La cronaca del Wanderer

Il Wanderer può essere tutti noi.

Non ti è mai capitata la voglia di scrivere su un avvenimento musicale o su uno spettacolo? Scrivi alla redazione del sito e manda il tuo articolo, la tua riflessione, una citazione, una nota, tutto quello che ti passa per la testa e che ha rapporto col mondo degli abbadiani. Il CAI ti offre il lusso di essere il giornalista per una sera, approfitane e scrivici precisando, "per la cronaca del Wanderer"

Il Wanderer oggi torna da Hannover, dove ha visto un concerto sorprendente. .. !


Dossiers


FERRARA 2000: cliccare a scelta su
Così ad Udine
Album di ricordi
Le critiche del Così Fan tutte
Le critiche al concerto
Il testo di Arbasino
I vostri commenti


CAPODANNO A BERLINO: cliccare a scelta su Abbadium Bug Critiche


IL CONCERTO DI NATALE 1999: cliccare su Album di ricordi
Giornali

WANDERER'S STORY:
cronaca 1
cronaca 2
cronaca 3
cronaca 4
cronaca 5
cronaca 6
cronaca 7
cronaca 8
cronaca 9
cronaca 10
cronaca 11
cronaca 12
cronaca 13
cronaca 14
cronaca 15
cronaca 16
cronaca 17
cronaca 18
cronaca 19
cronaca 20
cronaca 21
cronaca 22
cronaca 23
cronaca 24
cronaca 25
cronaca 26

PERSONAGGI
Piero Farulli
Romano Gandolfi
Pierre Boulez
Euro2000
Andrea Concetti

La cronaca del Wanderer
N°7

Un concerto inatteso: "Viaggiare nel mondo" a EXPO2000 Hannover.

Da un'eccezionale Thomas Quasthoff all'incredibile voce di un giovane cantante della Mongolia.

Ricordiamo il principio dei concerti del ciclo "Sette giornate tematiche": si tratta di concerti tematici che vogliono presentare attorno ad un tema prescelto, una panoramica musicale ad un pubblico a priori poco preparato a certi tipi di musica: così, nell'arco di una serata, si può ascoltare rock e Lieder, opera e musica etnica... La serata dedicata ai "Viaggiatori nel mondo (Weltenwandern) , voleva dare segnali su tutti i tipi di viaggio. Il Foyer era stato riempito dall'architetto francese François Seigneur da tende e da caroivane da viaggio, all'interno delle quali gruppi di musiche del mondo (Tsigani, Touaregs, Ebrei) cantavano le itineranze, ambientazione molto intima, che permetteva al pubblico aspettando l'apertura della sala di andare da una tenda all'altra, di viaggiare anche lui per scoprire musiche sconosciute. Ma il concerto voleva presentare, con contrasti anche violenti, ; il viaggio interno, il viaggio del migrante, il viaggio dei popoli "nomadi", i viaggi tragici, i sogni dei viaggiatori. Le scelte erano molto diverse tra loro: il "Winterreise" di Schubert apriva la serata, viaggio interno di un'anima in presa all'amore che diventa più tragico a misura dell'allontanamento e che si scopre se stessa. Interpretato da Thomas Quasthoff, con Justus Zeyen al pianoforte. Il baritono tedesco, quasi sconosciuto dal grande pubblico italiano, è diventato in pochi anni in Germania una star che si paragona al grande Dietrich Fischer Dieskau. Thomas Quasthoff, voce assolutamente naturale, calda, di un'intelligenza strepitosa, sa creare in tre minuti un mondo intero e trascina il pubblico che inizia davvero un viaggio intenso e così commovente. Questa voce, dedicata purtroppo per forza delle cose al Lied - per causa di un handicap pesantissimo, non potrà mai se non in disco, cantare l'opera. Ma forse si è trovata la voce del Lied del XXI° secolo, uno stile ineccepibile: il più grande stile è colui che si fa dimenticare: Da Fischer Dieskau, il Lied era affare di costruzione stilistica e di dizione, di ineccepibile raffinatezza, da Quasthoff, il Lied è "naturale", come l'acqua che corre, come il vento che soffia, tutto sembra uscire da questo corpo senza studio senza sforzo, come se ci fosse sempre cantato così, ne esce una umanità sconvolgente che prende il pubblico fino all'urlo, battipiedi, battimani, cosa rara nelle serate solitamente un po composte quando sono dedicate al Lied. Produttori italiani, cosa aspettate per offrire questo momento straordinario al pubblico, invitando Thomas Quasthoff ?

