Prima della stagione, ultima per il Loggione, dopo la ridicola decisione della direzione del Teatro alla Scala, publicchiamo la recensione di Attilia Giuliani.

Tutto all'ascolto e al riascolto del Parsifal berlinese ripreso dalla radio, certi hanno preferito desertare momentaneamente il tempio scaligero: questa recensione, e l'ascolto radio dell'Otello ci danno voglia di andare alle repliche.



Un ricordo di Guy Cherqui:

Otello, 1980, Teatro Comunale di Firenze, regia di Enrico Job, con Carlo Cossuta, Renata Scotto, Renato Bruson, diretto da Riccardo Muti.

Era la prima volta che ascoltavo Riccardo Muti. E devo dire che fu una folgorazione. La regia non era geniale, Cossuta bravo, la Scotto magnifica, Bruson straordinario.. Ma il mio ricordo più forte rimane l'inizio del primo atto incredibile di violenza e di energia e il terzo atto, nella versione per Parigi di 1894, ero stato letteralmente folgorato dall'arte interpretativa di Riccardo Muti.

Ho sentito Otello diretto da Sir Georg Solti (a Parigi con Vickers e Domingo) da Carlos Kleiber (a Milano), da Claudio Abbado (A Salisburgo), da Riccardo Muti (A Firenze): il ricordo più bello in tutto è senza dubbio Carlos Kleiber nel 1987, in occasione del centenario: non ho più rivisto tale entusiasmo nel pubblico scaligero. Ma il ricordo dell'emozione la più forte rimane Firenze nell'1980.


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Dal Loggione: 7 dicembre 2001, Otello

la recensione di Attilia Giuliani

Otello

7 dicembre 2001: prima di Otello alla Scala

Una prima vissuta da veterana della coda per un posto in loggione nella sera di Sant'Ambrogio, da quel lontano 1968 quando, alla mia prima "prima" scaligera, sono stata folgorata dal Don Carlos di Claudio Abbado. Ques'anno c'era un motivo in più per non mancare: la minacciata definitiva estinzione degli ex posti in piedi di loggione, con la chiusura della sala del Piermarini e il trasferimento agli Arcimboldi. Fino a pochi giorni fa l'addio sembrava definitivo, ma proprio in extremis è giunto l'intervento del Maestro Muti ad assicurare il suo interessamento perché si possa ancora ridiscutere la questione dei posti venduti mezz'ora prima dello spettacolo, quei posti che hanno permesso a generazioni di appassionati di seguire tante stagioni d'opera e concerti, creando una tradizione che fa parte della storia del Teatro alla Scala. Meglio tardi che mai! sperando che l'interessamento non sia stato interessato, a pochi giorni dalla prima! Ma se qualcuno quest'anno aveva delle preoccupazioni sull'esito dello spettacolo di inaugurazione, si è creato delle ansie inutili. E' stata una serata di gran successo, come non accadeva da tanto tempo, tutto il Teatro era in festa, dalla platea al loggione, loggione che già si era predisposto all'atmosfera gioiosa con la distribuzione di panettone e vino prima dell'entrata in sala, come era avvenuto già lo scorso anno. L'invito a questa "festa in coda" era stato così formulato:


I loggionisti del Teatro alla Scala, in coda il 7 dicembre, offriranno a tutti anche quest'anno una fetta di panettone (adeguatamente annaffiato), unendo simbolicamente due tradizioni milanesi che non devono morire!
Vi aspettiamo sotto il porticato del Teatro dalle 15 in poi.
(p.s.: la coda dei loggionisti è più innocua del panettone, che alza il livello di colesterolo ed è difficilmente digeribile, anche se nessuno finora ha pensato di abolirlo... Confidiamo quindi ancora nella sua sopravvivenza!)

