il Corriere della Sera, 8 aprile 2001 |
Abbado e Falstaff: doppia festa a Salisburgo
Ovazioni per il direttore, che esalta Ruggero Raimondi: «Protagonista totale dell'opera»
DAL NOSTRO INVIATO
SALISBURGO - Doppia festa per «Falstaff». Applausi interminabili, risate, grida d'entusiasmo ieri sera hanno accolto alla Grosses Festspielhaus il corpacciuto antieroe verdiano e Claudio Abbado che, sul podio del Berliner, ha ritrovato l'affezionato pubblico del Festival di Pasqua. Un incontro particolarmente sentito, emozionante, dopo la malattia che la scorsa estate aveva colpito il maestro. Una dura prova ora fortunatamente superata. L'Abbado che ieri ha diretto «Falstaff» è apparso in gran forma, carico di energia e di ironia.
Qualità necessarie per un'opera che unisce la melanconia allo scherzo, la cattiveria alla bonomia, sottigliezze sussurrate a improvvise esplosioni sonore da parte dell'orchestra e dei cantanti.
Primo fra tutti Ruggero Raimondi, ormai Falstaff ad honorem dopo le numerose incarnazioni a Ferrara e a Berlino, sempre sotto la guida di Abbado. E che in questi giorni ha dovuto fare la spola fra Salisburgo e Berlino in vista di un nuovo debutto falstaffiano il 22 aprile nella capitale tedesca. «Ormai mi sono affezionato a sir John, tanto che quando non sono in scena mi manca la sua pancia - confessa Raimondi -. Dietro la sua aria di fanfarone si nascondono tutte le qualità e i difetti degli uomini: superbia, timidezza, allegria. Con le donne è uno che non ha fortuna, ma lascia il segno. La sua ciccia eccita il riso ma forse anche fantasie in quelle signore così spesso lasciate sole dai mariti».
«A Ruggero mi lega un profondo rapporto di amicizia che risale ai tempi in cui lavorammo al "Simone" e al "Don Carlo" - aggiunge Abbado -. Oltre alle qualità vocali, lui è in grado di calarsi pienamente nei panni di Falstaff, cogliendone i lati contraddittori, da quelli comici a quelli nostalgici. Riesce così a renderlo un personaggio universale che rappresenta, almeno in parte, la condizione di tutti gli uomini. Ciò che accade a Falstaff durante l'opera prepara la morale della fuga conclusiva: siamo tutti gabbati come lui, nessuno può salvarsi dalla burla del mondo».
Una burla che ha suggerito al regista, Declan Donnellan, cresciuto alla scuola di Peter Brook, un finale gioioso e coinvolgente: con tutti, beffatori e beffati, riuniti a una stessa tavolata lunga quanto lo sconfinato boccascena, a bere, ridere e scherzare. Tra le altre invenzioni di Donnellan, l'aver trasposto l'azione shakespeariana in un'Inghilterra di fine Ottocento-primi Novecento, evocata da eleganti cottage lungo il Tamigi. Così, quando Ford (l'applauditissimo Lucio Gallo) piomba a casa per scovare il panciuto seduttore, per arrestarlo chiama i «bobbies» con regolamentare elmetto nero. Gag accolte dagli spettatori con gran divertimento e con scoppi di vera ilarità, come quando Falstaff emerge fradicio dalla buca dell'orchestra, trasformata in fiume per magia.
Motore del perfido intrigo la bella Alice, in versione sexy: abito rosso scollatissimo guarnito di pizzi neri, ideato da Nick Ormerod che firma scene e costumi. «Una signora ricca e annoiata - spiega Carmela Remigio -. Il suo matrimonio langue, un'avventura non le dispiacerebbe. A trasformarla in furia è scoprire che Falstaff corteggia anche un'altra, Meg». Qui interpretata da Stella Doufexis. A intrecciarne le sorti, l'indaffarata Quickly (Larissa Diadkova) che sferruzza tutto il tempo una lunga sciarpa, quasi un cappio al collo destinato alla pingue vittima. Per contrasto alle situazioni comiche, l'amoroso abbandono di Fenton (Massimo Giordano) per Nannetta (Dorothea Roschmann anche lei fra le più applaudite), protagonisti del passaggio più lirico e struggente di tutta l'opera. E un momento di cupa malinconia arriva nella scena del Cavaliere Nero, una sorta di férie gotica, con grottesche apparizioni nel bosco. Un accenno di danza macabra, presto trasformata in un'esplosione di solare vitalità nel convivio finale.
Il Festival di Pasqua prosegue stasera con un programma beethoveniano comprendente il Concerto n. 5 (Imperatore) per pianoforte e orchestra, solista Maurizio Pollini, e la Settima Sinfonia. Sul podio dei Berliner Claudio Abbado.
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