Club Abbadiani Itineranti

Così fan Tutte

Le critiche dei giornali italiani

(La Stampa,Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Nuova Ferrara, Il Giorno)

Vedere anche la critica della replica del 12 febbraio

 

 La Stampa Giovedì 10 Febbraio 2000

"Così fan tutte", Abbado esalta la vivacità della commedia Meravigliosa la Mahler Chamber Orchestra, che freme di vibrante divertimento
Paolo Gallarati

FERRARA: Fedele al suo appuntamento ferrarese con l'opera lirica, Claudio Abbado ha diretto l'altra sera una brillantissima esecuzione di "Così fan tutte" che entra nel suo repertorio dopo quelle delle "Nozze di Figaro" e del "Don Giovanni". Delle tre opere su testi di Da Ponte, "Così fan tutte" è la più ambigua e sfuggente: la vicenda dei due ufficiali napoletani che si travestono da nobili albanesi per mettere alla prova la fedeltà delle rispettive ragazze e conquistano l'uno la fidanzata dell'altro, non è solo una farsa. La musica di Mozart vi instaura un gioco sottilissimo tra menzogna e verità, tanto da rappresentare una condizione perenne dell'esistenza umana: scoprire il volto dietro la maschera, la verità dei sentimenti dietro l'esteriorità dei comportamenti.
Più che le intermittenze del cuore, l'esecuzione, rigorosamente integrale, di Claudio Abbado punta essenzialmente a sottolineare la vivacità della commedia organizzata dal filosofo Don Alfonso, con la complicità della servetta Despina, per dimostrare ai due ingenui giovanotti la tesi che "così fan tutte". Il gioco scenico acquista così un mordente esplosivo. Basti sentire con quale chiarezza vengono cantati i recitativi, tanto che quasi nulla del testo di Da Ponte va perduto.
Dal canto suo, la meravigliosa Mahler Chamber Orchestra, dal suono piuttosto secco e nervoso, è tutto un fremito vibrante sottopelle, pazzo divertimento per la messinscena della burla che non è comicità gratuita bensì maliziosa trasgressione, eccitazione, prurito, gusto vorace per l'avventura. Siamo dunque nel Settecento sensista e materialista di Condillac e del Barone d'Holbach, più che in quello sentimentale di Rousseau, rappresentato dalla benevola tolleranza di Don Alfonso verso la "necessità del core": ma la musica di Mozart sopporta benissimo anche questa visione che va d'accordo con la regia di Mario Martone, ricca di trovate ma un po' debor dante nei movimenti degli attori che entrano in platea, saltano, si ruzzolano sul palco e sui due letti sempre presenti in scena insieme a sedie, poltrone, paraventi, specchi, comodini. Persino Don Alfonso, per attenersi a questa impostazione, deve ringiovanire: Martone non si preoccupa del fatto che nei "crini già grigi" del "vecchio filosofo" Da Ponte e Mozart ironizzino sulla saccenteria del "secolo filosofico", mostrandone insieme la saggezza. Trasforma invece Don Alfonso in un ragazzo che contribuisce in modo essenziale alla vivacità, molto napoletana, dell'assieme ma perde di contrasto rispetto a Gugliemo e Ferrando. I quali dovrebbero essere irriconoscibili dalle due ragazze per quasi tutta la vicenda, e invece non si travestono, se non con due baffetti disegnati colla matita: non riesco a capire perché, in una regia così attenta agli effetti teatrali, Martone rinunci alla naturale efficacia comunicativa che possiede il gesto di mascherarsi in scena, e alla fine smascherarsi tra lo stupore generale.
Questo fatto non ha compromesso, comunque, la riuscita dello spettacolo, accolto con applausi grandiosi per Abbado, il regista e gli ottimi cantanti: Daniela Mazzucato, splendida Despina, Melanie Diener e Anna Caterina Antonacci che intrecciano voluttuosamente le voci di Dorabella e Fiordiligi, Nicola Ulivieri, brillante Guglielmo, Andrea Concetto, molto dinamico nella parte di Don Alfonso e Charles Workmann, tenore dalla voce non bellissima ma dotato di gusto e di stile.

Nota: Il CORRIERE DELLA SERA ha pubblicato la critica tra l'altro lodativa di Francesco Maria Colombo il venerdì 11 febbraio. Purtroppo, il testo non è reperibile su internet (www.corriere.it), pubblicchiamo l'articolo di cronaca uscito il 9 febbraio firmato Giuseppina Manin, per non far pensare che la testata milanese non abbia coperto il soggetto.

