Soci in gita berlinese......davanti a un pannello della mostra "Grazie Claudio Abbado" allestita dai Berliner alla Philharmonie
35 minuti di applausi, fiori dappertutto, mazzi ufficiali dal Sindaco di Berlino, dall'orchestra, tanti mazzi anonimi dal pubblico, e la pioggia di garofani del CAI abbracci, baci, lacrime..così l'era Abbado si è conclusa a Berlino, davanti ad una sala gremita, un pubblico in delirio.
Una volta di più Claudio Abbado ha scelto la sorpresa: un programma sorprendente Brahms Schicksalslied (Canto del destino), Mahler Rückert Lieder con Waltraud Meier, e le musiche per la scena e per il film Re Lear di Gregori Kosinzew (1971) di Dimitri Sciostakovic. Quattro schermi diposti attorno al palcoscenico permettevano al pubblico di seguire i brani scelti dal film, illustrati dalla musica del musicista russo. Diremmo in questo caso che in realtà è il film - tanto accademico - che era secondo alla musica, mentre la musica sconvolgente ci ha stupito tutti.
Un programma che andava dalla profondità mistica di Hölderlin, all'intimità Mahleriana, per concludersi nel drama epico, il mito shakespeariano più nero, con un pubblico col fiato sospeso alle labbra del magnifico coro a capella finale. Waltraud Meier, Anatoli
Kotscherga, Elena Zhidkova, ilcoro Eric Ericsson e quello della Radio Svedese, due tra i migliori cori nel mondo, accompagnavano i Berliner in forma smagliante.
Non voglio entrare troppo nei dettagli, perché per me quello che ha travolto tutto è l'incredibile emozione diffusa nel pubblico, ma il Schicksalslied era straordinario il 25, sublime il 26.Hölderlin aveva aperto i cicli berlinesi, chiude il periodo con un approccio luminoso, malinconico, etereo, nello stesso momento straordinario di intimità. Intimità era anche la parola da usare per i Rückert-Lieder interpretati da Waltraud Meier: Ci ricorderemo per sempre di "Um Mitternacht " e soprattutto "ich bin der Welt abhanden gekommen!", ultimo Lied dove la malinconia infinità del testo e la sua tragicità si chiude con una frase musicale tra le più strazianti di Mahler. Il pubblico era commosso a tal punto che ha esitato ad applaudire. Quello che colpiva era che Waltraud Meier sembrava cantare esclusivamente per Claudio Abbado, si scambiavano sguardi, sorrisi, uniti nella musica, e anche nell'amicizia: ecco cos'è zusammenmusizieren.Dall'intimità mahleriana, tutta raccoltà, si è passato nella seconda parte al tragico e all'epico. Il film è un'affresco alla Boris Godunov dove le sofferenze del popolo svolgono un ruolo centrale, dove le scene ampie fanno vedere una natura ridotta a qualche albero magro, ma tante pietre da sembrare un paesaggio lunare. Una natura elementare per sentimenti elementari e dunque estremi. Estrema anche qualche volta la musica che schiaccia letteralmente lo spettatore (la Tempestà), lo agità, lo rende inquieto. Settantacinque minuti di una musica composta per il Teatro poi modificata per il film. Certi pezzi assomigliano molto al Boris, altri mi hanno ricordato Fierrabras (la ballata del Buffone, straordinariamente cantata da Kotscherga), e l'insieme rimane molto impressionnante, soprattutto interpretata da questa orchestra. Alla fine, di nuovo, silenzio nel buio totale imposto in sala.
Questo programma tematicamente tragico, malinconico, che parla di solitudine, di morte, di destino, è musicalmente molto coerente, benché sorprendente: Brahms, Mahler, Sciostakovic rappresentano tre momenti chiave della storia della musica, la scienza dei contrasti e il carattere pregnante della musica di Lear possono si essere messi insieme al sublime brahmsiano (si pensa al coro finale) e a l'intimità Mahleriana (si pensa alla la canzone di Cordelia) . Tutto si risponde, nell'armonia o il contrasto, ma tutto parla di cuore, di sentimento, di uomo.
Quando si vede l'orchestra applaudire il suo direttore, come non pensare alle stupidaggini scritte dai giornali (anche di recente, e in Italia) sul rapporto con i Berliner. Certo, un gruppo come i Berliner ha una "personalità" difficile, e la vita quotidiana lascia anche spazio ai conflitti e le sue polemiche, ma la stima per Claudio Abbado c'è sempre stata. L'intesa intima tra direttore e orchestra si è construita a poco a poco, per diventare luminosa negli ultimi tre anni, e a tratti sublime negli ultimi due. Come ha scritto un giornale tedesco al momento in cui i Berliner stavano per eleggere Sir Simon Rattle: "I Berliner cercano un giovane direttore, lo hanno trovato l'altra sera, si chiama Claudio Abbado!" |