"Rome n'est plus dans Rome, elle est tout où je suis"
Queste parole dell'eroe Sertorius, nell'omonima tragedia di Pierre Corneille, potrebbero essere adattate in occasione del Requiem del Sabato 27: questo Sabato Verdi non era più a Milano, a Bussetto, a Parma, in Italia, no...questo Sabato, Verdi era a Berlino.
Dopo tante messe di Requiem, ascoltate in tutte le sale da concerto, in tutti i teatri sotto la direzione dei più grandi, questa esecuzione non era una esecuzione in più, una tra le tante eseguite (in particolare in questo giorno anniversario) . Era un Momento, uno di quei momenti dove, non si sa perché, l'emozione intensa ti stringe e ti fa rientrare in te stesso. Per una volta, non abbiamo sentito, come si dice spesso di questo pezzo, un "opera lirica" mascherata. Nessuna "regia", solo un'interpretazione asciutta, giansenista, che creava una linea diretta tra le passioni di Bach, il requiem di Mozart e infine questa messa. Abbiamo sentito un soffio spirituale intenso che ha portato il pubblico all'incredibile silenzio straziante della conclusione, poi all'incandescenza dell'entusiasmo. Piangevo, si, e senza sapere il perché. Interpretazione profondamente umana, che non lasciava nessun spazio alle fioriture, alle raffinatezze gratuite, ma che andava al messaggio essenziale. Una volta di più, Claudio Abbado ci portava in mano dentro l' architettura musicale, non per farcela visitare, ma per farcela vivere, come quando si entra in una chiesa.
E questa scelta è stata intesa da ogni artista del coro ed ogni musicista dell'orchestra, che hanno cantato e suonato in modo cosi intimo, intimamente sentito che hanno fatto dimenticare che il quartetto di solisti non era all'altezza della situazione. A parte Daniela Barcellona, che con dei mezzi non eccezionali, ha saputo dare personalità e senso alla sua parte, abbiamo sentito un Julian Konstantinov discreto, ma non eccelso, abbastanza banale nell'espressività. Ma siamo stati assai stupiti dalle prestazioni di Roberto Alagna e Angela Ghiorghiu. Roberto Alagna era spesso fuori tono (l'inizio!!) , spesso anche fuori parte, con degli sforzi che non facevano riconoscere la qualità solare di una voce che nello scorso Boccanegra ci aveva convinto. Angela Ghiorghiu è stata molto irregolare. La sua prestazione andava da momenti miracolosi (ce ne sono stati) a momenti francamente scandalosi: non si può a questi livelli, non andare a tempo, non si può, a questi livelli, trascurare l'intonazione a tal punto di trascinare gli altri fuori, non si può neanche avere attegiamenti personali perlomeno poco adeguati al momento e all'opera interpretata. Si veniva a pensare che i problemi sorgessero soprattutto dalle due Superstar del canto che le case discografiche vogliono venderci come la coppia lirica per eccellenza...(basta vedere l'inserto nel programma di sala).
Questo Requiem ci ha confermato a livello strettamente "mercantile" che nella lirica essere star non è una garanzia...e che contrariamente a quello che spesso i cantanti stessi pensano, si può loro malgrado arrivare ad offrire al pubblico interpretazioni storiche (basta pensare ai dischi di Toscanini, con interpreti spesso di medio valore). E' stato il caso il 27 Gennaio: malgrado i cantanti, siamo stati messi davanti ad un pezzo di storia.
Forse, in tutta questa emozione collettiva dal pubblico e dagli interpreti, c'era anche la gioia di vedere il direttore completamente concentrato, visibilmente commosso, ma nello stesso momento disteso e felice, aldilà delle tracce che la malattia passata aveva lasciato. Era per tutti un modello di vitalità, una spinta ad andare avanti nelle scelte più intime di ciascuno, una felicità profonda ed un onore per la vita !
Evviva! |