  CORRIERE DELLA SERA, Mercoledì 9 febbraio

Trionfa il primo "Così fan tutte" del maestro. Gli interpreti saltano dai palchi e scavalcano l'orchestra

Mozart con Abbado, un inno alla gioia

L'opera ieri a Ferrara. Scena minimalista con due letti e una finestra. 15 minuti di applausi ai protagonisti e alla vivace regia di Martone

Giuseppina Manin
DAL NOSTRO INVIATO

L'aria di casa fa bene alle dame ferraresi di Da Ponte. E così ieri sera tutta Ferrara, o almeno quella che ci stava nell'elegante Teatro Comunale conteso anche da moltissimi stranieri, è accorsa per far festa a "Così fan tutte" e a Claudio Abbado, per la prima volta, a 65 anni, alle prese col capolavoro mozartiano. Alla testa della Mahler Chamber Orchestra, il maestro ha sedotto e trascinato musicisti, cantanti e pubblico che, alla fine, l'ha travolto in un'onda di affetti, di ammirazione: 15' di applausi. Con lui Mario Martone, che ha adattato il suo allestimento già collaudato al San Carlo di Napoli, Vera Marzot, autrice dei costumi, e l'intero cast di begl'interpreti: Melanie Diener, Anna Caterina Antonacci, Nicola Ulivieri, Charles Workman, Daniela Mazzucato, Andrea Concetti. L'allestimento, di tono minimalista (in scena solo due letti e una finestra aperta sul mare), ha il cuore che palpita negli interpreti i quali, acrobaticamente, sgusciano dai palchi e saltano in scena scavalcando l'orchestra su una passerella.
Fra i più entusiasti, Laura Balbo, ministro per le Pari opportunità, Pierluigi Bersani, suo collega ai Trasporti, e Sergio Cofferati, non in veste di leader Cgil, ma di appassionato di lirica. Tutti a discutere, poi, nel foyer, sugli incanti di Mozart e su quella "fede delle femmine" che nel libretto è "come l'araba fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa". "Chiacchiere. In realtà questa non è un'opera misogina. Semmai misantropa", sostiene Anna Caterina Antonacci, seducentissima nei panni di Dorabella. "Sotto accusa non sono le donne, ma la crudeltà del gioco amoroso. Mozart non fa un dramma dell'infedeltà, semmai ne sorride. Tant'è vero che, alla fine, ricompone le coppie originali: una soluzione molto audace".
Ribaltando la consuetudine che vuole Don Alfonso "vecchio filosofo", qui a indossarne i panni c'è Andrea Concetti, bruno, piacente e coetaneo dei suoi due "allievi" indotti a scommettere sull'onestà delle loro amanti. "Con Martone abbiamo stabilito che la saggezza non è legata all'età. Tanto più quella sentimentale - spiega -. Don Alfonso è un cinico, non un malvagio. Potrebbe essere Don Giovanni scampato all'Inferno. Ritiratosi dalla carriera di libertino, sale in cattedra a dispensare la sua scienza e minare le certezze degli amori eterni". Giovane in una compagnia di giovani, racconta di come è stato facile il mese di prove. "Alla sera tutti a cena, a ridere e scherzare". Niente divismi? "Non è più tempo. Gli ultimi divi della lirica sono quelli che vanno in tv e non cantano più. Purtroppo si confonde la popolarità con la qualità. Un vizio che ha origini in una scuola dimentica dell'educazione musicale: in Italia non si può uscire dal liceo senza aver letto "I promessi sposi", ma senza aver ascoltato una nota di Verdi sì".
Un rischio che non hanno mai corso i giovani della Mahler, qui alla loro seconda prova mozartiana con Abbado, dopo il fortunato "Don Giovanni" con la regia di Peter Brook. "Ma "Così fan tutte" è più difficile - sostiene Antonello Manacorda, primo violino -. Là, musicalmente, ci sono contrasti più evidenti; qui tutto sembra leggero, soave, esile. In apparenza, però. Perché dietro sono nascosti abissi di mistero". Fra le scelte di Abbado, quella di utilizzare gli archi classici "strumenti d'epoca costruiti oggi". Come speciale è il rapporto con il maestro. "Il bello di lavorare con lui è che si mette sempre in discussione".

