L'editoriale è di Guy Cherqui, redattore del sito. 


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Milano Aprile 2003

Comunicare


Vorremmo oggi meditare sulla fortuna attuale di questa magica parola. Magica perché oggi i giovani non vogliono più diventare ingegnere, avvocato, o medico, perché scopriamo che si reclutano infermieri con difficoltà, ma che i corsi di laurea di “Relazioni Pubbliche” sono pieni, che i giovani norvegesi interrogati per sondaggio rispondono volere fare la carriera di “talk showman”, che la comunicazione sta sostituendo l’informazione, come la competenza sostituisce il sapere. Comunicare è tra l’altro una parola in sé: non è più transitiva, non si comunica più qualcosa, si “comunica” e basta.

Vedendo Sir Simon Rattle a Berlino, mi è venuta questa idea di parlare di comunicazione: il suo ciclo Beethoven con i Viennesi, uscito recentemente dalla EMI, è salutato dalla stampa come l’avvenimento musicale dell’inizio secolo, come il primo passo che ci porta verso la musica (classica) del futuro, con particolare insistenza sulla Nona, che ascoltammo a Vienna nel Maggio 2002. Non si tratta di criticare un’interpretazione senza dubbio di altissimo livello. Si tratta solo di paragonare comportamenti. Il ciclo Beethoven di Claudio Abbado, accolto dappertutto in sala (sia a Roma, sia a Vienna, sia a Berlino, sia a Salisburgo) con incredibili trionfi, è stato accolto in disco con successo, sì, ma non con le trombe infinite della stampa (apparentemente subordinata) agli ordini (di qualcuno) come vediamo oggi per il ciclo Rattle.

Ma Sir Simon Rattle è un grande comunicatore, è circondato da parecchie persone che lo assecondano per la stampa e l’immagine, è inoltre una persona aperta, sorridente, disponibile, sa parlare agli orchestrali, al pubblico, alla stampa. Inoltre, nella sciagura delle vendite di dischi classici, sottoposta a rianimazione intensiva, bisogna fare di ogni pubblicazione un po’ eccezionale un’avvenimento, e che lo sia effettivamente conta poco. A Berlino Rattle dirige spesso ma passa un tempo importante a rilasciare interviste, dare conferenze, animare progetti, a “lavorare la stampa” più che lavorare con la stampa. Appartiene alla generazione artistica nuova, che non può andare avanti senza il sostegno dei media.

Claudio Abbado rilascia poche interviste, ha dei rapporti diffidenti con la stampa, comunica poco, ma comunica solo il suo amore vitale per la musica quando dirige. Per il resto, preferisce la vela o le lunghe passeggiate in montagna; alla discrezione dell’uomo risponde il genio dell’artista. Comunicare facendo musica è per il pubblico del concerto serale sicuramente un momento a dir poco divino – lo abbiamo ancora verificato recentemente - . Ma nel nostro mondo, questi momenti unici diventano purtroppo sempre di più insufficienti agli occhi di tanti, perché la superficialità del “comunicare” diventa sempre di più il solo “significante” per un popolo accecato: gli esempi politici sono numerosi, e assai vicini a noi…La forma ha preso il primato sulla sostanza.

Claudio Abbado va invece avanti per se stesso, perché la musica è prima di tutto affare suo, incontra il pubblico sulla sua strada e, come il suonatore di flauto di Hameln, lo trascina dietro e continua a suonare e a camminare: ecco perché ogni abbadiano è per forza itinerante.