Per concludere una settimana memorabile per tutti melomani...



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Claudio Abbado a Roma

Per concludere....

La Stampa, 17 febbraio

Vedere il programma completo previsto dalla RAI:
Speciale Abbado Festival

Sabato 17 Febbraio 2001

Santa Cecilia:
Luciano Berio ha vinto la sfida, ma nella capitale ora si torna alla routine

Abbado & Beethoven La festa è già finita

Sandro Capelletto
ROMA La festa è finita, ma l'ultima sera nessuno voleva andarsene dall'Auditorium di Santa Cecilia, così colmo, così felice. Una settimana che resta nella memoria, suscitando energie. Confermando che il potere della musica come veicolo sociale, di conoscenza e di passione è intatto. Claudio Abbado e i Filarmonici di Berlino sono già a Vienna, dove questa sera ricominciano l'impresa: le Sinfonie e i Concerti per pianoforte di Beethoven concentrati in sei serate. Per loro sarà magari routine, per noi purtroppo no.
BEETHOVEN : sta benissimo. Gli inviti a non eseguirlo, perché sarebbe ormai logorato dal troppo consumo, cadono nel vuoto. La sua musica entusiasma, perfino dolorosamente. Appartiene ad un'età dell'uomo europeo in cui il poeta Friedrich Schiller poteva scrivere versi come «Gioia, bella scintilla degli dei... - Abbracciatevi, moltitudini!/ E questo bacio vada al mondo intero! Fratelli...», e trovare un compositore visionario pronto a vestirli di suoni. Due secoli - e molte modificazioni «genetiche» - dopo, questi ideali perduti continuano a vivere in qualche anfratto irraggiungibile, ma vigile, della memoria. E Beethoven sta ancora meglio quando si toglie al suo sinfonismo la pesante ingessatura dell'eccesso, per riscoprirlo più essenziale e insieme più complesso. Complesso e popolare: bel paradosso in una società, la nostra, che giudica spesso le due qualità inconciliabili. A pensare così, evidentemente, si fa prima, senza crearsi troppi problemi.
ABBADO : una testimonianza di forza morale e di ritrovata energia fisica. Una fatica che ha fatto innamorare il pubblico: centinaia i messaggi per lui arrivati alla segreteria telefonica di Radio Tre e raccolti in un compact-disc che gli è stato donato giovedì sera. La conferma, ad altissimo livello, che il ruolo dell'interprete-creatore è ancora attuale e possibile anche in un repertorio stranoto come Beethoven. Ma è vero: «C'è sempre - ha detto il direttore - qualcosa di nuovo da scoprire». Un secolo di vita del disco, della possibilità del confronto tra tanti esecutori, non ha scalfito il fascino dell'esecuzione dal vivo: Beethoven, l'orchestra e il pubblico a tu per tu, sera dopo sera. Già, l'orchestra: la Germania ha i Berliner, noi - ancora? - no.
ACCADEMIA DI SANTA CECILIA : quando ha capito che Parigi rinunciava al «Beethoven Festival», si è tuffata sulla preda e l'ha agguantata. Strada facendo ha trovato anche risorse economiche straordinarie. La distratta Roma, dove altre importanti istituzioni musicali si affannano a implorare dallo Stato Pantalone finanziamenti speciali per chiudere il bilancio in pareggio, è capace di questi salti di qualità, produttivi e ideativi. Due modi opposti di fare politica culturale, la dimostrazione che quando c'è un progetto i conti, anche i più azzardati, tornano sempre, soprattutto in una capitale. Un successo per Luciano Berio, eletto Presidente dell'Accademia nel settembre 2000 al termine di una lunga e avvelenata battaglia elettorale. Sull'onda dell'entusiasmo si sbilancia: «In Italia siamo i migliori».
MUSICA, MINISTRO! : Abbado, Accardo, Farulli, Pollini sono i primi firmatari di un documento di protesta indirizzato al Ministro della Pubblica Istruzione Tullio De Mauro. La riforma della scuola non parla chiaro a proposito della presenza della musica. La si vuole insegnare davvero o ridurla ad esperienza «emotiva»? «La musica deve ormai essere materia obbligatoria nelle scuole e come in tutti gli apprendimenti va stabilito un piano che sappia coniugare teoria, tecniche, chiavi di lettura», scrivono i nostri musicisti, preoccupati anche della scarsa chiarezza riguardo agli insegnanti: come accertare le loro competenze? La situazione dell'insegnamento musicale è totalmente schizofrenica: i Conservatori diventeranno scuole di «alta formazione» e accetteranno solo ragazzi in possesso di un diploma superiore. Ma prima, dove, come studieranno?