 La Repubblica: Giovedì 10 Febbraio Pagina 41


Così fa Abbado
tutta un'altra cosa

A Ferrara una lettura radicalmente nuova del capolavoro mozartiano

dal nostro inviato MICHELANGELO ZURLETTI

FERRARA - Fin dalle prime battute dell'Ouverture è chiaro che la lettura di Così fan tutte di Abbado è altra cosa rispetto alle solite letture, più o meno belle. Stacco di tempo vertiginoso, strappate violente, suono secco e duro: quell'Ouverture non introduce bellurie e non cerca equilibri, anzi li sconvolge, aspira alla folle journée annunciata dalle Nozze di Figaro: che si può realizzare molto meglio qui con soli sei personaggi e con un libretto straordinario, in un gioco travolgente e festoso di equivoci e paradossi, in una commedia pungente e divertente. Che sia poi anche un lavoro malinconico e perfino amaro lo scopriamo poi, intanto entriamo senza complimenti nel regno della commedia scanzonata.
Le nostre aspettative sono tutte sconvolte: la lettura è una rilettura radicale, scopre e evidenzia timbri che non abbiamo mai notato, contrappunti rimasti da sempre indistinti, riapre tutti i tagli (compresa la terza aria di Ferrando, dalla quale per la verità non traiamo grande giubilo), salva recitativi e arie con naturalezza, nel senso che i recitativi avvicinandosi alle arie assumono e anticipano di queste il ritmo e, nel cembalo, perfino il profilo melodico. Inoltre Abbado adopera il clavicembalo del basso continuo (il bravissimo Enrico Maria Cacciari in coppia col violoncellista Thomas Ruge) con garbo e continui ammicchi, e consente ai cantanti (come già nel "Don Giovanni" di Aix) fioriture gradevoli e stilisticamente appropriate. L'ascolto è un'esperienza: dopo questa edizione Così fan tutte sarà un'altra cosa.
Anche in scena è un'altra cosa. Mario Martone (con scene di Sergio Tramonti, costumi di Vera Marzot) fa qui quello che aveva fatto a Napoli: poche cose, scena fissa, lettini gemelli ma non identici onnipresenti, a dire che i giochi in ogni caso finiscono a letto, travestimenti appena accennati a significare che ciò che conta è ciò che si vuole, che si vede o non si vede ciò che si vuole o non si vuole vedere.
C'è sempre la passerella davanti all'orchestra e la piattaforma aggettante in modo che tutto vada verso il pubblico, favorendo al massimo la comunicazione del testo. C'è in più una vivacità di movimenti che si acuisce con l'impostazione del direttore: se ne avvantaggia la commedia. Movimenti che compongono e scompongono simmetrie in sincrono vivissimo con quelle mozartiane secondo un meccanismo di recitazione tanto oliato da apparire perfettamente naturale.
Di conseguenza è evidente che c'è stato un grandissimo lavoro sugli attori. Don Alfonso può permettersi finalmente di non essere affatto un vecchio ma di essere un altro giovane della combriccola, più agile degli altri, anzi, e per ribadire la sua giovinezza entra e esce dai palchi di proscenio con salti da acrobata. E come sono bravi questi giovani cantanti, come si divertono divertendo noi.
Sono molto bravi anche vocalmente. Se possiamo immaginare una voce più bella di quella dell'americano Charles Workman nel ruolo di Ferrando, è difficile trovarne una altrettanto musicale (la ripresa di "un' aura amorosa", grazie anche all' impalpabile leggerezza di Abbado, è semplicemente magnifica). Stupenda nella sua vocalità germanica Melanie Diener come Fiordiligi, bravissima ancora una volta Anna Caterina Antonacci nel ruolo di Dorabella e travolgente come sempre Daniela Mazzucato come Despina. Nicola Ulivieri è un Guglielmo perfetto e Andrea Concetti un Alfonso di rara finezza. Non possiamo tacere del prezioso contributo della Mahler Chamber Orchestra e del Coro Ferrara Musica, ineccepibili.
Il pubblico è rimasto a lungo perplesso della novità della lettura e ha lasciato passare buona parte del primo atto senza reazioni (non ne ha avute neppure dopo lo stupendo quintetto) e poi ha preso ad applaudire dopo le arie un po' per volta, ormai rassicurato sull'eccezionalità dell'impresa, per scatenarsi alla fine in un entusiastico applauso.

