La Stampa Venerdì 18 Febbraio 2000
Venerdì 18 Febbraio 2000
Il direttore: «I giovani musicisti sono più liberi e hanno una grande voglia di studiare»
ABBADO Requiem per le grandi orchestre
Sandro Cappelletto
FERRARA I fatti. Il primo gennaio Claudio Abbado cancella due opere in programma la prossima estate a Salisburgo rifiutando il sistema delle «rotazioni» degli orchestrali tradizionalmente adottato dai Filarmonici di Vienna: non stiamo parlando della Corale di Vigodarzere, ma di una delle orchestre occidentali più cariche di storia e di onori. A metà febbraio, dopo quaranta giorni di prove con la Mahler Chamber Orchestra, un giovane complesso di giovanissimi interpreti, affronta per la prima volta «Così fan tutte» di Mozart ed esegue - l'ultimo ieri sera, a favore del FAI - due concerti beethoveniani. In entrambi i casi si tratta di interpretazioni innovative. Il segnale è netto, destinato ad assumere nel tempo un valore strategico, con conseguenze culturali ed economiche tutte da scoprire.
Un'orchestra, sia pure la più professionale e stimabile delle grandi orchestre internazionali, è una macchina con ritmi produttivi implacabili: ha la sua storia, il suo repertorio, il suo suono; oltre alle ferie e al giorni di riposo, non ha - stiamo ovviamente parlando dei livelli di eccellenza - tempo libero, tra concerti, tournée, incisioni; al suo interno si formano gruppi cameristici a loro volta colmi di impegni per cui le prime parti possono sparire per settimane, impegnate altrove. In un'orchestra, come in ogni grande ufficio, si creano simpatie, antipatie, coalizioni sindacali, giusti diritti e frustanti risentimenti. E' la routine, magari un'eccelsa routine, ma sempre routine. E la storia, vecchia ormai di centocinquantanni, delle relazioni tra orchestre stabili e direttori è un romanzo d'amore e di conflitti, di una reciproca dipendenza, bella finché dura. Rapporto, come ha definitivamente raccontato Theodor Adorno, che può arrivare a estasianti vertici di sadomasochismo. Ma se un artista vuole sperimentare un organico diverso, un suono nuovo, un fraseggio inconsueto, anche la migliore orchestra può diventare un handicap. «I ragazzi della Mahler, li senti che continuano a suonare e provare anche quando la prova è finita, la loro disponibilità è totale e la tua libertà aumenta», dice Abbado che nel 2002, per propria volontà non rinnoverà l'incarico di direttore musicale dei Filarmonici di Berlino. La formazione di complessi di giovani di nazionalità diverse, la creazione di laboratori orchestrali è un tratto costante dell'attività del direttore, da quando, nel 1978, ha fondato l'Orchestra dei giovani della Comunità Europea. Passare una giornata con questi ragazzi, mentre stanno vivendo un'avventura che è professionale e morale, significa ricevere una sberla d'entusiasmo: durerà, finirà, cambierà, ma intanto c'è, contagiosa, liberante.
Per la Prima Sinfonia di Beethoven e per il Secondo Concerto per pianoforte, Abbado ha fatto suonare dieci violini primi, otto secondi, sei viole, cinque violoncelli, tre contrabbassi, tutti i fiati a due: meno della metà del normale organico di una grande orchestra. E il suono non ne esce smingherlito, procede anzi seguendo percorsi di condensazione e rarefazione, di addensamento materico e di leggerissimo fraseggio che rende il senso della novità portata da Beethoven nella storia del sinfonismo. Abbado non sembra interessato al suono «bello», «pulito»: gli piace di più comprimerlo e rilasciarlo, irruvidirlo: dentro questo guscio, appaiono più nette morbidezze e sensualità. Svetta la libertà «gaucha» di Martha Argerich che nel Secondo Concerto inventa sbalzi di dinamica rapinosi, anticipi assassini e regala come bis un Preludio di Bach volante eppure correttissimo, non una nota, non un'entrata saltate. La serata, iniziata con la Serenata per tenore e corno di Britten (Philip Langridge e Stefan Dohr i solisti) sì è chiusa con l'ouverture dall'«Egmont»: di fronte all'irruenza febbrile dell'interpretazione, il Teatro Comunale di Ferrara ha dimenticato ogni bon ton a vantaggio di sanguigni entusiasmi. |