LA CRONACA
 DEL WANDERER
N°53

Nascita di un orchestra

Guy Cherqui


14 agosto
Ore 19.30

Wagner: La Walchiria
Addio di Wotan et Invocazione al Fuoco
Debussy:  Le Martyre de Saint Sébastien, suite
Debussy: La Mer,
trois esquisses symphoniques

Bryn Terfel
Rachel Harnisch
Eteri Gvazava

Lucerne Festival Orchestra
Schweizer Kammerchor

CLAUDIO ABBADO







Menu principale









































































































































Nascita di un’orchestra

Et voilà, l’ultima delle orchestre fondate da Claudio Abbado è stata battezzata il 14 agosto scorso a Lucerna. Quest’orchestra è lo sbocco logico del percorso artistico di Claudio Abbado. Composto dalla Mahler Chamber Orchestra, essa nata dalla Gustav Mahler Jugendorchester, entrambi fondate da Claudio Abbado, ma anche da musicisti delle migliore orchestre europee (Berliner Philharmoniker, Wiener Philharmoniker) e da grandi solisti internazionali quali Natalia Gutman, il quartetto Hagen, il Sabine Meyer Ensemble), da giovani solisti promettenti (Gautier e Renaud Capuçon), ma anche da studenti di vari conservatori, questo gruppo a priori poco omogeneo ha un punto in comune, il desiderio di fare musica insieme a Claudio Abbado. E’ un orchestra composta da giovani musicisti professionali, inquadrati da grandi solisti o prime parti quali Georg Faust (Violoncello, Berliner Philharmoniker), Emmanuel Pahud (Flauto, Berliner Philharmoniker), Kolja Blacher (solista, ex. Berliner Philharmoniker), Rainer Kussmaul (ex. Berliner Philharmoniker). Insomma, un’ orchestra introvabile!

In mezzo a loro, Claudio Abbado, entusiasta, riposato, raggiante.

Il principio del ciclo è semplice : i musicisti si riuniscono durante tre settimane a Lucerna(due settimane di prove, una di concerti) e presentano musica sotto ogni forma, musica sinfonica (due concerti), musica da camera in formazione orchestrale (due concerti) musica da camera in piccole formazioni (sestetto, quartetto, quintetto, trio) interpretata da solisti dell’orchestra o dagli gruppi da camera inclusi nell’orchestra quali il Quartetto Hagen oppure l’Ensemble Sabine Meyer, con altri solisti come Radu Lupu o Bruno Canino.

Lucerna, Festival fondato da Arturo Toscanini nel 1938 pour controbilanciare Salisburgo nelle mani dei Nazi è una manifestazione esclusivamente dedicata alla musica strumentale o corale concertistica, le opere liriche vengono presentate semmai in versione concertistica, come Parsifal l’anno scorso o Idomeneo quest’anno . I concerti hanno prevalentemente luogo nella Konzertsaal del Centro Culturale e dei Congressi di Lucerna capolavoro architettonico ed acustico concepito da Jean Nouvel. Il principio del Festival è l’accoglienza in forma di breve residenza delle più grandi orchestre mondiali oppure delle orchestre in tournée ( quest’anno tra tanti i Wiener Philharmoniker, i Berliner Philharmoniker, il Concertgebouw, ma anche il Pittsburgh Symphony Orchestra, e il Münchner Philharmoniker) .

Dalle origini al 1993, il Festival di Lucerna aveva un’orchestra in proprio, la Schweizerisches Festspielorchester, che dirette Toscanini, ma anche Claudio Abbado: la Lucerne Festival Orchestra riprende questa tradizione.

La settimana sinfonica del Lucerne Festival Orchestra è essenzialmente dedicata alla musica della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento (Wagner, Debussy, Mahler) , si riconoscono le affinità artistiche di Abbado e la sua arte di creare rapporti culturali: Wagner fu il primo compositore suonato dall’orchestra di Toscanini, come lo è dalla Lucerne Festival Orchestra, ma si riconoscono i suoi principi musicali: profondamente convinto che la musica da camera è il fulcro di ogni buona esecuzione musicale, il segreto del “zusammenmusizieren”, un fitto programma di musica da camera è incoronato dall’esecuzione il 17 agosto dell’integrale dei concerti Brandeburghesi di Johann-Sebastian Bach con solisti dell’orchestra diretti da Claudio Abbado.

Il « concert de gala » in apertura del Festival offriva pertanto un programma Wagner - Debussy allo specchio, visto che la prima parte, molto breve proponeva la scena finale della Valchiria e la seconda, più lunga, era dedicata a Debussy, prima la Suite del « Martyre de Saint Sébastien » e poi « La Mer ». La scena finale della Valchiria è stata già proposta a Berlino nel novembre 2000 con Bryn Terfel e i Berliner Philharmoniker e recentemente incisa, « La Mer » è un pezzo anche lui recentemente entrato nel repertorio dei concerti di Claudio Abbado (nel 2002 con la GMJO), ma a quanto sembra, à la prima volta che dirige le pagine del « Martyre de Saint Sébastien », opera oratorio con libretto esoterico di Gabriele d’Annunzio, molto raramente rappresentato.