Dopo un momento così alto, dopo un viaggio così profondo nell'interno dell'anima umana, ci voleva una pausa per passare da solista all'orchestra, dal intimità allo spettacolare, con la "Schleswig Holstein Festival Orchestra" diretta da Christoph Eschenbach, che interpretava "Amériques" di Edgar Varèse. "Non ho coniato il titolo Amériques, diceva Varèse,in senso geografico, ma per simboleggiare le scoperte di nuovi mondi sulla terra, nell'universo e nello spirito umano". Pezzo particolarmente spettacolare che utilizza a volte suoni non puri come quello della sirena, e che sollecita molto fiati ottoni e percussioni, esso è particolarmente adattato allo studio di un orchestra formata da giovani quale la Schleswig Holstein Festival Orchestra, fondata come orchestra giovanile da Leonard Bernstein, risultato dell'accademia orchestrale allora senza esempi in Europa, che aveva fondato sul modello di Tanglewood (USA) . Direttore del Festival è Christoph Eschenbach, direttore di grande fama in Germania, che ha rialsciato da "Amériques" un'interpretazione meno precisa di quella di Boulez (vedere Cronaca n°9) , sicuramente più convenzionale, ma non meno spettacolare (basta ricordare il fortissimo finale al limite del sopportabile, tirato fino alla rottura da Eschenbach). Dopo l'intimità di Winterreise, Amériques era il momento del sogno, del respiro verso l'infinito del sogno, prima di approdare ad altri tipi di viaggio, tra cui quello molto strano al quale ci invitava il gruppo Egschligen, della Mongolia: ci voleva una musica estranea, che possa contrastare, e nello stesso momento arricchire un programma tutto sommato abbastanza classico, malgrado le scelte nei tiversi dipi di generi musicali.

La particolarità di questa musica e che non suona assolutamente come musica "cinese" o asiatica, le melodie si avvicinerebbero a delle melodie occidentali molto moderne, ma in più si aggiunge la voce: e là cominicia il viaggio verso l'estraneità . La voce umana, diventa irriconoscibile, i suoni metallici assomigliano vagamente a quello che può uscire da un "diapason". Non c'è niente di umano in questi suoni provenienti dalla laringe, chiamati "tobshuur", che pero vengono emessi da gole umane. Il più strano e pero stupendo è che lo spettatore viene completamente preso e che vive un'esperienza assolutamente unica, al punto che verrebbe il desiderio che non finisse mai. Sono sicuro che un gruppo di questo tipo potrebbe avere un successo notevole in occidente, visto come sono stati accolti dal pubblico tedesco presente.

Come finale del concerto, il famosissimo Nomos Quartett proponeva il ciclo di Steve Reich "Different trains", che propone tre viaggi diversi tra cui quelli dei suoi in America prima della guerra, quelli verso i campi di concentramento, per finire da quelli dei sopravissuti in America, dopo la guerra. Creato nel 1988 in Londra, il pezzo è fatto di una parte registrata (tra l'altro con Steve Reich), e di una parte live. La virtuosità degli archi ricrea i movimenti ed i suoni del treno, che diventa simbolo del viaggio tragico verso la notte, lascia un'impressione molto profonda, e ci si prende a pensare che tra questi momenti così diversi, c'è un vero filo rosso, non solo tematico, ma anche musicale, che fa si che il viaggio diventa, in realtà sempre più interno.

In conclusione, si può dire che la serata era molto sorprendente. Dedicata al "Wandern"(Viaggiare) , non poteva che soddisfare il "Wanderer", ma la bella sorpresa è venuta dal fatto che il Wanderer non si aspettava da EXPO2000, tanto criticata, dei momenti di una qualità cosi alta, musicalmente e umanamente. Invito dunque i Wanderer abbadiani ad assistere al concerto del 10 agosto, dedicato alle Stelle (ved. programma nella pagina dedicata ad EXPO2000)