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Riteniamo opportuno pubblicare queste altre reazioni all'articolo di Carla Moreni

L’articolo del 'Sole' di domenica non attacca tanto la persona-Abbado quanto coloro che lo prendono a loro simbolo: le ‘'solite facce” fatte -a forza- appartenere alla sola sinistra italiana e non . Il momento usato è -guarda caso- quello in cui l'orchestra che si 'inaugura è a Bologna ed uno dei 'soliti presenti'è Sergio Cofferati. E la tempistica per la verità sorprende: l'articolo viene fuori tempo massimo per lo stesso 'Sole'... la Confindustria è infatti mesi orsono passata dal ‘cazzuto’ scontro sociale di Antonio d'Amato (il ‘duro' era lui...) alla presidenza ecumenical-chic di Luca Cordero di Montezemolo. La Direzione del giornale e la stessa autrice non se ne sono accorti?

Il soggetto di riferimento del giornale potrebbe aver ritenuto molto increscioso l’articolo …

Eppure...

Eppure c'è che l'articolo è stato pubblicato e che un affondo così determinato contro un personaggio di assoluta rilevanza quale è Abbado NON può essere che avallato dalla Direzione del gornale. Ergo, non è una svista.

Eppure c'è che il tono d’affondo nazionalpopolare usato non è mica diretto all’uditorio retrò del giornale, ma a quello che in Abbado si identifica: ed infatti non ti sembra incongruente e strano che il giornale dei 'signori' contesti il prezzo dei biglietti? Ti pare possbile che chi spende un migliaio d'euro per una poltrona alla Scala o al San Carlo –scrivo da Napoli…- poi abbia a patire sul miserando portafoglio perchè spende... 5 Euro alla prova al pubblico di Abbado a Bologna o 10 euro per un posto di balconata la sera del concerto vero e proprio?

Se la calunnia è un venticello il “guarda che Claudio tuo è uguale a tutti: DANARO!” è l’argomantazione principe dell’articolo… La Moreni evidentemente si scaglia verso chi in quel Direttore vede l'uomo che su tutto mette la possibilità di servizio al... mondo (ciò che mi pare evidente) attraverso i mezzi che meglio di chiunque altro sa utilizzare, il fare musica. Non colpisce di certo chi

ascolta in un qualche cd, fruisce delle sue interpretazioni e fiat…

Ed è vero… in fondo Abbado ha solo lasciato la direzione di un’orchestrina da cafè chantant in un posto sperduto e pagato quattro soldi per andare ramengo in Europa a trovar mecenati per fondar orchestre… Ma come si chiamava quella simpatica banda tzigana? Ah, sì… Berliner Philharmoniker. Sconosciuti, eh?

Il mezzo usato (il commento all'organizzazione economica e non all’esecuzione) tende solo a svilire un personaggio che -rebis e non verbis- interviene in modo innovativo sulla scena non solo musicale ma anche sociale e politica. E non con

le 'discese in campo' ma facendo il suo mestiere. Parlando di reti televisive non

captabili in Italia, organizzando orchestre, manifestando disagio sull'organizzazione culturale del nostro paese. Abbado non si è presentato alle elezioni (guardando l'atteggiamento di assoluto undestatement che ha anche nei soli gesti di un concerto, ci si rende conto di quanto possa essere sideralmente lontano dalla politica italiana… ed anche quanto fastidio gli starà dando adesso l'insieme di commenti suscitati dal Sole), ma ciò che dice e fa CONTA.

Conta perché ha ha il potere dell'intelligenza, della ‘praxis’ (... e passatemi il termine marxiano...), della SERIETA' – qualità che, da palazzo Chigi alle redazioni dei tg a qualche giornale, pare manchi...-, del riconoscimento internazionale, grazie a capacità STRAORDINARIE di organizzazione musicale.

E noi, quando finalmente una delle sue creature nasce in Italia, lo accogliamo con i cannoni?

Quanto all’economia dell’operazione: la remuneratività del pagamento di 100.000 euro per un’orchestra di 45 persone diretta da Claudio Abbado è davvero inferiore (in termini di puro e semplice profitto, di ritorno sull’investimento, cui le pagine del giornale di Confindustria saranno pure adusi ad analizzare) ad un megaconcerto con la Symphonie der Tausend eseguito dalle Filarmoniche di Plovdiv e Krasnajarsk… possibilmente al congresso degli Stallieri di Macherio e con Apicella Direttore dei Cori di casa Putin? Non è che sia più redditizio il concerto bolognese?

