La cronaca del Wanderer

Il Wanderer può essere tutti noi.

Non ti è mai capitata la voglia di scrivere su un avvenimento musicale o su uno spettacolo? Scrivi alla redazione del sito e manda il tuo articolo, la tua riflessione, una citazione, una nota, tutto quello che ti passa per la testa e che ha rapporto col mondo degli abbadiani. Il CAI ti offre il lusso di essere il giornalista per una sera, approfitane e scrivici precisando, "per la cronaca del Wanderer"

Il Wanderer torna da Salisburgo, dove il Falstaff verdiano ha trionfato.

Ritornare all'attualità

DOSSIERS

L'album dei nostri ricordi, l'archivio della nostra attività, le nostre emozioni, tutto questo alla pagina
Dossiers.

WANDERER'S STORY:
cronaca 1
cronaca 2
cronaca 3
cronaca 4
cronaca 5
cronaca 6
cronaca 7
cronaca 8
cronaca 9
cronaca 10
cronaca 11
cronaca 12
cronaca 13
cronaca 14
cronaca 15
cronaca 16
cronaca 17
cronaca 18
cronaca 19
cronaca 20
cronaca 21
cronaca 22
cronaca 23
cronaca 24
cronaca 25
cronaca 26

PERSONAGGI
Piero Farulli
Romano Gandolfi
Pierre Boulez
Euro2000
Andrea Concetti

La cronaca del Wanderer
N°21

Il Falstaff di Abbado o il trionfo della leggerezza

Giulia Bassi

L'ultimo capolavoro verdiano ha avuto nello spettacolo del Festival di Pasqua di Salisburgo una cifra interpretativa improntata ad un'insolita trasparenza, rapinosità e freschezza. L'effetto sorriso da parte del pubblico scattava non di rado mentre in punta di bacchetta lui faceva scivolare le frasi, o i più piccoli incisi, fin dal turbinoso e scattante inizio. Da qui al termine dell'opera le parole di Arrigo Boito sono state contrappuntate al millimetro con un gesto teso a misurarle e ponderarle nel loro giusto peso. Ed ecco le azioni precise della trama trovare un risvolto musicale riletto al limite della palpabilità, spesso basato sulla pulsazione ritmica aderente ed essenziale come una sorta di respiro vitale. Un gioco a volte soltanto di cenni che gli splendidi Berliner Philarmoniker, dimostrando un controllo assoluto del suono, hanno intessuto in modo mirabile creando finissimi merletti. Buona parte del fraseggio aveva a volte il risvolto espressivo di un certo repertorio del novecento tanto sembrava asciutto e prosciugato. Ne costituivano esempi inequivocabili l'impalpabilità quasi liederistica di "Dal labbro il canto estasiato vola" o le sfumature quasi espressioniste del monologo di Ford: reso in un modo magistrale da Lucio Gallo. Ma a proposito di leggerezza: l'accompagnamento strumentale all'inizio della parte seconda del primo atto ha assunto le caratteristiche di un frizzante tappeto sonoro che si è mantenuto mirabilmente integro fino a quando il gruppo delle donne e quello degli uomini cantano insieme su due tempi diversi. Su questo prezioso tappeto il regista Declan Donnellan - in un'ambientazione inizio '900 - ha acceso le passioni dei personaggi, al di là della pura commedia, anzi tirando fuori il loro volto umano come in una moderna commedia di teatro novecentesco. Supportato dalla scenografia sobria ma efficace e soprattutto funzionale di Nick Ormerod, ha caricato ogni parte di significativa pregnanza attraverso l'esaltazione sia delle individualità che dei gruppi degli uomini e delle donne. Per i primi ha ideato il meccanismo della proiezione mentale: o sogni o deliri che dir si voglia. Alice passa mentre Falstaff s'immagina di conquistarla. E' presente ancora lei più ammaliatrice e colpevole che mai mentre Ford sfoga la sua gelosia. Donnellan gioca come se tali proiezioni si alimentassero di riflesso e ciascun personaggio avesse dentro di sé specchi giganti e deformanti fino all?esagerazione. Ma quello che a lui preme dimostrare, senza veli accanto alle passioni e debolezze umane, è che, come dice il testo, la commedia non si dà senza il protagonista. "Pur senza me costor con tanta boria non avrebbero un briciolo di sale. Son io che vi fa scaltri. L'arguzia mia crea l'arguzia degli altri" -afferma Falstaff prima del congedo. Soprattutto nel primo atto quando tutto si deve mettere in moto, egli sta in scena spaparanzato in poltrona: è là, mentre le comari iniziano il loro gioco o quando gli uomini cominciano a scaldarsi. A proposito di congedo dopo la scena "presso la quercia di Herne" non più tra fate e folletti ma tra pseudo-vampiri e fantasmi con sotto il frac, la fuga finale rivela un'altra sorpresa. Mentre quelle note scorrevano concertate da Abbado con il rigore di un antico maestro di cappella ma con lo slancio ed un vigore incontenibile, si sta preparando un sontuoso banchetto: una lunga tavola che all'ultima nota della fuga risulta pronta di tutto punto. Tutti i personaggi ormai in accordo e sintonia, come la tecnica della fuga richiede, mangiano e brindano mentre cala il sipario. Un lavoro, quello di Donnellan, indubbiamente accurato, sfaccettato, impegnativo e ineccepibile sul piano della qualità. Per ciò che concerne la prova dei cantanti, tutti applauditissimi insieme a Claudio Abbado: Ruggero Raimondi ha interpretato con misura ed intelligenza da grande attore la parte di Falstaff, mentre Lucio Gallo -come è stato già anticipato- si è rivelato uno strepitoso Ford. Quello che già aveva dimostrato a Ferrara nel Falstaff di due anni fa, lo ha del tutto confermato. Stessa cosa si può dire anche per il personaggio di Alice, interpretato da una Carmelo Remigio che, oltre ad essere mobilissima sulla scena, si è dimostrata impeccabile attrice e del tutto persuasiva nel canto. Raffinati i due giovani Nannetta e Fenton per le voci di Dorothea Roschmann e Massimo Giordano; sicura e calda anche se non molto incisiva sul piano della recitazione Mrs.Quickly di Larissa Diadkova.
SALZBURG 2001

Prime impressioni
Recensioni
dei giornali