Il Wanderer ad Amburgo
Il 26 marzo scorso (26-3-2003) un wanderer solitario si è trovato ad Amburgo, con delle modeste aspettative da turista, conscio di andare a visitare una città sostanzialmente nuova, ricostruita dopo i pesanti bombardamenti dell’ultima guerra, ma senza il fascino di altre città tedesche, come Lubecca, ad esempio, da cui il wanderer in questione era partito.
E invece il viaggio gli doveva riservare due autentiche sorprese! La prima è stata una vera folgorazione: la vista del famoso quadro di Caspar Friedrich, il Wanderer, sì, proprio lui, il Wanderer che sulla cima della montagna guarda sotto di sé un mare di nubi, il simbolo in pittura del romanticismo tedesco! Sono emozioni rare e questa volta ringrazio la mia ignoranza (non sapevo che il quadro fosse conservato nella pinacoteca di Amburgo) di avermi permesso questo inaspettato vero e proprio tuffo al cuore!
Il Wanderer (che poi è la sottoscritta, l’avete già capito!), gironzola poi per la città e, attraversato il famoso ponte dei Lombardi che divide i due bacini del porto alle foci dell’Elba, capita, guarda caso, al Teatro dell’Opera e si compra un bel biglietto di palco per il Trovatore che va in scena la sera stessa.
In realtà vi sono andata con lo spirito di “collezionare“ semplicemente un altro teatro d’Opera che mancava alla mia lista, e invece è stata un’autentica rivelazione. Raramente si vede uno spettacolo che si capisce pensato e preparato nei minimi particolari, con una cura totale che va dai movimenti di scena al modo con cui si muovono e cantano i protagonisti. E qui intendo cantare come espressione di canto, come aderenza a un concetto di interpretazione originale dell’opera, lasciando stare il giudizio tecnico sulle voci. Ho apprezzato tantissimo il senso di ironia che ha pervaso tutto lo spettacolo, fatto con un’intelligenza rara. Nello stesso tempo, le cadenze e i ritmi, piuttosto lenti, imposti dal direttore, hanno tolto tutto quello che di bandistico ci può essere in Verdi, ma non come stratagemma per cercare di raffinare quello che può benissimo non essere raffinato (voglio dire non con l’intento di correggere Verdi), ma per una scelta di lettura ben precisa, che ha dato secondo me un esito straordinario. Devo dire che tornata a casa ho sentito un po’ del Trovatore di Karajan con i Berliner (Capucilli, Price, Obratzsova, Bonisolli e Raimondi) e poi quello di Giulini (Zancanaro, Plowright, Fassbaender, Domingo, Nesterenko) e pur avvicininandosi quello di Giulini molto di più a quello ascoltato ad Amburgo, soprattutto nella direzione d’orchestra e pur essendo Domingo magnifico, devo dire che nessuno dei due mi piaceva altrettanto come taglio interpretativo. Bravo dunque il giovane direttore, Michael Hofstetter che mi hanno detto specializzato nel repertorio barocco; non so quanto questo abbia contato nelle sue scelte interpretative.
Negli ultimi tempi solo il Don Giovanni di Aix en Provence (Harding/Abbado) mi aveva dato la stessa sensazione di spettacolo originale e curatissimo, dalla regia, al modo di far cantare, alla direzione d’orchestra, in modo che appaia un tutto omogeneo e coerente. Esattamente quello che manca da molto tempo nelle stagioni scaligere/arcimboldiane!
Il vostro “Wanderer per caso”,
Attilia
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