|
Gentile Signora Attilia Giuliani, Molti cordiali saluti. La risposta di Attilia Giuliani Caro prof. Rizzoli, Ho deciso di premettere una breve presentazione di me stessa: ho 54 anni, sposata da quasi 30, due figli, un maschio, ingegnere meccanico (28 anni) e una femmina, 25 anni, laureanda (fra una settimana) in architettura. Sono professore associato di Chimica Biologica presso la facoltà di Medicina di Milano. Oltre alla musica mi appassiona lo sport (ne pratico vari, l'ultima passione è la corsa su lunga distanza; dal 2000 ho collezionato 10 maratone, fra cui 2 Venice Marathon, la trovo assolutamente unica, gli ultimi due chilometri in Venezia ripagano della fatica!). E ora vengo alla lettera: Il mio testo non era affatto in difesa di Claudio Abbado - e mi sembrava di averlo anche detto - ma in difesa semmai dei sentimenti di tanti nostri soci che condividono il mio entusiasmo, e la mia, a volte inopportuna irruenza. Ma ammesso questo, non mi sembra proprio di essermi sdelinquita; ho riletto il testo e mi sembra sufficientemente leggero per non essere accusata di fanatismo alla Elvis (the pelvis!) E riguardo a questo posso assicurarle che non cado affatto in certi pericolosi "transfer" di cui Lei deve per professione essere espertissimo, tipo essere "innamorata" del "divino Claudio" al punto di non saper distinguere più nulla e partire lancia in resta quando penso che venga offeso. Ho una vita piena di relazioni e affetti normali ed equilibrati, (non aggiungo altro, ma a voce potrei fornire altre precisazioni!) nonostante la dichiarata passione per Claudio Abbado! E inoltre, e questo ci tengo al massimo a precisarlo, sono dotata di sufficiente senso dell'ironia e dell'autoironia per non cadere nel patetico. Quanto al valore e alla professionalità della Moreni, non la metto in dubbio e non cercavo certo di gareggiare con lei in bravura (del resto, se fossi stata brava come lei, forse avrei fatto la giornalista e non la biochimica e in ogni caso a lei è richiesto più che a me di saper scrivere, non le pare? In più, aggiungo, la Moreni ha avuto 5 buoni giorni per scrivere l'articolo, mentre io l'ho scritto di getto la sera di domenica, mentre dovevo anche preparare la lezione dell'indomani, per fare la quale vengo pagata). Quindi massimo rispetto e ammirazione per il lavoro della Moreni, che ha costruito un articolo capolavoro, a partire dal titolo; me ne sono resa conto subito e, scusi, ma lei che è psichiatra, dovrebbe pure essersi accorto che l'avevo ammirato (ho fatto persino finta nel mio testo di essermi ingenuamente sbagliata nell'interpretarlo!). E poi il confronto non ha senso: io non pretendo certo di scrivere sul Sole-24 ore con migliaia di lettori, o sbaglio? E viceversa non mi salta in testa di sfidare la Moreni in una lezione sul ciclo di Krebs agli studenti di Medicina per vedere chi è più brava!!! Però, fatta salva l'ammirazione per l'ingegno, la cultura e il mestiere della Moreni, resta il fatto che ha volutamente travisato la realtà e ha proposto alla riflessione il problema del costo dell'accesso alla cultura in maniera falsa, prendendo spunto, guarda caso, da questo concerto, che aveva a disposizione dei posti a 10 euro, mentre poteva fare le stesse considerazioni, ad esempio, sui prezzi dei biglietti per la prima della Scala (2200 euro una poltrona!); l'altro punto di cui parla in modo fuorviante è il costo dell'operazione, proposto al lettore come se i 100.000 euro di spesa fossero stati divisi fra gli orchestrali coinvolti come cachet personale; invece si tratta del costo dell'operazione, che teneva conto delle spese di viaggio, soggiorno (per più di una settimana: oltre alle prove e al concerto alcuni di loro hanno dato dei concerti da camera) e infine del compenso vero e proprio. Mi spiace di essere stata un po' prolissa, del resto non sono la Moreni; quanto a conoscerci ne sarei ben lieta, anche se, con quel pizzico