scuola e hanno diritto ad essere curati, e bene, gratuitamente. Dove si esportano, in barba all'embargo, medicine a basso prezzo persino in alcuni stati americani. E di recente è stato elaborato un nuovo farmaco, estratto dalla corteccia del mango, in grado di curare il cancro allo stomaco». Lui, anni fa, allo stomaco ha subito un intervento delicatissimo: «Eppure quella malattia è stata la mia fortuna . Mi ha cambiato la vita, mi ha fatto riflettere su tante cose. E ristabilire i valori giusti su ciò che, alla fine, conta davvero». LOMBARDO DOC Claudio Abbado è nato a Milano il 26 giugno 1933: è stato direttore musicale della Scala, della Staatsoper di Vienna e dei Filarmonici di Berlino Non si vuol dire la verità sullo stato reale di Cuba, un Paese dove esiste il minor dislivello tra ricchi e poveri Il sovrintendente della Scala Stephane Lissner che ha cercato di far tornare Abbado