Il momento era atteso con una certa impazienza. Prima un concerto solo, poi due, poi tre, l’abbadiano medio non poteva che essere felice di queste apparizioni intattese di Claudio Abbado a capo della Mahler Chamber Orchestra a Ferrara e a Reggio Emilia. In programma Berlioz, Chostakovitch, Beethoven, Mahler. Il piccolo mondo degli abbadiani si è ritrovato per tutto febbraio in Emilia Romagna, non solo per i concerti, ma anche per le diverse prove che in realtà sono autentici concerti in direzione delle scuole, delle associazioni (tra cui quelle per la reinserzione dei detenuti). L’impegno sociale di Claudio Abbado per la diffusione della musica e della cultura è un dato permanente della sua attività artistica : le prove aperte agli studenti dei conservatori, i concerti gratuiti e supplementari per le scuole o semplicemente gli abitanti del territorio sono ormai parte del paesaggio che accompagna ogni concerto di Claudio Abbado in Italia e altrove. Ecco quello che rende ogni incontro con Abbado eccezionale, carico di significati che vanno ben aldilà della semplice audizione musicale, come ad esempio questa bandiera arcobaleno della Pace che gli è stata regalata e che ha accompagnato uno dei concerti ferrare, per sottolineare che la musica non può che essere al servizio della pace.
Il Wanderer del giorno era a Reggio Emilia, in questo meraviglioso Teatro Valli nel quale tra l’altro Claudio Abbado ha diretto assai regolarmente fin dal 1962. Il programma offriva come prima parte i Kindertotenlieder ed i Rückert-Lieder di Gustav Mahler, come seconda parte la Settima di Beethoven, una delle opere simbolo del percorso musicale di Claudio Abbado. Questo programma fatto di malinconia e di raccoglimento, ma anche di energia dionisiaca, permetteva al pubblico di avvicinarsi meglio a due aspetti essenziali del mondo musicale che accompagna da decenni Claudio Abbado.
L’interpretazione dei Lieder di Mahler dipende strettamente dalla voce che canta: Matthias Goerne, Thomas Quasthoff, Anne Sophie von Otter, Waltraud Meier hanno in questi ultimi anni partecipato a concerti con Claudio Abbado. Ci ricordiamo l’osmosi tra direttore, orchestra e solista quando Waltraud Meier cantò i Rückert-Lieder in tournée in Italia e a Berlino, ci ricordiamo anche Quatshoff cantando Ich bin der Welt abhanden gekommen nel settembre 2001, in piena crisi dovuta all’attentato dei Twin Towers.
Altro interprete, altra orchestra, altro momento: Anna Larsson, grande specialista del repertorio mahleriano, possiede una voce da contralto molto calda e rotonda, con una tecnica impeccabile e un legato che dà al suo canto grande fluidità. La voce pero sembra mancare di proiezione, almeno dal posto dove ero seduto, ma si guadagnava in lirismo quello che si era perso in drammaticità. Laddove Waltraud Meier era nel dramma, Anna Larsson è già aldilà, nel limbo dove la musica non è più “in medias res”, ma già una rielaborazione di un dramma superato e risolto nell’esistenza stessa della scrittura musicale.
E’ chiaro che questa voce conveniva particolarmente ai Kindertotenlieder che aprivano il concerto. Queste poesie cantano la morte di un bambino, il più grande dei dolori, che Mahler mette in musica come per trascendere il dolore e dominarlo. La messa in musica del dolore, qui quella di Rückert, la quella di Mahler che mette sempre in suono il suo proprio dolore, come per esorcizzarlo, non può che essere profondamente condivisa da Claudio Abbado, che più volte ha ripetuto il ruolo quasi “terapeutico” della musica nella sua propria vita, soprattutto dopo la malattia che lo ha colpito. C’è tra autore e interprete in questo caso una vera corrispondenza, nel senso in cui Baudelaire intende la parola: basta ascoltare la parte finale dell’ultimo Lied “In diesem Wetter” che Abbado costruisce con una concatenazione di livelli diversi di volume sonoro, di equilibri, di architettura nel suono più esile che sia, che produce dall’ascoltatore una profonda commozione e un totale raccoglimento. Come non ricordare le interpretazioni abbadiane della Nona di Mahler, con il suo finale qui si annega progressivamente nel nulla, nel silenzio (“Still”) che appartiene a pieno diritto alla partitura scritta da Mahler.
