SALZBURG 2001

Recensioni dei giornali
La
cronaca del Wanderer

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L'album dei nostri ricordi, l'archivio della nostra attività, le nostre emozioni, tutto questo alla pagina
Dossiers.

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PERSONAGGI
Piero Farulli
Romano Gandolfi
Pierre Boulez

Salzburg 2001

Prime impressioni

L'opinione della nostra presidente

Mercoledì 4 aprile 2001 - Prova generale di Falstaff a Salisburgo -
Berliner Philharmoniker
European Festival Chorus
Regia: Declan Donnellan
Scene e costumi: Nick Ormerod

sir John Falstaff: Ruggero Raimondi
Ford: Lucio Gallo
Fenton: Massino Giordano
Dr. Cajus: Enrico Facini
Bardolfo: Antony Mee
Pistola: Anatoli Kotscherga
Mrs Alice: Ford Carmela Remigio
Nanetta: Dorothea Roschmann
Mrs Quickly: Larissa Diadkova
Mrs Meg Page: Stella Doufexis

65 Abbadiani itineranti felici e festanti come sempre, ad ogni occasione di incontro con il Maestro, si sono dati appuntamento davanti al Festspielhaus poco dopo le 2 del pomeriggio, godendosi l'inaspettata giornata primaverile, a dispetto delle previsioni che davano pioggia (che novità!) e temperature piuttosto rigide. Distribuzione casuale dei biglietti, come al solito: questa volta siamo stati fortunati, sono quasi tutti di platea, alcuni nelle primissime file. Ne siamo particolarmente grati a Michael Dewitte, che, insieme alla simpatica, graziosa e gentilissima moglie, fa parte ora del nostro Club come socio onorario (cosa che a loro volta i coniugi Dewitte hanno dichiarato di aver gradito moltissimo).
Fin dalle prime note abbiamo capito la chiarezza, la levità e la nitidezza di questo Falstaff, ancora una volta un'interpretazione che ha reso in pieno l'idea di teatro musicale. Tutto si capiva perfettamente, testo, recitazione, canto, musica, contesto dell'azione, come era già avvenuto per Don Giovanni o Così Fan Tutte. Tutto era così bene unito e armonicamente costruito che a nessuno veniva in mente di analizzare separatamente i vari aspetti che solitamente divengono oggetto di critica in un allestimento d'opera: resa dei cantanti, dell'orchestra, direzione, regia, etc etc. Questo è sempre il grande miracolo di Abbado, che ora più che in passato sembra possedere il dono della "rivelazione" in fatto di interpretazione musicale. Tutto gli riesce così perfetto e naturale, e così comunicativo, che davvero non si può non capire; il capolavoro verdiano si rivela a tutti con facilità e immediatezza, in un divertimento spontaneo anche se raffinato. Questa è la grade differenza fra lui e gli altri: la sua interpretazione acquista un'evidenza naturale, in cui la sua elaborazione e il suo lavoro di interprete - non sappiamo quanto lunghi e faticosi siano stati - non emergono più, cancellati dalla verità della soluzione finale che ci propone, splendida e "facile", come se non ce ne potesse essere un'altra al suo posto, almeno per ora. A qualcuno di noi è capitato di ascoltare, a meno di 24 ore di distanza, un altro prestigioso Falstaff, alla Scala, direttore Riccardo Muti, con un cast sulla carta migliore, ma in cui veniva spontaneo allo spettatore di analizzare ogni aspetto separatamente, perdendosi l'unità e la chiarezza del testo teatrale e della mirabile musica che lo accompagna; avere avuto a tratti la necessità di consultare il libretto per capire cosa stava succendendo in scena, non è indice di perfetta fusione di tutte le componenti del capolavoro di Verdi e Boito. E' quello che invece è del tutto riuscito nell'edizione salisburghese.
Al termine applausi calorosi e solita corsa al camerino per salutare Claudio Abbado, apparso dopo una quindicina di minuti a salutare tutti con un gran sorriso e molta disponibilità, molto meno affaticato che in precedenti recenti occasioni: questo ci fa un immenso piacere, intuiamo che piano piano sta tornando, fisicamente, quello di un tempo, con un bagaglio di sensibilità interiore in più, che lo sta rendendo davvero un interprete leggendario, difficilmente uguagliabile.
La vostra Attilia
(per un commento più approfondito leggete il testo di Giulia Bassi "Il Falstaff di Abbado o il trionfo della leggerezza")