EDITORIALE

Abbiamo deciso di pubblicare come editoriale questa risposta all'odioso articolo firmato Paolo Isotta del 18-07-2004 sul Corriere della Sera.












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Non se ne può più...
Osservazioni sul testo apparso nel Corriere della Sera del 18 luglio 2004

Non se ne può più dell’arroganza del esangue critico denominato Isotta.

Non se ne può più della vigliaccheria che consiste a attaccare l’uno per colpire l’altro, cioè attaccare Harding per colpire Abbado (senza nominarlo, ovviamente…).

Non se ne può più dell’odio come guida alla lettura e all’ascolto della musica.

Non se ne può più di un giornale sedicente di riferimento che dà sempre meno spazio alla critica di qualità, preferendo la cronaca “people”, e che permette da anni ad un sedicente giornalista di eruttare alla faccia del lettore invece di scrivere in modo equilibrato e sensato, come si richiederebbe ad ogni onesto professionista.

Onesta? Il fatto di dare dell’ “esangue” alla Mahler Chamber Orchestra che ha dato prove ormai accertate della sua qualità – .

Onesta? Il fatto di dare dell’arrogante ad un direttore che in fatto di arroganza potrebbe prendere lezioni da tanti altri suoi colleghi direttori nonché presso l’esangue critico nominato sopra.

Onesta? Il fatto di criticare in modo così violento una rappresentazione ascoltata per radio, che non può essere in ogni modo che una testimonianza di seconda mano per di più con osservazioni sulla regia fondata sui racconti del commentatore italiano del collegamento. Questo si chiama giornalismo? o critica? O piuttosto bassa propaganda ideologica.

Onesta? Il fatto di regolare conti personali sotto la falsa veste dell’articolo professionale?


La violenza dell’attacco e il modo in cui è stato fatto va contrapposta alla leggerezza dell’oggetto: una rappresentazione della Traviata ascoltata in radio vale dunque tanto odio?

Il signor Isotta ha tutti i diritti di criticare: ma per questo che faccia veramente il suo mestiere, che vada sul posto, che ascolti in condizioni ad hoc la rappresentazione, e che scriva una critica, non un vomito.

Auguriamoci che questo vomito sia l’ultimo spasmo giornalistico dell’esangue critico!

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