Wynton Marsalis e Claudio Abbado insieme in un concerto.

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Claudio Abbado
e
Wynton Marsalis

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La Repubblica
La Repubblica, 8.Marzo


Abbado incontra Marsalis
una notte di jazz con i Berliner

Entusiasmo a Berlino per il concerto che i Filarmonici hanno tenuto con l'orchestra del Lincoln Center

LAURA PUTTI

Berlino - Che il mondo stia cambiando, che razze e culture siano destinate a unirsi, mescolarsi, fondersi, si vede anche da un concerto. Non un concerto qualunque: una serata straordinaria nella quale l'orchestra sinfonica più importante del pianeta si è tramutata in una big band; e, seduto in mezzo a violini, oboe e corni inglesi, il più prestigioso degli ensemble di jazz ha avuto come direttore nientedimeno che Claudio Abbado. La Lincoln Center Jazz Orchestra è entrata lunedì sera nella Philharmonie. I Berliner Philharmoniker hanno fatto posto ai quindici musicisti americani, mentre Claudio Abbado e Wynton Marsalis arrivavano insieme sul palco. Un bel contrasto: il maestro agile e sorridente, e il trombettista afroamericano (leader della LCJO) più cauto, forse un poco intimidito dal trovarsi in uno dei templi della musica classica, davanti a un pubblico non giovane, interamente bianco.
Il programma del concerto propone una prima parte di grande leggerezza. Quattro curiosi Stravinsky: il Tango con chitarra acustica amplificata e musica a onde che quasi si materializza; il Ragtime per undici strumenti; il brevissimo Preludium for Jazzband; e lo Scherzo alla Russa per Ensemble di Jazz, tra fanfara e carillon. Poi il Tea for two di Vincent Youmans che nella trascrizione per orchestra di Sciostakovich diventa TahitiTrott; la Catfish Row da "Porgy and Bess" di Gershwin con una Summertime magnificamente eseguita; e sempre di Gershwin la Cuban Ouverture.
L'orchestra pare divertirsi molto, e così il suo maestro. Abbado saltella sul podio, balla quasi. Il suo gesto si fa più scattante, meno interiore, espansivo. E' una musica piena di altre, sapientemente assemblata per accompagnare il pubblico verso la seconda parte del concerto: sette movimenti di All rise, la nuova suite di Wynton Marsalis. «Alcuni mesi fa Claudio Abbado è venuto a casa mia» ha raccontato Marsalis «e mi ha proposto di portare All rise a Berlino. Ho accettato perché i Berliner sono grandi musicisti. E perché, quando dirige, Abbado ha la stessa grazia che ha nella vita».
All rise è un'opera eclettica, più Bernstein che Gershwin. Unisce il jazz alla classica, un grande coro (il meglio di molti cori berlinesi) ad alcuni solisti americani, l'oratorio classico al gospel, la musica latina al dixieland. E' tutto un crescendo, perché tutto sale e bisogna raccontarlo.
Claudio Abbado si impegna soprattutto con i Berliner, coordina i dialoghi tra i jazzisti, radunati al centro del palco attorno al pianoforte, e i musicisti classici. Nei momenti puramente jazzistici si ferma e resta ad ascoltare. E' suggestivo, nel primo movimento, il dialogo tra quattro trombe e il sax; l'invocazione del coro nel secondo («Save us, have mercy»); il vero incontro tra le due orchestre e il coro gospel nel terzo. Dal quarto, prima latino, poi un quartetto jazz, il pubblico inizia a scaldarsi, ad applaudire alla fine dei soli. Già dal quinto i Berliner sono diventati una big band, Abbado pare Duke Ellington e la Philharmonie il Cotton Club. Tanto che alla fine il pubblico è tutto in piedi. Come primo bis Marsalis propone una jam session. Il suo ensemble attacca una base e lui indica con il dito chi, dei Berliner, debba fare l'assolo. Seduto in mezzo ai violini, Abbado sorride e batte il tempo. Vedere i suoi Berliner scatenati sembra piacergli molto.