La cronaca del Wanderer

Il Wanderer può essere tutti noi.

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Il Wanderer per la prima volta rinuncia ad itinerare per interessarsi a Milano, a casa sua e a quello che fu il suo Teatro preferito, il Teatro alla Scala.

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La cronaca del Wanderer
n°26

Cosa succede sotto casa mia ?

Per un Wanderer, l'itineranza è cosa naturale.
Ma qualche volta, bisogna anche vedere cosa succede sotto casa ...

Sotto casa, il Teatro alla Scala ha presentato la sua prossima stagione, itinerante anche lei visto che gran parte del cartellone verrà presentato nel nuovo Teatro degli Arcimboldi, ai confini della città. Uno spostamento che pone grossi problemi logistici, culturali e manageriali:

-come attirare il pubblico in questo nuovo luogo e costruire una stagione abbastanza allettante che possa permettere al pubblico di venire agli Arcimboldi ?
-come legare questo nuovo luogo alla lunga tradizione scaligera?
-come creare nuove abitudini ?
-visto che il "loggione"non sarà più insicuro, ci saranno dei posti disponibili all'ultimo momento per il pubblico melomane, come nei grandi teatri tedeschi ed austriaci ad esempio? 

Il teatro, moderno, a visione frontale, capace di accogliere 2400 spettatori non ha più nulla a che vedere con la Sala del Piermarini. Giustamente la direzione del Teatro sottolinea la possibilità di aprirsi a nuove fette di pubblico.

Buone intenzioni, analisi pertinente: la direzione del Teatro alla Scala pero risponde a queste domande con una stagione tra le più mediocri della storia recente di questo teatro malgrado qualche nome grande e amato dal pubblico.

Interessiamoci alla stagione d'opera.
Tale stagione la dice lunga sulle rappresentazioni che la direzione del Teatro ha del suo pubblico. Un direttore artistico di un'istituzione quale la Scala rispetta il suo pubblico offrendo spettacoli di altissima qualità, diversissimi tra di loro, presentando un'ampia visione del mondo lirico oggi. Non è il caso a Milano. 
infatti, fieramente, com'è giusto, il Teatro alla Scala fa vedere i suoi conti, il suo bilancio, del tutto rispettabile. Bravo. Sarebbe il momento opportuno per riflettere sul come utilizzare questi soldi, questa capacità reale a riempire ogni sera la Sala. Invece, per la direzione della Scala, il pubblico è solo quello che viene vedere Traviata, Madama Butterfly e Barbiere di Siviglia, oppure che è attirato da Placido Domingo. Davvero non capisco perché non ci sono nella stagione 2001-2002 anche 13 serate di Bohème dirette dal direttore del caso: poco importa quello che si offre visto che "il pubblico" viene. Una volta di più, si vede in che stima il Teatro alla Scala tiene il suo pubblico: un pubblico incapace di aprirsi al nuovo, un pubblico tradizionale, turistico, che merita solo una politica da Arena di Verona . In questo quadro, si capisce che i loggionisti, che rappresentano la fetta assai colta e critica colla quale il Teatro da tempo è entrato in guerra, non siano desiderati agli Arcimboldi...Mi chiedo anche perché perdere il suo tempo ad andare vedere spettacoli di secondo livello. Chi crederà che questa stagione sia quella del cosidetto più-grande-teatro del-mondo. 

E' saputo e risaputo che la sala è sempre piena per Traviata, raramente per Wozzeck. Ma questo non è mai una ragione per non rappresentare Wozzeck. E il Teatro alla Scala lo ha fatto parecchie volte. Ma accumulare i titoli popolari per attirare il pubblico, senza veramente un piano culturale dietro, mi sembra poco degno dalla fama del Teatro. Sarebbe almeno doveroso farlo in modo originale, intelligente, con nuove produzioni, con nuove voci o voci mai ascoltate a Milano, e soprattutto grandi direttori che da tempo disertano la sala del Piermarini. Ma di "grandi" direttori ne abbiamo la stagione prossima tre (Muti, Gergiev, Temirkanov - pero per un'opera rappresentata in forma semi-scenica.-.)
Unica grande novità, Otello, apertura di stagione di grande prestigio...Non discutiamo il titolo, da 14 anni assente dal cartellone. E' anche molto interessante ascoltare il Maestro Muti 21 anni dopo una bellissima interpretazione fiorentina, in una regia discutibile di Enrico Job, ma con Renata Scotto, Carlo Cossuta, e soprattutto Renato Bruson, per il quale tutto lo spettacolo sembrava costuito ...Bel ricordo.

