La cronaca del Wanderer

Il Wanderer può essere tutti noi.

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Il Wanderer torna da Cincinnati dove ha visto la fine della stagione

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La cronaca del Wanderer
n°25

Il Wanderer a Cincinnati....


D'estate, quando il nostro Claudio prende il sole oppure ci prepara i futuri concerti nella solitudine del suo rifugio, il Wanderer esce dalla sua tana e riporta qualche esperienza particolare, l'anno scorso i concerti tematici di Hannover, il Festival di Salisburgo, il Faust di Peter Stein erano stati le mete delle sue itineranze. Quest'anno, il Wanderer ha osato viaggiare oltre oceano per vedere come l'opera può funzionare in una città media, ma di grande tradizione musicale e sinfonica quale Cincinnati.

Cincinnati è situata nel sud dell'Ohio, al limite tra Indiana, Kentucky, Ohio, sulle sponde dell'Ohio River. Durante l'anno, la Cincinnati Symphony Orchestra, una delle più importanti orchestre americane, occupa l'intera stagione musicale, finora sotto la direzione di Jesus Lopez Cobos, da settembre prossimo sotto quella di Paavo Järvi.

D'estate, la Cincinnati Symphony suona come orchestra lirica per la piccola stagione della Cincinnati Opera durante l'Opera Summer Festival. Quattro produzioni, in un mese, vengono presentate nello storico Music Hall, una sala di 3400 spettatori costruita alla fine dell'ottocento . Le esigenze di bilancio assai ridotto impongono alla direzione artistica una sola produzione locale, quest'anno Nabucco, per la prima volta a Cincinnati, e tre coproduzioni venendo dall'esterno, quest'anno Madama Butterfly, Erwartung e Il Castello di Barbablu (nella comprovata produzione di Robert Lepage), e il Flauto Magico. Malgrado il numero ridotto di rappresentazioni e di produzioni, c'è una vera tradizione lirica a Cincinnati visto che la compagnia è la seconda più vecchia negli USA.

Sotto la direzione artistica di Nicholas Muni, l'Opera di Cincinnati a poco a poco si è aperto all'innovazione, ha allargato il suo repertorio, e la qualità degli spettacoli è diventata paragonabile a quella di grandi teatri italiani o tedeschi. Il direttore artistico, che è anche regista, percorre ogni anno il mondo alla ricerca di nuove voci . La sfida è importante: il numero ridotto di rappresentazioni costringe a non sbagliare: si può sbagliare una produzione se ne produci 14 o 15. Difficile sbagliare se ne presenti quattro su 10 o 12 serate. Pero, nonostante un pubblico più abituato agli standards che a titoli meno noti, un pubblico piuttosto "tradizionale", Nic Muni ogni anno struttura la sua stagione nel modo seguente:

- 2 titoli "popolari"
(quest'anno Butterfly e Flauto Magico)
- 1 titolo sconosciuto o raro, oppure un'opera contemporanea
(quest'anno Erwartung e Il castello di Barbablu)
- 1 titolo di repertorio più raramente rappresentato (Quest'anno Nabucco)

Il Wanderer ha assistito alla fine della stagione che presentava la prima di Nabucco e Flauto Magico. Flauto Magico, diretto da un giovane direttore americano, Anthony Walker , con un cast di giovani cantanti sconosciuti da questa parte dell'oceano, era uno spettacolo di buon livello presentato in una regia di stampo tradizionale , ma assai divertente, firmata David Gately. Il pubblico numeroso ha partecipato all'azione, con grande disponibilità, molto divertito da quello che leggeva nei sopratitoli. Senza grandi nomi, il cast ha garantito uno svolgimento molto decoroso della rappresentazione, con un livello omogeneo e delle voci da seguire nel futuro (il giovane tenore Charles Castronovo ad esempio, eccelso Tamino, o la giovane Pamina di Isabel Bairakdarian). Una serata di "repertorio" tutto sommato riuscita, senza la noia di tante "Zauberflöte" ascoltate in Teatri più prestigiosi e con direttori più pregiati...
Il Nabucco era la più importante produzione della stagione, firmata Nicholas Muni, con scene del tedesco Peter Werner. Scene apparentemente semplici che hanno posto problemi notevoli durante le prove, perché alla squadra tecnica, molto competente tra l'altro, manca un direttore tecnico, e perché tutto sommato questo teatro è stato concepito prima per concerti sinfonici, poi per opere. Il palcoscenico, piuttosto grande, non ha pero tutte le attrezzature che molti teatri più recenti hanno di norma. Uno dei problemi che pone una stagione concentrata su un mese - un mese e mezzo, periodo durante il quale i tecnici sono sempre sulla breccia per metter su i spettacoli, è la stanchezza del team, per un mese sul posto quasi 24 ore su 24.

