Pubblichiamo gli articoli sulla tournée italiana dei Berliner e di Claudio Abbado

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Tournée in Italia 2002
Il Manifesto, 14 maggio 2002


Violini filiformi, arpe eteree... dirige Claudio Abbado

Al Lingotto di Torino si conclude la tournée del maestro con i Wiener Philharmoniker. Un magnifico Mahler

MICHELE MANNUCCI

TORINO

Claudio Abbado è stato il principale ispiratore della creazione di un auditorium al Lingotto di Torino, lo ha inaugurato il 6 maggio 1994 con una splendida Quarta Sinfonia di Bruckner eseguita con i Wiener Philharmoniker, poi è tornato più volte a concludere la stagione con la Berliner Philharmonisches Orchester (Berliner Philharmoniker, nei dischi) portando la musica di Mahler nelle sue più preziose esecuzioni. Questa è la tournée conclusiva della sua collaborazione con quella orchestra, e ai concerti dell'Associazione Lingotto musica ha riservato la Settima Sinfonia prodigio estremamente complesso e inaspettatamente solare, nella conclusione, dell'opera mahleriana. Al confronto con l'ineguagliabile identità e trasparenza di suono della Filarmonica viennese, quella di Berlino si distingue per la percepibile identità di ogni strumento nell'insieme impeccabile. Abbado di per sé è già un direttore capace di analisi e sintesi supreme insieme, e questa Sinfonia è una mescolanza straordinaria di elementi diversi fusi, mescolati, sovrapposti, contrapposti. Il risultato è mozzafiato. Lo è stato fin dalla prima parte del concerto, quando il mezzosoprano Waltraud Maier ha cantato, trasformata in strumento di purissima emissione vocale, i cinque Rückert-Lieder con inusuale calore, in un respiro soffuso dell'orchestra, terminando con la crescita ammaliante di Um Mitetrnacht e Ich bin der Weltabhanden gekommen («sono perduta al mondo») eseguito con una delicatezza che cancellava la disperazione, senza rassegnazione, quasi serenamente. Con questa, l'intricata oscura e infine ottimista Settima Sinfonia è stata un viaggio iniziatico condotto senza nessuna ambiguità. Abbado non cerca tormento e estasi, ma il segreto di un percorso. Nell'adagio che apre il primo tempo maNtiene l'attacco minaccioso e la concitazione su un tempo inquieto di marcia, poi lascia che si risolva in danza, trova una indomita trasparenza punteggiata dalle complesse individualità soprattutto dei fiati. Il primo delle due Nachtmusik dalle quali, attorno alle quali Mahler costruì la sinfonia, si apre con un pianissimo senzazionale e descrive poi il cammino notturno con un contorno di cinguettii agitati e lontani richiami militari senza lasciare nulla all'ovvio, facendo risaltare una modernità di suono stupefacente. Il rispetto per il canto, anche che per certi echi e apparizioni di canzonacce o abbandoni languidi di un tema che piglia per fascino, è sempre controllato dalla precisione del suono, del timbro, del ritmo che sempre ricorda essere in cammino, che diviene molteplici suddisioni strutturali. Violini filiformi, arpe eteree, chitarra e mandolino, le percussioni di somma precisione, la ruvidezza degli ottoni perfetti, i legni di puntuta morbidezza conducono attraverso l'andante amoroso del secondo notturno a quella singolare inattesa esplosione di luce che è in crescendo emotivo il maestoso rondò finale, con citazioni mozartiane e wagneriane, inni e frasi svettanti degli archi, il trionfo delle campane. Non c'è solo la narrazione di una liberazione sentimentale, negli impasti timbrici e negli intrecci ritmici così disvelati Abbado rivela i prossimi panorami di Debussy e di Ravel, le fantasmagorie del primo Stravinskij, lo sguardo acuto di Berg, le fantasie timbriche di Schönberg, le minuzie geniali di Webern. Nel fare ascoltare, in questo modo, la più complessa e, per varietà estrema, la meno univoca quindi per certuni la meno attraente delle sinfonie diMahler, Claudio Abbado non ha solo portato un coraggioso messaggio di ottimismo, ma ha anche realizzato un fine importante del mestiere di direttore, raccontare la musica, le sue ragioni, i suoi esiti.