di malizia che tutte le donne hanno, non ho un'idea precisa dell'impatto che potrei avere e dell'eventuale delusione che potrei provocarLe... (sempre rispetto alla Moreni, intendo!!!!). A presto! Attilia Altre lettere di indignazione, rivolte sia ad Attilia Giuliani, sia alla redazione del Sole 24 Ore, sia a Carla Moreni He dudado antes de escribirte este mensaje si hacerlo en inglés, quizá más fácil de entender. Al final, la "falta de vocabulario" para "controlar" mi indignación ha conseguido que el castellano fuera elegido ... Espero que al menos algo pueda transmitir. nsaje no tiene mucho sentido. Pero mientras lo escríbía, he tenido que contener la rabia e intentar, como decimos aquí "no ponerme a la altura de algunos reptiles". Cristina. Spettabile redazione, Egregio Direttore, ho sentito il bisogno di scrivere due righe in merito all'articolo in oggetto. Lo faccio con dispiacere anche perché spesso in passato ho condiviso i pareri espressi dalla signora Moreni ( a tal proposito mi viene in mente l'articolo sacrosanto sulla performance di Cecilia Bartoli!) Come bolognese presente al concerto mi sento di correggere alcune errate informazioni riportate nel suddetto articolo. 1) il biglietto più caro costava 75 Euro , ma i meno costosi 25 Euro e 10 Euro. Ricordo poi che la generale era aperta al pubblico per la modica cifra di 5 Euro. 2) il costo del concerto era in larga parte coperto dal sostegno di privati 3)il costo dell'orchestra è dell'ordine di grandezza di quello di altre compagini orchestrali a quanto mi risulta(Rai, Santa Cecilia, Filarmonica della Scala) con l'unica differenza che la Mahler non gode del sostegno di un'istituzione pubblica e il suo costo per i concerti per forza di cose deve coprire anche le spese di vitto e alloggio per i giorni delle prove. Mi consenta poi alcune considerazioni: -sarebbe ora che ci si dicesse con chiarezza che la cultura ha un costo. Come appassionati, come fruitori, come addetti ai lavori dobbiamo adoperarci affinché diventi opinione comune e diffusa che vale la pena spendere in cultura -anche nella musica esistono le tanto sbandierate (come se fossero una panacea, fonte di giustizia e di ogni positività) regole di mercato. Ricordo alla Signora Moreni che negli anni settanta quando ho cominciato a frequentare i teatri d'opera e le sale da concerto per andare a sentire Karajan a Salisburgo il costo del biglietto era veramente esorbitante e a questo si doveva aggiungere la permanenza a Salisburgo che non è propriamente una città a buon mercato. Sono però felice di avere investito i miei soldi in questa esperienza di ascolto di un artista di quel livello come oggi sono contenta di spenderli in un concerto di Abbado. Sono soldi ben spesi. -fa poi tristezza che si attacchi un artista come Claudio Abbado che ha dato tanto all'Italia e alla cultura con il suo entusiasmo e la sua capacità di coagulare energie intellettuali e risorse materiali ( a tal proposito si veda gli interventi di Claudio Magris e Bruno Ganz nel libro "Caro Claudio" venduto al concerto e presentato in Comune a Bologna il giorno dopo). L'Italia con la sua piccineria, il suo provincialismo, il suo campanilismo è veramente poco generosa con i suoi figli migliori! Non così sarebbe in Francia! Da innamorata del mio paese me ne dolgo. -articoli di questo genere, che dovrebbero essere recensioni ad un concerto, mi confermano del penoso stato della critica musicale in Italia (come si fa a recensire questo concerto senza fare un accenno alla splendida esecuzione del bis di Mendelssohn? non voglio esprimere le velenose illazioni che leggendo l'articolo ho partorito anche perché voglio credere nella buona fede di chi l'ha scritto). Come sono lontani i tempi in cui andavo alla Scala e ritornata a Bologna aspettavo nelle edicole notturne le prime recensioni alle serate e il giorno successivo comperavo 5 o 6 giornali per leggere le critiche! Abbado, la nuova formazione orchestrale nel nome dell'amatissimo Mozart, gli organizzatori di questo progetto si difenderanno sicuramente con i fatti da queste critiche ingenerose e pregiudiziali, io per parte mia vi ringrazio dell'attenzione e per avere avuto l'opportunità di esprimere il mio dispiacere per l'articolo apparso nel vostro bellissimo inserto domenicale Giovanna Gatta