Alla Scala, la scelta registica non esce dai nomi abituali che danno sicurezza a questo grande insicuro che si chiama Riccardo Muti: Graham Vick, che ha già firmato un inutile Macbeth colorato che non fece dimenticare ahinoi la produzione mitica precedente (Strehler - Abbado...vi ricordate?), viene richiamato per mettere in scena l'Otello.

Graham Vick è un regista di stampo assai tradizionale, con soluzioni sceniche qualche volta originali, come nel Moise pesarese del 1997. Il suo Macbeth era inesistente per la regia, la direzione degli attori, e per la visione che offriva del dramma verdiano. Richiamarlo può essere una seconda prova che aspettiamo più convincente. Spero di non rimpiangere la vecchia produzione scaligera dell'Otello firmata Zeffirelli, che non era tra le sue peggiori. Si può capire che il Maestro Muti abbia voglia di una nuova produzione, ma in questo caso perché non tentare un'altro regista ? Donnellan? Lepage? Wernicke? Arlaud?

I cantanti sembrano ben scelti, almeno per la prima, ma è una copia parziale del cast di Abbado a Salisburgo qualche anno fa:...Un Domingo che è sempre quello che amiamo, una Frittoli ormai star del canto, ma quante serate saranno affidate a Domingo ??? Siamo contenti di sentire una volta di più Domingo, ma non era tempo di lanciare sul palco un Otello nuovo, un Vladimir Galusin ad esempio(che bisogna andare ad ascoltare a luglio, con un direttore di livello medio), ascoltando Domingo nelle repliche...... Da notare anche che secondo la detestabile tradizione scaligera (in uso da decenni..) - imitata in parecchi teatri -, Riccardo Muti dirige solo 6 repliche su 13....

Passiamo poi agli Arcimboldi: non si apre il Teatro con una nuova produzione, troppo rischiosa per questa direzione poco coraggiosa, ma con la famosa Traviata, per la quale si supponga il pubblico venga più volentieri. Per questa prima produzione agli Arcimboldi, il pubblico comunque sarebbe venuto per curiosità, per conoscere la sala ecc...Era il momento di proporre una nuova produzione un po' originale. O al peggio riproporre un titolo raro, quale Lodoiska ad esempio, uno degli ultimi spettacoli davvero riusciti in questo Teatro (1991....).Era il momento di dimostrare che la Scala sapeva rinnovarsi, in un luogo nuovo, e dimostrare la sua vitalità.....La Scala freddolosa preferisce osare..Traviata.

A seguito si propone un allestimento nuovo di Samson et Dalila, nella regia di Luca Ronconi. Si tratta di una ripresa ritoccata della regia torinese . Titolo popolare, regista eccelso, Placido Domingo ancora. Almeno la serata si prospetta bella, ma visto che la produzione è nuova a meta, che il Samson di Domingo è ben conosciuto, perché non chiamare un direttore un pò più stimolante di Gary Bertini, direttore serio, ma che non conviene tanto a un repertorio dove Prêtre ha fatto meraviglie,anche se non dirige volentieri tante opere, e anche se la sua ultima Turandot scaligera è stata criticata . Si poteva chiamare direttori come Chung, che lo ha inciso con Domingo, oppure per una produzione cosi collaudata, ci sono anche giovani francesi molto apprezzati in giro come Stéphane Denève..! Sono sempre più stupito della mancanza di immaginazione, di fantasia, di visione della direzione attuale del Teatro.