Mi perdoni, signora Moreni, ma lei per caso ha seguito un master in economia domestica al Marchè au Pouces di Limoges (all’epoca musorgskijana probabilmente… l’economia domestica non era avanzatissima…) o forse su questioni di bilancio degli enti teatrali sarebbe il caso di lasciare il campo a persone più ferrate in tecniche aziendali? (Ricordo che Rossini poteva mettere in musica la lista della lavandaia… Non tutti possono avere la medesima abilità con tanta parva materia!).

Passami il ricordo di Totò (non sarò di Napoli per niente...), signora

Moreni... ma mi faccia il piacere!

Giuseppe Norma – Napoli


Sotto il segno di Cesare

Ma quante belle reazioni all'articolo della Moreni! Ma che vi credavate? La Moreni scrive per il Sole 24 Ore, giornale economico di Confindustria; quindi quale miglior pulpito per mettere in risalto alcune verità inconfutabili come il caro-biglietti alle rappresentazioni di Abbado? L'aspetto economico deve giustamente essere messo in risalto da un giornale economico; che poi sulla parte critico musicale si possa o no essere d'accordo dipende dai gusti. Dice:"...l'ouverture delle Nozze di Figaro frizzante e secca chiosata come una miniatura." Noiosa come una predica in una chiesa di provincia. Il concerto K427 di do maggiore, al pianoforte Murray Perahia: "...sicuramente pianista originale..." : che non trasmettere la minima emozione e fa rimpiangere troppo il troppo recentemente udito Pollini. Questo così, tanto per metterla in chiacchere sul già letto. Come? Dite che la Moreni ogni volta che c'è un programma abbadiano o l'ignora o trova l'argomento per colorare con un po' di livore lo scritto? Ma che volete, in ogni aspetto dell'arte e della sua critica c'è sempre un aspetto personale, una nota forse rosa che con il passare del tempo, magari, cambia colore. E poi ripeto, il Sole non è giornale "contro", ma a favore di un potere che più si consolida (qualsiasi potere) meglio è.

Ma il punto non è questo, purtroppo. C'è qualcosa in ballo di molto più importante, grave, che non un esasperato dualismo che ha caratterizzato la nostra storia facendo di ogni personaggio, circostanza o squadra argomento buono per ogni bar.

Si tratta della limitazione culturale e del conseguente degrado del nostro paese trasformato in fiction land e nel quale conta più il gradimento della pluralità che non la qualità proposta. E Milano, che forse è più vicina al concetto di qualità, più portata alla critica e all'autocritica di qualsiasi altra città, sarebbe il terreno più fertile, anzi è il terreno più fertile di qualsiasi altro per far germogliare il seme dell'arte, di qualunque arte. Di quella cosa cioè dalla quale poi parte - riparte - tutto, secondo un pensiero che è di Abbado ma sappiamo condiviso. Da sempre. Evitarla, lasciare che le intelligenze di Milano si dedichino alla moda e i giovani all'happy hour, non stimolare, incentivare, provocare è di per se un delitto che non impedisce la realizzazione di grandi rappresentazioni, grandi successi, grandi iniziative (seguiti dalle solite facce direbbe la solita Moreni) delle quali si può parlare male, o bene, benissimo e con toni esaltanti. Cirque du Soleil che quando leva le tende non lascia nulla. Nulla a che vedere con le discussioni, gli incontri, le serate sotto i portici a discutere, sia pure con qualcuno apparentemente in cimbali, elargitore di qualche profonda e a un tempo...eterea considerazione. Sì perché Milano è stata questa e questa è la scommessa: lo è ancora? Ha ancora in sé la capacità germinativa necessaria? Oppure dovremo rassegnarci a fruibilissimi Campari rinunciando a più rare soddisfazioni? A continuare nell'itinerario che sembra la lettura di un capostazione: Reggio, Bologna, Ferrara si scendeee... Dice il lettore Antonio Augusto che dovremmo rispettare il mestiere di Carla Moreni, forse voleva dire un'altra cosa. Forse, chi per mestiere fa quello (...quello), non dovrebbe esimersi da queste considerazioni e, se corrette, lavorare per correggere, a tutela del suo stesso mestiere ché altrimenti la cultura, in assenza di terreno di coltura va a farsi benedire e con essa anche chi ci lavora attorno. E noi con lei.


Pino Tatarella - Milano

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