I più metafisici Rückert-Lieder, appello all’interiorità, alla solitudine del poeta, (Blicke mir nicht in die Lieder, “non guardarmi dentro i miei Lieder” ), al valore del silenzio, della notte, all’addio al mondo: questi testi richiamano al cambiamento di vita, di direzione delle cose, e non è un caso se Claudio Abbado li aveva scelto per i suoi ultimi concerti berlinesi. Con Waltraud Meier, dominava la drammaticità della situazione: si trattava di una rottura voluta, ma dolorosa, e la complicità tra cantante e direttore aveva allora colpito profondamente il pubblico berlinese. Anna Larsson è invece l’interprete del dopo: l’accettazione della ritirata e la pacificazione singolare che ne consegue: una visione malinconica, ma pacata. Meno lacerante, più serena, cosi ci è apparsa l’interpretazione dei Lieder a Reggio.
E Beethoven ?
Tra tutte le sinfonie di Beethoven interpretate da Claudio Abbado, la Settima è sicuramente quella che ha diretto di più, almeno quella che è legata ad ogni momento chiave del suo percorso artistico. Raggiunge in questo senso il destino della Sinfonia n°2 di Mahler: Claudio Abbado si difende di avere preferenze, ma si sente che Mahler II e BeethovenVII sono opere legate ad aspetti profondi del suo rapporto alla musica.
Il Wanderer non potrà mai dimenticare l’interpretazione della Settima offerta al pubblico salisburghese il 15 aprile 2001, il concerto era cominciato con l’Imperatore, interprete Maurizio Pollini: un momento di grazia. Poi la Settima aveva sconvolto la sala intera: I Berliner erano stati aldilà di tutto quello che si era ascoltato finora: una di quelle serate miracolo.
La Mahler Chamber Orchestra, composta da musicisti eccezionali dedicati al loro fondatore non ha il suono dei Berliner: Abbado adatta la sua interpretazione all’orchestra. Questa volta, sembra scavare in direzione delle radici barocche della musica di Beethoven, Haendel, e soprattutto Bach: è notevole nei pezzi fugati del primo tempo: la strutturazione del suono, gli attacchi secchi degli archi, la chiarezza cristallina dell’insieme, i ritmi, tutto è accentuato al massimo e apre una nuova via all’interpretazione. Nei due ultimi tempi invece, l’energia predomina, senza mai dimenticare le lezioni dell’inizio. Non si perde nulla in fatto di chiarezza e di livelli di suono (la messa in rilievo dei celli ad esempio), ma si aggiunge una nuova dimensione, dinamica, di una incredibile potenza. Abbado ottiene dai giovani della Mahler quello che si credeva solo possibile dai Berliner, e la sinfonia chiude cosi vertiginosamente da provocare un boato nel pubblico.
Claudio Abbado ha offerto durante questa serata un riassunto della sua arte e una delle chiavi della sua attività oggi: il dialogo Mahler-Beethoven è in realtà una dialettica: alla visione malinconica dei Lieder di Mahler, dove la sofferenza viene sublimata dalla musica, risponde Beethoven, dove l’energia vitale e i ritmi dionisiaci rinviano ad una scelta di vita. Cosi va Claudio Abbado, ritirato della vita frenetica delle Star della Bacchetta come un Rückert si ritira della vita per girarsi verso l’interiorità, ma che nello stesso tempo prende la sua energia folle solo nella musica, semplicemente perché la musica è vita, perché la musica è la sua vita: quello che rende impressionnante un concerto diretto da Abbado oggi, è la posta personale che c’è in gioco dentro: trasmette il senso della musica come fonte di vita, di energia, di espressione, di dialogo con gli altri, forse è anche questo il “zusammenmusizieren”.
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