 LA NUOVA FERRARA:

PRIMA PAGINA giovedì 10 febbraio 2000, S. Scolastica

Per il "Così fan tutte"
una prima trionfale

di Athos Tromboni

FERRARA. Una prima di respiro internazionale e dai tratti originali, ha caratterizzato la rappresentazione di "Così fan tutte", l'opera mozartiana proposta al Teatro Comunale in apertura della stagione lirica. Ancora una volta si è assistito ad un autentico trionfo per il maestro Claudio Abbado che ha diretto la Mahler Camber Orchestra. Bravi gli interpreti e molto applaudito anche il lavoro del regista napoletano Mario Martone. L'opera verrà replicata stasera, sabato 12 e lunedì 14 febbraio.

FERRARA. Più di "Don Giovanni" Molto più di "Falstaff". Come "Le Nozze di Figaro" o "Il viaggio a Reims". Si potrebbe riassumere così l'accoglienza del pubblico al "Così fan tutte" diretto da Claudio Abbado, se messo a confronto con altre esecuzioni "ferraresi" del passato.
Cos'è quella sottile inquietudine che fa vibrare la musica? Cosa sono quelle strappate che squarciano gli archi? Da dove viene quel barlume di allucinata follia che decanta nel sottofondo della musica per esplodere repentinamente e poi inabissarsi di nuovo, placata ma presente come il limo sul fondo di uno stagno? Si potrebbe continuare con altrettante domande retoriche per descrivere ciò che fa Claudio Abbado nella buca dell'orchestra mentre dirige "Così fan tutte" di Mozart, opera che completa la trilogia dapontiana voluta da Ferrara Musica e Teatro Comunale. Dunque Abbado lascia da parte qualsiasi preziosismo, il gusto del cesello, la leggerezza, per immergersi in un ordito greve, spoglio di ornamentazioni, nervoso, inquieto. Sembra più il Mozart dei concerti per pianoforte e orchestra (il K 271 o il K 466) che quello dell'opera buffa.
Il Mozart che racconta con la musica eseguita ciò che neanche le parole potrebbero dire, tanto è più grande il segno semeiotico del segno semantico. Non c'è giocosità in questo "Così fan tutte". C'è, piuttosto, inquietudine come dicevamo, un sentimento di fatalità che permea di sé il canto e la recitazione, la musica e la parola. Un ridere amaro, non divertito, quello dei due amici Ferrando e Guglielmo quando accettano la scommessa con Don Alfonso di adoperarsi per mettere a prova la fedeltà delle rispettive fidanzate con lo scambio di coppia. Una gioia amara quella delle due donne quando, ritornati gli stessi fidanzati dal campo di battaglia, dovranno sposare ognuna il proprio, mentre nel corso della storia entrambe avevano scoperto che il fidanzato dell'altra era il più adatto per loro. Anche Fiordiligi appare tormentata, ma è un dilemma che si può ascrivere all'incontenibile insidia della passione per l'amante Ferrando, piuttosto che al cuore impegnato col fidanzato Guglielmo. E Dorabella non sembra affatto la sorellina di meno scrupoli e più capricci, anche se è la più pronta a seguire gli incitamenti della servetta Despina, complice di Don Alfonso nel far cedere le due damigelle alle tentazioni, dimostrando che Così fan tutte. La regia di Mario Martone accredita quell'interpretazione: e cala quella lettura nel gesto spesso accorato, nel dinamismo scenico, nell'atletismo dei protagonisti che saltano, s'accasciano a terra, entrano ed escono dai palchetti di proscenio. C'è un gioco del teatro strepitoso nella mano di Martone e l'opera procede a ritmi mozzafiato. In questo serratissimo caravanserraglio Abbado lascia liberi i cantanti di arricchire con un trillo ornamentale. Chi ce l'ha in gola (il virtuosismo) può farlo. E in questo eccelle Melanie Diener, una Fiordiligi superba per recitazione e vocalità; la segue una bravissima Anna Caterina Antonacci (Dorabella) meno morbida nell'emissione ma straordinaria come sempre nella recitazione. Despina è il fuoco e pepe (anche vocale) di Daniela Mazzucato. Fra le parti maschili, l'estro virtuosistico viene da Nicola Ulivieri (Guglielmo) dotato di una voce che innamora. Concreto il basso-baritono Andrea Concetti nel ruolo di Don Alfonso. Il tenore Charles Workman non ha propriamente un timbro che affascina, ma la figura è aitante, le doti di attore strepitose e le physique-du-role è innegabile. Belli i costumi di Vera Marzot, didascaliche le scene (Sergio Tramonti) e le luci (Pasquale Mari). Ben organizzato il coro diretto da Giordano Tunioli. Brava la Mahler Chamber Orchestra.

