LA CRONACA
 DEL WANDERER
N°54

Brandeburghesi magici

Guy Cherqui

BACH
Concerti Brandeburghesi
1 a 6
Membri della
Lucerne Festival orchestra
CLAUDIO ABBADO
concerto del
17 agosto 2003














Menu principale



















































































Fare musica insieme « zusammenmusizieren », aldilà del piacere di stare insieme e degli mutui affetti, consiste in anzitutto a sapere ascoltare l’altro. Stare nell’orchestra, significa anche porre come principio di coerenza quell’ascolto dell’altro indispensabile per produrre musica in comune e non solo note.. Claudio Abbado ha seguito questo principio per comporre la Lucerne Festival Orchestra : giovani con cui ha l’abitudine di lavorare, e maestri incontestati della musica cameristica quali il Quartetto Hagen oppure il Sabine Meyer Ensemble. Non c’è programma musicale possibile senza il contributo della musica da camera, pertanto il Lucerne Festival ha istillato programmi cameristici in questa settimana memorabile – gli articoli della stampa internazionale escono uno a uno, sempre più entusiastici , dalla Spagna alla Germania -.

Si poteva dunque ascoltare quintetti di fiati, sestetti e ottetti per archi e oltre al quartetto Hagen e il Sabine Meyer Ensemble solisti quali Marie Pierre Langlamet (Arpa), Emmanuel Pahud (Flauto), Rainer Kussmaul, Kolja Blacher, Renaud Capuçon (Violino) Georg Faust (Violoncello) in programmi proponendo Mendelssohn, Brahms, Mozart, Bartok, Ravel, Beethoven, Jolivet, Debussy e tanti altri, nonché un concerto della Mahler Chamber Orchestra diretto dal loro futuro direttore musicale Daniel Harding. Questo grande evento musicale ha avuto uno dei suoi momenti di grazia con l’esecuzione dagli solisti dell’orchestra dell’integrale degli concerti brandeburghesi diretti da Claudio Abbado.

Non è sempre conosciuto dal grande pubblico ma Claudio Abbado fin dall’inizio è rimasto fedele a Bach : ha eseguito parecchie volte i Brandeburghesi (con la Scala negli anni 70, con Berlino negli anni 90) e la Passione secondo Matteo (con la Scala, con La London Symphony Orchestra, con i Berliner..).Esiste tra l’altro una straordinaria incisione ufficiale di quest’ultima con i Berliner ma che non si trova in negozio : è stata pubblicata nel 2000 in edicola – si, in edicola-, venduta a 60000 esemplari in occasione dell’anno Bach al prezzo di 10€ per 3 CD…

Per l’occasione del Festival di Lucerna Claudio Abbado che progettava un’incisione aveva riunito grandi solisti dell’orchestra , con Rainer Kussmaul ex primo violino di spalla dei Berliner Philharmoniker, come violino solista, che continua a dirigere I Berliner Barock Solisten, da lui fondati, prima di diventare professore al conservatorio di Friburgo in Germania.


Le interpretazioni di Bach sono molto cambiate con la rivoluzione barocca che ha posto fine alle interpretazioni romantiche , non si sentono più Passioni di Bach con le masse del Requiem di Verdi ! Gustav Leonhardt e Nicolaus Harnoncourt hanno aperto la strada ormai percorsa da tutti specialisti o considerati tali del repertorio barocco. Quel ritorno alla fonte, agli origini, sostenuto da intense ricerche musicologiche ha nettamente separato specialisti del barocco (i francesi dicono « baroqueux ») dagli altri. E questa separazione ha creato problemi a certi artisti, troppo presto catalogati : i grandi ormai dimostrano che possono indifferentemente dirigere repertorio barocco o no : Harnoncourt, o Marc Minkowski, dirigono anche con grande successo Offenbach, altri dirigono repertorio romantico con strumenti d’epoca ( John Eliot Gardiner o sir Roger Norrington) altri – Sir Simon Rattle ad esempio-dirigono sia repertorio barocco che grande repertorio dell’Ottocento o del Novecento.

