La cronaca del Wanderer

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Il Wanderer torna da Tokyo dove ha assistito all'ultima replica di Tristan und Isolde
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La cronaca del Wanderer
N°15

Tristan und Isolde a Tokyo:

Come nasce il Mito


Aldilà della rappresentazione di "Tristan und Isolde" alla quale il Wanderer ha assistito lo scorso 1 dicembre, si deve sottolineare l'incredibile emozione di ritrovarsi dall'altra parte del mondo, accolto in maniera ineccepibile dai membri giapponesi del CAI, e la strana impressione di familiarità, di vicinanza, con amici di cultura così differente, ma tutti uniti nell'ammirazione per Claudio Abbado. Questa cronaca non vuole essere un semplice rapporto di quanto vissuto e visto, ma intende anche comunicare al lettore quel sentimento vivissimo di non ritrovarsi isolato e spaesato in un ambiente sconosciuto, ma al contrario di condividere una gioia ed un'emozione intense attorno alla musica avendo vissuto una vera esperienza di fratellanza umana ed estetica.
Il Tokyo Bunka Kaikan è un Teatro moderno, costruito negli anni settanta, a visione frontale con tre gallerie. Ho valutato la sua capacità a circa 1600 spettatori. La buca dell'orchestra è profonda, il palcoscenico assai piccolo, per una produzione che abbiamo visto su spazi più estesi. Il Teatro si trova all'ingresso di un gran parco dedicato all'arte e alla cultura: i grandi musei di Tokyo (Arte occidentale, Arte Giapponese, Scienza) sono molto vicini, e la zona è molto vivace, animata dalla stazione "Ueno" uno dei nodi importanti della rete dei trasporti pubblici di Tokyo, situata proprio di fronte al Teatro. Si trova piuttosto al nord della città, in una zona non veramente centrale, ma molto frequentata.
I prezzi dei biglietti sono altissimi (fino a 64000 yen, vale a dire circa 1.300.000 Lire), pero, il pubblico è presente, i cacciatori d'autografi aspettano l'arrivo degli artisti, un pubblico molto disteso, molto meno rigido che in Europa per simili avvenimenti, inutili gli smoking, ma tanti vestiti "normali", tanti jeans, tanti giovani, tanti, tanti !... In sala, stessa impressione di semplicità, e anche di sicurezza: durante gli intervalli, ognuno lascia sulla poltrona programma, soprabito, borsa...
Appena si fa il nero in sala, si sente un battipiedi frenetico, che avverte l'ingresso del Maestro: i Berliner Philharmoniker dimostrano così il loro affetto per Claudio Abbado?Mai sentito un'accoglienza così calorosa. La dice lunga sull'ammirazione dei musicisti per il loro direttore. Fin dal primo accordo, un'incredibile emozione prende lo spettatore, una volta di più, sentiamo la musica "in progress", in altre parole l'impossibilità per Claudio Abbado di fermarsi su un'interpretazione fissata una volta per tutte, ma al contrario di offrire ogni volta qualcosa di diverso. Ho sentito questa volta nello stesso tempo una grande energia e una grande passione: questa passione, legata ad una lettura scrupolosamente analitica, ad una volontà di far sentire tutta la musica, tutti livelli del suono, ogni strumento, nonostante un'acustica assai ingrata e un po? secca. Con una tale cornice sonora, i cantanti, diversi dalle rappresentazioni berlinesi e salisburghesi, sono stimolati a dare il meglio di se stessi: Jon Frederic West, che avevamo sentito l'estate scorsa a Salisburgo sotto la direzione di Lorin Maazel nella stessa produzione, è molto più vivace, molto più presente. La voce più omogenea, l'interpretazione più sentita, anche se preferiamo decisamente Ben Heppner. Di Deborah Polaski è stato detto tutto: una voce calda, rotonda, un'intelligenza interpretativa rara, una presenza fortissima in scena. Perfettamente in fase con una regia tutta in emozione contenuta, tutta in Poesia, tutta costruita sul "dentro" e non sulla dimostrazione esterna, dove ogni gesto, ogni passo fa senso, essa dà tutto lo spazio al canto e alla musica. Certo, in certi momenti, si sente un acuto leggermente tirato, ma non c'è dubbio per me: Deborah Polaski condivide con Waltraud Meyer - e con dei mezzi e uno stile diversissimi una dall'altra - il privilegio di essere l'Isolde di riferimento di questo fine secolo.
Lazslo Polgar aveva il temibile onore di succedere a Matti Salminen. Con dei mezzi diversi, e una voce di qualità, più chiara di quella del basso finlandese, il basso ungherese fa vedere un personaggio tutto in emozione contenuta, tutto in nobiltà. Stessa impressione per il Kurwenal ineccepibile di Alfred Dohmen, forse ancora più sensibile che Falk Struckmann, con una voce chiara, molto calda, tutta in inflessioni, molto attenta al senso del testo.
Leggera delusione invece forse per Lioba Braun, bella artista che nella parte di Brangaene non riesce a rendere presente la sua voce, soprattutto nei suoi interventi durante il duetto del secondo atto. Anche se la critica giapponese è stata a quanto sappia abbastanza riservata (criticando un approccio troppo debussyano), dirò dell'interpretazione di Claudio Abbado che ritroviamo l'incredibile chiarezza e l'arte di far presente tutti i livelli della partitura; da grande architetto Claudio Abbado domina il capolavoro di Wagner sottolineandone tutti i particolari. Rimane intatta l'emozione che prende il cuore fin dall'accordo iniziale, rimane intatta l'incredibile forza del crescendo del preludio orchestrale che precede il duetto del secondo atto, rimane l'impressione che il secondo atto di Tristano di Abbado è sempre un miracolo, rimane stupefacente il sinfonismo del terzo atto, che sembra a volte un concerto per tenore e orchestra, tanto l'osmosi tra scena e buca è totale, ma questa volta abbiamo sentito ancora di più, abbiamo sentito un'energia nuova, apparsa già nei precedenti concerti d'ottobre e novembre (riferiamo all'incredibile scoperta del concerto Wagner del 12 novembre a Berlino), una passione che abita tutta l'interpretazione e che esce rinforzata perché fondata su un'analisi precisa? La passione e l'emozione nascono dappertutto, da una frase dell'oboe, da tale nota discretamente suonata dall'arpa, da un particolare attacco degli archi.. Abbiamo l'impressione di sentire non un Tristano ma IL Tristano, come se ci trovassimo davanti ad una manifestazione dell'evidenza. NON PUO' CHE ESSERE COSI'.
E che questa musica possa nascere dalla volontà ferrea di un uomo deciso a farne la sua terapia, come lo dice lui stesso, che questa potenza emotiva, che questa energia possano nascere da questo corpo che sembra così fragile, dà il sentimento, anzi la certezza che stiamo assistendo ad un miracolo che si chiama la nascita di un mito.

R.Wagner .Tristan und Isolde

Berliner Philharmoniker
European Festival Chorus (Dir: Winfried Maczewski)
Claudio Abbado

Produzione del Festival di Pasqua di Salisburgo (Manager: Michael Dewitte)
Regia: Klaus Michael Grueber
Scene: Eduardo Arroyo
Costumi: Moidele Bickel

Tristan: Jon Frederic West
Isolde: Deborah Polaski
Kurwenal: Alfred Dohmen
Marke: Laszlo Polgar
Melot: Ralf Lukas
Brangaene: Lioba Braun
Ein Hirte: Rainer Trost
Ein Steuermann: Andreas Hoerl
Ein junger Seemann: Rainer Trost