 

 

CULTURA E SPETTACOLI, 10 Febbraio 2000

Le pagelle dei protagonisti piene di bei voti
Il maestro, il regista
e la Diener meritano il 10

 

FERRARA. Ecco le pagelle:
Melanie Diener, soprano (Fiordiligi): voto 10 - La voce più bella del cast. Ha invidiabile morbidezza d'emissione anche nel registro acuto, sa attaccare pianissimo e rinforzare con gradualità.
A. Caterina Antonacci (Dorabella): voto 8 - I suoi maggiori pregi sono la costanza di rendimento e l'affidabilità. Una grande attrice e la sua interpretazione ha fatto scoprire lati insospettati del personaggio.
Daniela Mazzucato (Despina): voto 8 - Nei ruoli di carattere fa divertire per la capacità trasformistica. Proprio buffa l'interpretazione delle macchiette dottor Mesmer e Notaio Beccavivi.
Charles Workman, tenore (Ferrando): voto 7 - Ha slancio, tecnica e passione sufficienti. Aitante e di bell'aspetto supplisce con una naturale vocazione di attore ad una voce piuttosto secca.
Nicola Ulivieri, baritono (Guglielmo): voto 9 - Stupisce per un fraseggio morbido e per un timbro carezzevole mozartiana.
Andrea Concetti, basso (Don Alfonso): voto 8 - Ha bel timbro e tessitura appropriata. La sua scelta di un Don Alfonso non "vecchio" filosofo ma giovane, è stato ottima.
Claudio Abbado, direttore: voto 10 - Un'altra prova di grande simbiosi con la musica di Mozart.
Coro Ferrara Musica, voto 8 - Amalgamato bene.
Giordano Tunioli, direttore del coro: voto 8 - Ha lavorato con dedizione.
Mahler Chamber Orchestra, voto 9 - Una bella realtà anche per l'opera.
Mario Martone, regista: voto 10 - Vivacissima e calibratissima la sua regia.

 IL GIORNO: 9 febbraio 2000

"Così fan tutte": a Ferrara Abbado trova il cuore di Mozart

di Carlo Maria Cella FERRARA - Uno spettacolo bianco, sobrio, semplice e coinvolgente. Con i cantanti-attori che entrano nel pubblico seguendo la pedana che avvolge l'orchestra come un anello, fin dietro le spalle del direttore. Fin dentro la platea, piccola e quasi "attrice" anch'essa. Un successo pieno, vero, coinvolgente come lo spettacolo e come la lettura musicale: Claudio Abbado ha cesellato con il suo primo "Così fan tutte" un nuovo incontro mozartiano profondo, che va al cuore della musica. La macchina strumentale della Mahler Chamber Orchestra lo ha ancora seguito con prontezza ed entusiasmo che tante formazioni di nome e di qualità faticano a trovare nel loro bagaglio di esperienze. Mario Martone ha congegnato nel magnifico teatro comunale di Ferrara una versione della sua regia, nata a Napoli, ancora più concreta, plastica e giovane. Il palcoscenico è "sfondato" in profondità. I personaggi vivono in spazi articolati che sfuggono la cornice del boccascena: scavalcano i palchi di proscenio, si rincorrono, si catapultano verso il pubblico, gli cantano e agiscono addosso, com'era avvenuto nel Don Giovanni di qualche anno fa. Le dimensioni contenute di questo teatro storico si convertono in un pregio: diventano spazio ideale per una sperimentazione teatrale, nella rottura degli schemi consueti. Ferrara ridiventa con questo "Così fan tutte" un laboratorio di teatro musicale dove la giovinezza è protagonista. Perché tali sono tutti i musicisti, dagli orchestrali ai cantanti: Anna Caterina Antonacci, Melanie Diener, Nicola Ulivieri, Charles Workman, Daniela Mazzucato, Andrea Concetti. E fresco, incisivo, antiretorico risulta il Mozart di Abbado a contatto con la pienezza vocale e di corpo della compagnia, che sa rendere con credibilità rara la sensualità di quest'opera.


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