Lo spettacolo , molto ascetico, concentra l'attenzione sui personnaggi e su Abigail, vista come una donna ferita, isterica, a chi mancano tanti affetti. Nicholas Muni ha saputo dare molta drammaticità a certe scene, ad esempio quando Nabucco sgozza un bambino alla fine del primo atto. Violenza delle passioni e della guerra in un mondo buio e vuoto, dove tutti sono soli, e non possono sperare che nella potenza divina, ecco il senso di una regia molto attenta a far vedere nella storia quello che va aldilà del "kitsch" delle regie abituali. E' stato aiutato da Lauren Flanigan, Abigail assolutamente ineccepibile nella sua resa del personaggio. La voce non mi è sembrata molto bella, ma sa giocare perfettamente con i suoi difetti (omogeneità, passaggi difficili) fino a farne delle risorse per caratterizzare il personaggio. Certi momenti, con una buona tecnica (filati) è riuscita davvero a commuoverci, passando da una figura alla Giovanna d'Arco a una donna debole e schiacciata dal destino.
Di fronte a lei, Lado Ataneli fa sentire la sua bellissima voce baritonale. Sarebbe di sicuro una delle più belle voci del momento se sapesse cantare in modo meno lineare, se sapesse ammorbidire, se sapesse cosa significa cantare piano. Dovrebbe ascoltare cosa ne fa Bruson, per imparare a cogliere i segreti dell'interpretazione....Abbiamo un Nabucco tutto di un blocco, che finisce per cantare sempre nello stesso modo, forte, senza veramente "sapere" quello che canta. Un Nabucco fatto apposta per Verona, perché la voce passa magnificamente, ma sicuramente non per un Teatro chiuso. Un vero peccato, perché abbiamo una voce che potrebbe essere la voce baritonale del futuro. Tra gli altri bisogna notare il bellissimo Zaccaria di Mark S.Doss, basso che non ho mai sentito in Europa e che ha dato una bellissima prova. Carmella Jones è una Fenena commovente con una voce un pò calante, e Scott Piper un buon Ismaele. Notiamo pero i giovani del "Young Artists Program", Wayne Tigges, basso splendido ascoltato nello Sprecher di Zauberflöte e nell'aria di Zaccaria durante la conferenza di introduzione che ha sempre luogo prima dello spettacolo, con brani esguiti da giovani cantanti: è stato l'occasione di ascoltare anche Adrienne Danrich, soprano lirico spinto autentico che nella conferenza d'introduzione cantava Abigail, e sul palcoscenico era Anna, una Anna che si faceva notevolmente sentire durante i concertati! Due nomi da seguire.

Eduardo Müller, a capo della Cincinnati Symphony Orchestra, ha diretto con una certa professionnalità, ma senza nessun interesse per quello che si svolgeva sul palcoscenico, senza nessun omogeneità con la regia, senza nessuna fiamma, l'unico italiano del cast non ha fatto onore al grande Verdi. Un vero peccato per l'ingresso di Nabucco nel repertorio di Cincinnati.

Tutto sommato, questa esperienza ha permesso di vedere nei dettagli la vita di una compagnia teatrale americana, ma anche di vedere come funzionano i finanziamenti, strettamente legati alla generosità degli sponsors. Negli USA, democrazia dove l'aristocrazia della nascità non esiste, ma solo la leggitimità data dai soldi che hai, l'aristocrazia del denaro partecipa alla vita sociale, come nell' "Ancien Régime" la nobiltà aveva certi doveri verso il popolo...E' doveroso dare alla lirica, e prima e dopo lo spettacolo vengano onorati quelli che ne hanno permesso lo svolgimento.E' anche un modo per conoscersi, per attivare la vita mondana in una città difficile come Cincinnati. Sistema fondato sull'iniziativa dell'individuo - forse anche sui suoi capricci -, fa della cultura un fenomeno esclusivamente legato alle iniziative private. Il sistema che è quello al quale mirano molti managers in Europa funziona perché lo stato in realtà finanzia indirettamente la vita culturale attraverso le riduzioni di tasse per chi sponsorizza.

Questo sistema ha la sua logica, e anche i suoi successi, ma devo confessare che preferisco un sistema che fa dello Stato un garante di una diffusione culturale equa, in questo senso, il sistema tedesco mi sembra un modello, dove finanziare il Teatro è un dovere per gli edili, perché il Teatro è una necessità sociale, come la previdenza oppure la scuola. Costa caro, ovviamente, ma la Germania rimane il paese dove la musica e il teatro sono più diffusi tra tutta la popolazione (in una città di 50000 abitanti c'è spesso un teatro che fa 200 rappresentazioni l'anno). Nei paesi (USA, Italia, Spagna, Francia per la lirica - non per la prosa- ) dove il Teatro viene considerato come un lusso, un "più" rispetto a tutto il resto, viene riservato ad una "elite" privilegiata oppure ad una classe medio-alta dei centri urbani: a Cincinnati, nella sala, c'erano forse 1% di spettatori di colore....
Hanno un bel dire quelli che osannano l'ingresso dei privati nella gestione dei teatri, e quelli che criticano il sistema tedesco o austriaco del repertorio e della diffusione capillare dei Teatri, ma finora, è l'unico sistema che ha permesso di preservare i teatri dalla chiusura (quanti teatri chiusi in Italia?), di mantenere un pubblico foltissimo, e di dare lavoro a tanti musicisti e attori. Tutto questo perché è un teatro pubblico, finanziato a 85% dai comuni ....chi osera invece parlare della situazione scandalosa del teatro di prosa in Italia e del funzionamento pressapochista del teatro lirico.....dove i privati - o semi-privati, con la benedizione del governo di sinistra di allora sono entrati in massa. Per ora, non mi sembra che il miracolo sia avvenuto....