Per molti si è trattata di una dolorosa astinenza: il ritiro dalle "scene" per più di 5 mesi di Claudio Abbado ha generato dei gravi scompensi fisici e ormonali in taluni casi. Sono stati allertati tutti i medici gravitanti nel CAI per alleviare le sofferenze di molti soci soprattutto in area nord-italica e germanica, ma gli sforzi sono stati, ahimè, quasi sempre vani. Una buona medicina è stato il nuovo disco dedicato a Debussy, un vero e proprio toccasana, ma giunto ormai alle porte dei concerti ferraresi, quando le pene cominciavano ad alleviarsi in previsione dell’evento sognato e sospirato da tempo: poter vedere di nuovo il Maestro, magari anche toccarlo! Una prima delegazione del CAI, presidente in testa, è arrivata già il 14 febbraio, appositamente per poter assistere alla prova generale serale aperta al pubblico ferrarese. Che sfarzo! Credo esagerato considerando la poca considerazione che questo pubblico ha avuto per il programma presentato: «l’avevo detto io che sarebbe stata una boiata» ha affermato un distinto signore uscendo da un palco, e la presidente giù a terra che ansimava. Non sono frasi cortesi da pronunciare dentro il tempio di Ferrara Musica. Fatto sta che il pubblico ha reagito freddamente in conclusione del King Lear di Kozincev su musiche di Shostakovich perdendo tutto il calore dimostrato invece alla fine dei Tristia di Berlioz eseguiti nella prima parte del concerto.
Seguiva un incontro con Claudio a beneficio (??) del sottoscritto, della Presidente, dei due soci napoletani: noi abbiamo toccato il maestro! Un passo dietro di noi stava l’insostituibile Marion, a lei è bastato guardare il maestro da vicino per tranquillizzarsi ed essere appagata per il resto della serata. Tralasciamo però questi fanatismi forzati per dedicarci invece ad una considerazione ben più rilevante: la sera seguente durante il concerto molti soci hanno letteralmente “goduto”. Si tratta di un fenomeno sconosciuto fino ad ora tra i soci del CAI verificatosi in quest’occasione proprio per l’astinenza fisica dovuta al riposo del maestro. Si ripeterà in Agosto a Lucerna? In questa sede prego il nostro Guy di compiere degli studi accurati in merito così da avvertire in tempo lo staff del Kongresszentrum di Lucerna e prendere provvedimenti cautelativi.
Occorre adesso parlare dei concerti: il primo era quello che certo incuriosiva maggiormente poiché proponeva un programma diverso rispetto all’odierno repertorio che Abbado porta nei suoi concerti ma tuttavia l’aspettativa di maggior emozione lo riservava, sulla carta, il secondo col programma beethoveniano. Più che altro perché il commento di chi ha assistito a Berlino alla proiezione del King Lear non è stato mai particolarmente entusiastico. Cosa è successo invece a Ferrara il 15 febbraio: il teatro più piccolo e raccolto ha consentito al pubblico, complice una naturale maturazione esecutiva, una concentrazione maggiore e la possibilità di seguire il film coi sottotitoli in italiano del tutto assenti a Berlino. Il risultato è che una grande emozione ci ha coinvolto tutti, abbiamo capito il drammatico messaggio del film che in momenti storici come quello attuale cade proprio a pennello per testimoniare un messaggio inneggiante alla pace, da perseguire per lenire il dolore lancinante dovuto alla corruzione della società, dei vizi e degli errori storici preludio ad una possibile imminente guerra. Il dolore personale di Lear avvinto in un vortice di terrore ha toccato il nostro animo, a prescindere dalla musica di Shostakovich che la Mahler Chamber Orchestra ha saputo sprigionare con estrema purezza e intensità espressiva sotto la guida ispiratissima di Abbado. Onore anche allo Swedish Radio Choir insieme all’Eric Ericson Chamber Choir guidati da Christina Hörnell: perfetti.
Avevamo già potuto osannare la prestazione del coro nella prima parte del concerto quando sono stati eseguiti i Tristia op.18 di Hector Berlioz, tre assaggi musicali dedicati all’Amleto shakespeariano: come gran parte della musica di Berlioz non sono dei capolavori ma l’esecuzione sfumata e poetica dei primi due, preludio alla drammatica Marcia funebre che conclude tragicamente il trittico avrà giustamente entusiasmato e convinto anche i detrattori della musica berlioziana. È da ricordare che proprio la marcia funebre fu già eseguita da Abbado insieme alla Gustav Mahler Jugendorchester nell’agosto del 1998, io vidi il concerto nella tappa di Bolzano, in cui il brano fu eseguito come bis e l’orchestra eseguì anche la parte corale: un ricordo indelebile ed emozionante, come sempre.
Godimento scontato anche per il secondo appuntamento ferrarese, il 19 febbraio, con il Triplo concerto e la Settima Sinfonia di Beethoven. Come spesso accade, tra la prova mattutina e il concerto vero e proprio della sera molto è cambiato, nulla per quanto riguarda l’esecuzione ma la magia, quella sì, che si è sprigionata nell’atmosfera del Comunale, ha reso tutto diverso. Dapprima il Triplo concerto con solisti Mario Brunello al violoncello, Alexander Lonquich al piano, Viviane Hagner al violino. Tra loro spiccava, come forse prevedibile, il canto appassionato e romantico di Brunello che ha cavato dal suo violoncello un suono come sempre caldo e vigoroso ma capace anche di fraseggi sussurrati e dolci, una prova maiuscola che lo ha reso protagonista indiscusso del concerto. Accanto a lui Lonquich ha mostrato le sue indubbie capacità tecniche ed espressive, tuttavia sembrava mancasse il senso di coesione con l’orchestra e gli altri solisti: quel piacere di zusammenarbeit sempre evidente nei concerti di Abbado. Qualità che invece mostrava Viviane Hagner, abile virtuosa e interprete trascinante. Rimane Abbado, che ha naturalmente reso evidente l’aspetto cameristico della partitura guidando l’orchestra e i solisti in un delicato ma teso rapporto di sussistenza reciproca.
In conclusione della prima parte gli interminabili applausi sono diventati ovazioni allorché una bandiera della pace è stata recapitata dalla platea ad Abbado che volentieri l’ha accettata ed esposta sul leggio della spalla. Un momento significativo ed emozionante, a testimoniare ancora una volta come la musica possa unire i popoli per amore dell’arte ma anche accomunarli nel desiderio di pace.
Con la bandiera esposta sotto il podio Abbado ha poi trionfato nella seconda parte del concerto con la Settima di Beethoven. Quando Carlos Kleiber diresse il suo ultimo concerto a Cagliari eseguì la Quarta e la Settima: l’emozione fu enorme ed ero sinceramente convinto che dopo un concerto del genere non avrei mai sentito nulla di altrettanto “grande”. Non poniamo neanche col pensiero il confronto tra Abbado e Kleiber (sarebbe quantomeno assurdo) ma l’emozione suscitata dalla Settima a Ferrara mi ha riportato allo stato d’animo di quella serata a Cagliari. La forza della musica è talmente potente, Abbado la domina ma ne è allo stesso tempo pervaso: vederlo dirigere con un sorriso estatico, caricando l’orchestra di energia e riuscendo a sostenere un tempo da batticuore, è stato fantastico!
Alla fine fiori (naturalmente offriva il CAI), applausi, delirii, ovazioni.
Ancora, grazie Claudio.
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