Per Salomé era previsto Giuseppe Sinopoli. Al suo posto il Teatro ha chiamato Ulf Schirmer, direttore di casa alla Staatsoper di Vienna, molto duttile e tutto sommato assai bravo, ma di sicuro non "emergente" visto che dirige da più di 12 anni a Vienna e che appartiene alla generazione di Thielemann, che emergente non lo è più. Allo stesso problema dovuto alla mancanza di Sinopoli, il Teatro des Champs Elysées a Parigi ha risposto (per Ariadne auf Naxos) chiamando Christoph von Dohnanyi, direttore di spicco peraltro specialista di Strauss che non ha mai diretto opere alla Scala ....Ho qualche dubbio sulla scelta di Sylvie Valayre, ci sono altre Salomé sul mercato, ben più interessanti. Cobelli è un buono regista, ma ricordiamo la Scala aveva presentato Salomé qualche anno fa con una regia tuttofare di André Engel, certo ormai persona non grata dai tempi del Ring e che c'è nell'archivio una splendida regia di Robert Wilson..era forse il momento di riproporla!

Boris Godunov è l'occasione per Valery Gergiev di tornare a Milano, con nelle sue tasche una nuova regia. Si dice che Gergiev sia un grande direttore. Per averlo sentito parecchie volte, ho ancora dubbi. Anche se spero di sbagliare, temo che sia un fenomeno più mediatico che veramente artistico.. Intanto il suo Parsifal di Salisburgo tanto osannato non fa dimenticare altri grandi, e la sua Chovantschina scaligera non fa dimenticare Abbado a Vienna (ascoltate le rispettive incisioni di Gergiev e Abbado....). Speriamo solo che il Boris non sia dello stesso stampo della ridicola regia scaligera di Chovantschina, portata dallo stesso Gergiev: dovremmo in questo caso rimpiangere ancora una volta Abbado e Ljubimov, alla Scala 22 anni fa...altri tempi, dove l'intelligenza e la cultura erano di casa. In questo caso è chiaro che la direzione scaligera ha semplicemente registrato il desiderio di Gergiev di far venire questa regia: niente decisione artistica, solo sottomissione ad un desiderio-diktat del direttore russo.

Sono invece contento di potere rivedere Le Nozze di Figaro firmate Strehler, spettacolo memorabile vecchio di vent'anni (Scala 1981), regia vecchia di vent'otto anni, visto che era stata creata all'Opéra di Versailles sotto la direzione di Solti nel 1973. Un modello di regia sempre fresca: molto più vivace che il Don Giovanni dello stesso Strehler. Con un bel cast e la direzione del Maestro Muti, questa ripresa è un'autentica ripresa di repertorio che fa onore al Teatro alla Scala. Magari tutte le riprese fossero di questo livello.

Dopo di che tutti gli spettacoli che rimangono sono esclusivamenti destinati a fare botteghino, con direttori che non corrispondo all'immagine Scala-più-grande-Teatro-lirico-del-Mondo, "titoli" accumulati che assomigliano a certe serate viennesi durante le settimane di puro repertorio alimentare, quelle serate sulle quali il Maestro Muti ama ironizzare qualche volta in conferenza stampa. Unica eccezione, Iolanta di Ciaikovskij, che meritava una nuova produzione (ma la direzione ha sicuramente pensato che era inutile spendere soldi per un titolo poco popolare ....) con un'autentico direttore di spicco, Yuri Temirkanov, che vale meglio di tutti i Gergiev del mondo in questo repertorio.

Il Wanderer non ha dunque trovato sotto casa molti motivi per cessare la sua "Wanderschaft", la sua itineranza. Loggionisti, inutile stancarvi per cosi poco. Pensate anche voi all'itineranza. Una volta di più, la direzione del Teatro ha dimostrato che la sua logica non è artistica, visto che di progetto artistico, dal momento in cui ha lasciato il posto Cesare Mazzonis, non c'è più. La logica scaligera è esclusivamente alimentare, contabile, commerciale, loro dicono "manageriale" . Una logica a dir poco volgare quando si tratta di un Teatro che dovrebbe essere un riferimento in materia. Purtroppo, riferimento non lo è più, tutt'al più garage di lusso dove la parola cultura non sembra essere molto conosciuta.