La scena finale della Valchiria lascia pensare a quello che potrebbe essere un Ring diretto da Claudio Abbado, che ogni melomane sogna di ascoltare. In anzitutto una volontà di porre il testo in primo piano, e Bryn Terfel, con la sua dizione cristallina sembra quindi il Wotan ideale, sa ammorbidire, umanizzare e soprattutto sa far ascoltare il testo, benché la voce in questa serata non fosse stata al suo massimo, e fosse meno spettacolare che in altre occasioni . Lo splendore dell’orchestra sorprende - si poteva temere problemi d’omogeneità : il suono è pieno, l’insieme suona come un organico costituito da anni: c’è impegno, entusiasmo, ascolto. Abbado rifiuta di considerare questa pagina come un “cavallo di battaglia”, ne fa un monologo interiore dell’IO(tema del Festival) ferito nel suo primo momento di dubbio, l’Arpa viene preferita agli ottoni, tutto suona leggerissimo e il sonno di Brunnhilde dà l’occasione di esplorare il limiti estremi tra suono e silenzio e di verificare l’incredibile duttilità dell’orchestra . L’incantesimo del Fuoco e la scena finale diventano allora la straordinaria trasposizione sonora di un quadro impressionista, dove il suono è composto di migliaia di piccoli tocchi orchestrali che si fondono insieme, ma delle quali si percepisce ogni punto, ogni colore, ogni tratto. Questa leggibilità estrema non soffoca l’impressione d’insieme, al contrario rinforza la poesia del momento e il pubblico rimane affascinato da questo « quadro » nel senso pitturale della parola, che rinvia ovviamente a Debussy che ascolteremo fra qualche minuto. E dopo la musica, questo tradizionale silenzio « die Stille nach der Musik » cosi importante per Abbado, che mette in evidenza la qualità dell’ascolto e la percezione delle intenzioni del direttore da parte del pubblico. Grande momento.

Poco esguito, il « Martyre de Saint Sébastien » è un « Mystère » con un testo di Gabriele d’Annunzio. In una sala la cui forma e altezza ricordano le cattedrali oppure le chiese musicali (si pensa, con le dovute riserve e proporzioni, alla Chiesa della Pietà di Venezia) , un’opera corale con forte connotato religioso come « Le Martyre » trova immediatamente la sua giusta collocazione. Claudio Abbado, che da qualche anno cerca a sottolineare gli effetti musicali da effetti visivi crea un ambiente particolare con luci vari, dirette o indirette, discretamente colorate (azzuro) e da una disposizione dell’orchestra, dei solisti e del coro in vari livelli : orchestra con una voce solista, poi il coro sopra, e al livello dell’organo corno inglese e seconda voce solista, che scenderà per la parte finale dietro l’orchestra : questo ambiente prova a ricreare le condizioni di una rappresentazione sacrale con movimenti del coro, qualche volta girato, una regia discreta che crea un intimità che favorisce un dialogo più diretto con l’opera.

Il Teatro non è mai esterno, mai spettacolare , è solo un mezzo per entrare nel mondo di Debussy e d’Annunzio, ma anche per ricordare che il Teatro è semplicemente, vita.

Si capiscono adesso meglio le scelte musicali che permettono di mettere in risalto le capacità dell’orchestra e le qualità dei solisti: il violino di Kolja Blacher, l’insieme cosi coerente e il suono così rotondo e carnoso dei 16 violoncelli guidati da Georg Faust e Natalia Gutman, il flauto di Emmanuel Pahud – senza dimenticare Chiara Tonelli - . Il gioco permanente sui limiti del suono, sui pianissimi da estasi dei violini che slittano lentamente fino al silenzio, la leggerezza dei fiati e dell’arpa, il gioco dei contrasti con l’intervento degli ottoni impressionanti, tutto contribuisce a valorizzare una musica mai veramente riconosciuta dal pubblico. Nell’orchestra di Abbado, grazie anche alla straordinaria acustica della sala, tutto si sente e l’impressione di tocchi da pennello provata precedentemente nel Wagner viene qua rinforzata, in uno scambio permanente dal singolare al plurale, dal solista all’orchestra: impressione di un insieme coerente rinforzata dalla presenza del coro durante tutto il concerto mentre interviene solo nel « Le Martyre de Saint Sébastien » per dimostrare che abbiamo da fare con una totalità, con un approccio sintetico che ci invita a tessere reti di relazioni tematiche, musicali, sensibili. Tipico approccio abbadiano .

Nella parte finale « La Mer »,il poema sinfonico modestamente chiamato da Debussy « trois esquisses symphoniques »,che soffoca fin dall’attacco iniziale ! Ci piacerebbe citare tutti questi cesellatori di suono, ottoni, fiati, celli, contrabbassi alla presenza cosi forte: la straordinaria energia che emerge dall’interpretazione e dall’impegno individuale di ogni musicista. C’è in questo lavoro una gioia cosi comunicativa che al crescendo finale (si conosce l’arte abbadiano del crescendo fin dalle interpretazioni rossiniane), incredibile di tensione e di diabolica precisione, il pubblico non può che urlare il suo entusiasmo.

Per concludere, abbiamo assistito ad una nascita felice, dovuta senza dubbio all’amicizia e alla gioia di far musica insieme, ma come sempre, Abbado ci ricorda che l’Arte è tutt’uno e che tutto fa eco, “profumi, colori e suoni” cari a Baudelaire. Abbiamo assistito ad un meraviglioso quadro impressionista messo in musica, che ci rivela una volta di più una lettura del mondo nella sua “tenebrosa e profonda unità”.

















































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