scrivo in merito all'articolo del vostro critico musicale di domenica scorsa: benissimo e doveroso parlare di soldi, la cultura costa, impone delle scelte, e così via; ma bisogna farlo bene. Un piccolo esempio per spiegarmi meglio: quando pago 19 euro il biglietto alla Sagra Musicale malatestiana per ascoltare l'orchestra della Scala diretta da Chung (bellissimo concerto!), NON pago solo 19 euro: come contribuente finanzio sia l'istituzione Scala sia la Regione Emilia Romagna che (giustamente) finanzia la manifestazione riminese. Lo stesso quando prendo un biglietto agli Arcimboldi, al Teatro Comunale di Bologna, e così via: con le mie tasse contribuisco alla vita di queste istituzioni culturali e in più pago il biglietto d'ingresso. Vorrei sottolineare come la musica "sovvenzionata" in Italia sia più cara e più inaccessibile del resto d'Europa, ma questo aprirebbe altri discorsi. Se si vuole parlare di soldi, penso che si dovrebbe cominciare dalla farsa delle Fondazioni private che hanno sostituito le vecchie istituzioni: come si fanno a definire private fondazioni che senza il finanziamento pubblico chiuderebbero subito? Non è un uso PRIVATO di denaro PUBBLICO? (Il Metropolitan è privato, e non riceve finanziamenti pubblici). Inoltre, non mi sembra che la privatizzazione abbia portato lo sperato rigore "finanziario" che ci si aspettava: quale azienda ha due manager con la stessa funzione? Il riferimento è ovviamente al caso Meli (che ha lasciato milioni di debiti a Cagliari!). E che dire dei nostri teatri storici dati in affitto per manifestazioni che nulla hanno a che vedere con la musica? In breve: doveroso parlare di soldi, ma bisogna farlo con rigore e non in maniera rapsodica. Cordiali saluti Francesca Cavassini sono una delle solite facce che si vede ai concerti di Abbado nonché una quasi assidua lettrice del Sole 24 Ore della Domenica! Prima di scriverle, ci ho pensato un poco, perché lei è ritenuta uno dei critici musicali più autorevoli del nostro paese e quindi ho pensato che il suo mestiere lo sa fare e in modo qualificato. E probabilmente ha avuto le sue ragioni nello scrivere quell’articolo. Mi sono detta che probabilmente la mia è un impressione errata, quindi ho riletto più di una volta il suo scritto per avere, invece, la conferma della mia prima impressione. Il tono dell’intero articolo di domenica 3 ottobre è oltremodo offensivo, a cominciare dal titolo, nei confronti di Claudio Abbado, come persona e non come musicista! Invero nell'ultima colonna utilizza termini entusiastici! La sua aggressione inizia con il prezzo dei biglietti, riferendosi alle cifre per coppia di biglietti, quando i teatri vendono i biglietti singolarmente, e unicamente ai posti di platea, quando i teatri dispongono di altre categorie di prezzi (tra i 20 e i 40 euro si trovano biglietti in qualsiasi teatro sia per l’opera che i concerti. L’invettiva continua con il presunto costo del concerto… non citando però fra virgolette le parole di Badini, il quale in ogni caso mi pareva più che soddisfatto della spesa sostenuta. Dalle sue righe emergerebbe,altresì, che Claudio Abbado è una sorta di business man che al di là dei proclami pensa al profitto. Forse la sicurezza, la serietà e la moralità che il nome di Claudio Abbado inspira può attirare investitori su certi progetti piuttosto che su altri. Una proposta culturale può catalizzare capitali, ma difficilmente produce profitti almeno nel breve periodo. Ci sono sicuramente un ritorno d’immagine nonché degli sgravi fiscali