Fedele al principio proposto nella Passione secondo Matteo, Claudio Abbado ha scelto strumenti moderni (« violone » a parte nel continuo e Viole da gamba nel concerto n°6) , ma gli archi suonano senza vibrato. In breve, si tiene conto degli apporti della ricerca della musicologia suonando pero essenzialmente con strumenti moderni .

Altra particolarità : Claudio Abbado ha chiesto ai musicisti di suonare in piedi, com’era in uso nel Settecento per tali concerti. Non è civetteria : il suono, il gesto il movimento non sono simili in piedi e seduti, e se lo sforzo non è lo stesso, la musica che ne esce non suona nello stesso modo neanche.

L’interpretazione non procede dunque da una scelta ideologica: si utilizza strumenti moderni, con il beneficio del miglioramento del suono in una sala grande come il Konzertsaal di Lucerna, ma si suona in piena fedeltà e coerenza con la ricerca sul repertorio settecentesco. Claudio Abbado ha sempre seguito da vicino tutte le ricerche : non c’è motivo stasera per sgarrare. Claudio Abbado è stato uno dei primi a tornare alla fonte, agli spartiti originali, ad essere “filologico” nel suo modo di fare musica.

Senza commentare nei dettagli ogni momento della serata, è doveroso sottolineare l’incredibile “performance” del continuo composto dai violoncelli (a capo: Georg Faut, Berliner Philharmoniker), del “violone” del contrabassista Alois Posch (Wiener Philharmoniker) e del sensazionale cembalista Michel Barchi, che ha offerto una sbalorditiva dimostrazione della sua arte dell’improvizzazione nel concerto n°3. Questo filo rosso della serata, assicura coerenza interpretativa e ritmica, in stretta simbiosi con il direttore che non smette di dare occhiate complici a Georg Faust

Bisogna ancora notare la notevole interpretazione di Rainer Kussmaul, esposto in permanenza in quasi tutti i concerti: quando il suono del suo violino si unisce a quello del flauto di Emmanuel Pahud (concerto n°3), non c’è più dialogo, ma monologo in due voci: incontestabilmente uno dei momenti forti della serata, che ne ha contati tanti, anche se Peter Hagmann della Neue Zürcher Zeitung non trova perfetto l’equilibrio dei suoni e afferma che violino e flauto coprono il cembalo magico di Michele Barchi.

I musicisti sono pochi: da 8 (concerto n°6) a 19 (concerto n°1) alternano posizioni da solista o da musicista di fila : il ritmo è rapido , l’ordine dei concerti non segue l’ordine naturale da 1 a 6, ma l’ordine 4,3,5 et 1,6,2 : il concerto n°2, come parte finale, permette all’esuberante Reinhard Friedrich (tromba ) e a Albrecht Mayer – sopranominato la Callas dell’oboe – oboe solo dei Berliner Philharmoniker, di trionfare e bissare una variazione dell’ultimo tempo del concerto .

Certi si chiederanno : con tali solisti , c’era bisogno di un direttore ? Certo, non c’è nessun dubbio che questi artisti erano capaci di suonare senza direttore, anche se i giovani primi violini o secondi violini (Capuçon, Abelin, Lang, Breuninger, Arzberger, Swensen, Juda) sono molto seguiti da Abbado: è questa unione di estrema tecnicità ed esperienza con entusiasmo giovanile, apparentemente eterogeneo, che si cementa nel lavorare con il direttore: ne esce un suono cristallino e pulito, chiaro fino all’incredibile e udibile da tutti gli angoli più remoti della sala. Ne esce la percezione di ogni livello, di ogni strumento nella sua unicità, ma anche fuso nella globalità dell’orchestra, ne esce una dinamica comunicativa, una giovinezza e una gioia di suonare che fanno della serata un momento eccezionale : basta vedere i sorrisi dei musicisti mentre suonano, gli abbracci alla fine del concerto ma anche l’entusiasmo del pubblico di Lucerna e il boato, raro per la musica da camera per capire che stasera pubblico e musicisti hanno semplicemente fatto musica insieme.

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