BUONE FESTE A TUTTI
Ma ecco alcune impressioni sullo spettacolo: Placido Domingo è sempre un grande Otello, l'unico Otello che riuscirei ad ascoltare oggi in questo ruolo. In alcuni momenti abbiamo temuto per la tenuta vocale, ma poi la classe ha supplito agli inevitabili cedimenti (gli anni passano per tutti!). Barbara Frittoli non mi ha completamente convinto per il canto; mi sembrava più sicura qualche anno fa, nell'Otello diretto da Abbado a Salisburgo, che aveva gli stessi protagonisti per le parti di Otello e Desdemona (Domingo e Frittoli rispettivamente). In scena la Frittoli è però molto affascinante, ha il fisico e il tipo di bellezza adatti alla parte, ma non commuove come ci si aspetterebbe. Solo nel quarto atto mi è parsa del tutto all'altezza delle migliori interpretazioni. Jago-Nucci a mio avviso non ha reso il personaggio, mi ritrovo a non sapere cosa dire di lui, il che non è un buon segno!
La scena, elegante, è però sempre uguale nell'impianto, il già famoso cilindro di Graham Vick, che contiene e racchiude le scene di Ezio Frigerio; devo dire che questa tendenza semplificatrice mi ha stancato. I quattro atti di Otello richiedono scene diverse l'una dall'altra; ritrovare sempre gli stessi moduli con qualche variazione, almeno per Otello non mi sembra decisamente una scelta felice. E' anche vero che dalle gallerie, nei posti laterali, si perde tutta la parte di fondo e si ha quindi una visione parziale della scenografia. Sicuramente neppure la visione dalla platea mi riconcilierebbe con la scena finale, dove la stanza di Desdemona era rappresentata da una squallida branda (di quelle che uno tiene in cantina), come se si trattasse della stanza di Maria nel Wozzeck. Ci deve pur essere un limite al minimalismo? Altre scene e movimenti scenici erano pure poco curati, come la rissa del primo atto, molto poco Shakespeariana. E' vero che l'Otello di Verdi non è quello del grande drammaturgo inglese (semmai è quello di Boito), ma non si può sacrificare tutto il senso della vicenda alla sola parte musicale, che si sussegue in episodi spesso di bellissima esecuzione, ma un pò frammentari, come se sfuggisse un senso interpretativo unitario, che tenga l?ascoltatore-spettatore teso nella vicenda dall'inizio alla fine. E in questo, appunto, non aiutano le scene e le scelte registiche. Nei miei ricordi ho impresso la sensazione di poderosa unità interpretativa dell'Otello salisburghese diretto da Claudio Abbado con i Berliner, anche questo con una regia, di Ermanno Olmi, che prevedeva un'impianto scenico unico, e l'Otello di Kleiber, pieno di finezze e di lirismo, aiutato da una regia più tradizionale e più facilmente intelleggibile (era di Zefirelli).
E' stato comunque uno spettacolo di alto livello, finalmente un entusiasmo sincero del Teatro agli esecutori tutti (al termine gli applausi e i fiori sono stati anche per l'orchestra e le maestranze); andrò senz'altro a rivederlo. Fortuna che, almeno fino al 30 dicembre, ultima replica, 139 posti nelle due gallerie saranno in vendita il giorno stesso dello spettacolo.
Al termine della rappresentazione, trovandomi a commentare la serata con un giornalista, ho concluso la mia breve analisi dicendo che tutto sommato la cosa che mi aveva convinto di più era proprio la direzione d'orchestra e l'orchestra in sé, che ha prodotto dei suoni e dei colori veramente raffinati e belli. Questa mattina (8 dicembre) leggo sul giornale (il Corriere della Sera) che la presidente degli abbadiani si è "convertita" a Muti. Sorrido volentieri all'innocuo "tiro" giornalistico, ma voglio anche dire che non di conversioni si sente il bisogno, semmai di qualche "novità" in più, tipo una prima scaligera diretta da qualche altro grande direttore, come aveva fatto Claudio Abbado nel 1976, cedendo il podio di Otello a Carlos Kleiber.

Attilia


Milano, Teatro alla Scala, 7 dicembre 2001

Giuseppe Verdi: Otello

Otello: Placido Domingo
Jago:
Leo Nucci
Cassio:
Cesare Catani
Roderigo:
Antonello Ceron
Lodovico:
Giovanni Battista Parodi
Montano:
Cesare Lana
Un araldo:
Ernesto Panariello
Desdemona:
Barbara Frittoli
Emilia:
Rossana Rinaldi

Regia: Graham Vick
Scene: Ezio Frigerio
Costumi: Franca Squarciapino

Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano
Maestro del Coro Roberto Gabbiani

Direzione: Riccardo Muti