Il 29 Novembre scorso, alla Philharmonie, Claudio Abbado ha diretto per la prima volta Parsifal.

Tutta la stagione è segnata da Parsifal, che verrà rappresentato in forma scenica a Salisburgo (Festival di Pasqua) con i Berliner Philharmoniker e durante l'estate a Edimburgo, in forma concertante a Lucerna (in queste due ultime città con la Gustav Mahler Jugendorchester)


Tappa 1: Gli strumenti di base
Tappa 2: La trama
Tappa 3: Un testo di Claudio Abbado
Tappa 4: Un giorno a Bayreuth
Tappa 5: Un testo di V.Mascherpa

Tappa 6: Un lessico per Parsifal


Inoltre:

Critiche dei giornali tedeschi
Il
Wanderer a Berlino (in francese)

Testo di Ermanno Gloria

Testo di Vittorio Mascherpa


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Verso (e dopo) Parsifal (5)

Una testimonianza: Il Parsifal di Berlino visto da un nostro socio

Un testo di Vittorio Mascherpa

Il Parsifal di Berlino, eseguito in una forma semiscenica estremamente suggestiva, alla quale suppongo già non estranea la mano di Peter Stein,è stata una delle grandi esperienze d'ascolto della mia vita. Sorvolosul magistero tecnico mostrato da direttore, coro, orchestra e cantanti (con la parziale eccezione, specie la prima sera, di un Albert Dohmen non perfettamente a posto dal punto di vista vocale e forse non ancora
del tutto a suo agio nella parte di Amfortas), ma non posso tacere l'incredibile prova dell'anziano Kurt Moll come Gurnemanz, vero pilastro dell'esecuzione, cui so trovare paragoni soltanto molto illustri e remoti.

Dal punto di vista ideologico, credo che Abbado veda il Parsifal come storia dell'inveramento delle potenzialità individuali nella celebrazione d'un rito collettivo, al quale si accede soltanto, ma
necessariamente, dopo avere constatato l'inanità dei tentativi concessi alla persona isolata. Ne sono conseguiti sia il senso d'assoluto smarrimento che individua i protagonisti nei primi quadri del primo e del terzo atto (lo stesso Karfreitagszauber mi è sembrato piú ricco d'incognito che di consolazione: indimenticabile l'entrata dell'oboe), sia la sconvolgente potenza delle "Verwandlungsmusiken" ai secondi quadri e di tutta la condotta di essi. Anche in forza d'una felicissima disposizione spaziale, che forse non potrà essere eguagliata a Salisburgo, le parti corali dell'opera ne sono apparse i momenti decisivi e piú volti al futuro. Tutta la modernità della Blumenmädchen-Szene è stata resa con un'efficacia sconvolgente e ho capito di quanto le sia debitore, ad esempio, lo Strauss di Ariadne auf Naxos: altro che recupero del manierismo francese, come s'era inventato
qualcuno per giustificare la plumbea noia che proprio dieci anni fa fece uscire me e non pochi altri da un certo teatro dopo il second'atto! Si potrebbe dire che, di fronte al Ritterchor, in un certo senso assurto a protagonista dell'opera, la figura di Gurnemanz svolga il ruolo che del coro era proprio nella tragedia greca.

L'opera è riuscita sgrassata di tutto l'equivoco misticismo che ne
accompagna da sempre la fama: secondo un mio compagno d'ascolto, l'esecuzione di Abbado «avrebbe costretto Nietzsche a fare la pace con Wagner». La stessa tonalità di la bemolle maggiore, in cui esordisce il preludio, non ha avuto il frequente sapore dolciastro che Savinio le rimprovera in un celebre articolo, in contrasto con la chiarezza del do maggiore che apre il Falstaff; è invece apparsa partecipe della maschia severità con la quale Beethoven la individua negli opus 26 e 110. Per
quel che ne so, ottenere in una tonalità del genere sonorità degli archi non forti, ma piene e tese come quelle ascoltate a Berlino è davvero tutt'altro che facile. Rinunzio a descrivere la prima entrata della tromba: posso solo dire che i brividi per la schiena sono cominciati già lí. Quando poi ho sentito le prime frasi del coro nel terz'atto mi è finalmente apparso chiaro il debito che Wagner ha sempre dichiarato di sentire per Il Flauto magico. In quest'ottica appaiono del tutto coerenti il lirismo che ha pervaso l'interpretazione di Parsifal (l'ottimo Robert Gambill, provvisto d'una intonazione invidiabile) e l'assoluta assenza di pomposità nel duetto.

La prima sera i rientri piú applauditi sono stati quelli di Moll e poi
ovviamente di Abbado; non so quanto siano poi durati gli applausi perché sono dovuto correre alla Ostbahnhof. La seconda sera sono durati in tutto oltre diciassette minuti, sebbene i cantanti siano sempre entrati
tutti insieme.