per chi investe in cultura. Diversamente non vi sarebbe motivo per cui una fondazione bancaria dovrebbe prendersi la briga di restaurare un monumento, sponsorizzare un concerto o una mostra d’arte. La ringrazio per l’attenzione Antonella Perini L’arte del criticare ed essere criticati Criticare sta alla base dell’intelletto umano come coscienza di una mente libera e sensibile nell’affrontare ogni giorno la realtà che ci circonda. Critici lo si può nascere o diventare, dipende da quale ottica ci si pone nel “giudicare” più o meno obiettivamente azioni, pensieri, fatti e circostanze che implicitamente, direttamente o non ci possono coinvolgere. Arrivo al punto: mi sento più che coinvolto nella diatriba in corso scaturita dopo la critica-recensione nonché polemica pubblicata sul Domenicale del Sole 24 Ore a firma di Carla Moreni sul “Caro” Abbado. Perché coinvolto? Semplice. Seguo da vicino il mondo della musica, quella universale che non fa distinzione tra autore e autore, musicista e musicista, direttore e direttore. Lo faccio per diletto lo faccio per professione. Ai concerti di Claudio Abbado cerco di esserci sempre, compatibilmente con impegni di lavoro, costi e disponibilità di biglietti (come condivido ciò che dice Alessandro Di Gloria: ne so qualcosa), ma non mi accontento di tutto ciò (basterebbe comunque), frequento sale da concerti, teatri, negozi di musica e quant’altro diffonde cultura e buona musica. Ne so qualcosa di prezzi esorbitanti, cachet, budget, bagarini, spese, visto che me ne occupo per lavoro, sono curioso di natura, ho gestito l’organizzazione di eventi musicali. Concordo spesso con i critici quando leggo cose sensate, discordo altre volte quando mi giunge il sospetto di giudizi malevoli malcelati da presunte ragioni e posizioni super partes. Trovare in Italia opinioni a mezzo stampa al di sopra di ogni “sospetto” francamente credo sia impossibile. Esistono solo poche firme nel giornalismo che ritengo esenti da opinioni e idee pregiudiziali. Nella faccenda “Caro” Abbado ritengo quindi che ci siano alcune considerazioni per nulla equilibrate e confacenti ad un’analisi che comprenda in modo esaustivo il problema affrontato. Primo: la questione del “caro” biglietto (uso il virgolettato apposta convinto della doppiezza del significato. A qualcuno può apparire caro, ad altri no), 75 euro il costo di una poltrona in platea può apparire esoso, e non sarò io a sconfermarlo. Dico solo che esistono altre fasce di prezzo e i 10 euro nelle balconate non è dichiarare il falso. Io personalmente avevo in mano un biglietto a 20 euro. 75 euro sono troppi per un concerto Abbado Mahler Chamber? I 55 di platea al Comunale di Firenze per il concerto Muti-Filarmonica della Scala cosa rappresentano? Sfoglio tutti i giorni programmi e stagioni sinfoniche e liriche e relativi costi. Una media tra i 50 e i gli 80 euro per concerto, parlando solo di platea, ma per fortuna dei veri intenditori, esistono anche le gallerie, le balconate, i luoghi dove ascoltare bene, godere dell’acustica e rinunciare al “farsi vedere per dire che c’ero anche io” nel salotto buono di una platea tutta agghindata a festa. Uno vuole andarci a tutti i costi in prima fila? Bene che paghi ciò che bisogna pagare”. Conosco molti appassionati che cercano angoli nascosti e sperduti in cima a qualche balconata, magari senza visuale, ma con il piacere di percepire ogni minuscolo frammento del suono. A leggere certe critiche sembra che il popolo sia costretto a restare fuori dalle sale. Non è così. Se qualcuno resta fuori a volte è perché spesso i biglietti sono stati già venduti a chi magari all’ultimo momento non si presenta, o peggio dato in omaggio. Abitudine che in Italia stenta a scomparire. L’istituto del regalare come atto dovuto i biglietti ai soliti presenzialisti più o meno vip, attratti dalla mondanità della prima, a cui personalmente lascio volentieri il posto, preferendo assistere ad una replica molto più matura e profonda nella qualità artistica, non morirà mai purtroppo. Che sia cara la cultura forse è un’affermazione generica e superficiale, ma certamente la questione va posta in termini più seri e analitici. Il cd di musica classica o pop non è caro? Perché non cominciare a parlare anche della politica dei prezzi della case discografiche che impongono costi esorbitanti? Un cd resta per tutta la vita, il concerto lo senti una volta sola mi si potrebbe obiettare. Ho nella memoria visiva e uditiva ricordi di sinfonie o opere liriche che resteranno indelebili a vita. Non c’è paragone a riguardo. Il paragone invece lo vorrei fare quando leggo certe affermazioni dal sapore un tantino acido e carico di livore ingiustificato. Anche in chi difende la persona in questione autrice dell’articolo, di cui spesso mi trovo in piena condivisione nei giudizi, a volte no. Mi sorprende l’autore della risposta all’editoriale della presidente del Cai Attilia Giuliani. Sono il primo a sostenere che idolatrare un direttore d’orchestra o un qualunque artista è cosa da inetti e stolti, per non usare termini più appropriati, ma allo stesso tempo “divinizzare” quanto scritto dall’autrice dell’articolo del Sole 24 Ore come se fosse oro colato, e allo stesso tempo sconfessare il giudizio opposto a chi “ha commesso il peccato” di criticare quanto letto, francamente mi fa provare un po’ di compatimento per il “difensore d’ufficio”. Se si vuole contestare allora lo si faccia con mezzi e argomentazioni valide. Il dire è brava, buona e bella (scusate se uso il sarcasmo) e quindi “giusta” lasciamolo ai commentatori televisivi di futili e inutili talk show. L’editoriale argomentava con serietà e lucida analisi una posizione diametralmente opposta a quella sostenuta dalla giornalista. Qui non si vuole sostenere le ragioni di una rispetto all’altra, si cerca solo di affermare il principio che è legittimo criticare ma solo portando prove alla propria tesi. Quando invece al lettore gli si da solo una parziale verità dei fatti allora, secondo il mio parere personale, si commette un’irregolarità. Criticare è facile ma essere criticati non piace a nessuno. Se io critico ritengo corretto che mi si muovano delle critiche. Quelli che non sopporto sono i criticoni a cui nulla importa se non fomentare astio, rivalità, mossi da supponenza di chi crede di saperne più degli altri. Io non ne so più degli altri e cerco sempre di conoscere chi ne sa più di me. Anche in chi non lo fa per mestiere. Sono uno che si considera appartenente “i soliti volti noti” come se fosse un peccato amare la musica e seguirla con amore e costanza. Qualcuno se le ricorda le file notturne alla Scala di Milano per arrivare al loggione e stare in piedi per cinque ore? Dove erano certi critici criticoni a quel tempo? Roberto Rinaldi Cari amici, scusatemi se non ho reagito in tempo all'articolo di Carla Moreni, ma ho smesso da tempo di leggere i suoi pezzi, via di mezzo tra la recensione, il pettegolezzo e divagazioni extra-musicali. Tra lei e Isotta, la critica musicale sui maggiori quotidiani milanesi è scesa a livelli mai visti e quindi mi limito a scorrere i pezzettini di Girardi e quelli di Foletto e della Bentivoglio su Repubblica, oltre ai rari interventi di Zurletti e Villatico. Riprendo l'argomento solo per fare una domanda: avete notato il sovrano disinteresse, con cui durante l'estate la stampa italiana ha trattato i maggiori Festival musicali europei, compresi i pochisssimi italiani? I critici erano in ferie o costa troppo mandarli a sentire le cose importanti? Devo dire che Radiotre nel mese di agosto un certo impegno ce l'ha messo e, se ha fattto qualche buco, lo si deve probabilmente alla spilorceria della gestione RAI quando c'è di mezzo la radio e la cultura. Forse mi sbaglio. Sarei curioso di saprere che impressione avete avuto voi. Cari saluti. Bacca.
|
|