La Repubblica, 16 febbraio

Pollini esemplare
Argerich spavalda
Mercoledì si era concluso il ciclo dei Concerti

Michelangelo Zurletti

ROMA - Mentre la spettacolare maratona beethoveniana si è chiusa ieri sera con la Nona Sinfonia, mercoledì si è concluso il ciclo dei Concerti pianistici, ed è toccato a Maurizio Pollini il compito di completarlo, col Quinto Concerto «L'imperatore». Quante volte abbiamo visto Pollini e Abbado in concerto, quante volte li abbiamo ascoltati in disco, quante volte li abbiamo ammirati nel Quinto Concerto. Questa è stata una volta in più, e naturalmente diversa dalle altre. È stato prescelto un clima eroico e solenne, subito colto e subito eletto come idea guida dell'intera esecuzione, appena offuscato dal dolente movimento lento. Un procedere sicuro, trionfalistico, che non conosce indugi né dubbi, che non consente di prendere fiato, neppure dove lo desidereremmo e dove siamo abituati a prenderlo, vuoi per tradizione, vuoi per nostra necessità. Non siamo sicuri che questo sia il modo ideale per presentare quel capolavoro ma intanto ammiriamo un implacabile lavoro d'insieme. La concezione sinfonica che domina l'esecuzione di Pollini/Abbado svela l'interrelazione tra le parti nei più minuti particolari.
L'equilibrio tra pianista e orchestra è esemplare: il pianoforte ha il privilegio del protagonista ma anche l'umiltà dell'accompagnatore e realizza i due compiti con orgoglio, perfino con acribia ma anche con assoluta coerenza; vediamo ogni volta che ha ragione.
La carrellata dei concerti ha portato, come più o meno si sarà capito dalle precedenti note su questa pagina, altri due esiti altissimi: quello di Martha Argerich col Secondo Concerto e quello di Evgenij Kissin col Terzo. La Argerich è stata magnifica nella spavalderia, nella gioiosa sicurezza, perfino nell'umorismo con cui ha affrontato il bellissimo (e poco eseguito) Concerto, esibendo un bellissimo suono e una tecnica smagliante: intendendo per tecnica non la precisione delle note (il Secondo Concerto non è sotto questo aspetto molto difficile) ma la precisione più il suono giusto: che è ben altra cosa. E Kissin, pur volgendo il clima del Terzo Concerto in zone intimistiche e crepuscolari (ove possibile), trattandosi di opera che ha anche una sua perentorietà inevitabile, ha dato una bellissima prova di superiore pianismo.
Meno attraente è stato il Quarto Concerto, per via di un Alfred Brendel indeciso sulla strada da seguire e di conseguenza un po' demotivato. È stata un'esecuzione con momenti bellissimi e altri tirati via senza neppure la preoccupazione di evitare incidenti. Di grande impatto, naturalmente, trattandosi di un grande pianista, ma non così sottile come ci si aspettava. C'è stato anche Gianluca Cascioli alle prese col Primo Concerto, ma ne parleremo quando avrà deciso cosa farà da grande, se diventare un pianista serio, e ha tutte le qualità per diventarlo, o restare il bambino talentato e antipatico (nel modo di suonare) che pensa di poter fare quello che gli pare, perfino di spappolare il discorso.

L'emozione della Nona
Abbado chiude in trionfo
Roma, 20 minuti di applausi all?ultimo concerto della maratona Beethoven

Leonetta Bentivoglio

ROMA -Più che un applauso è un boato, un'esplosione, un'ovazione che sembra far tremare i muri: tappa finale del grandioso viaggio Beethoven offerto dai Berliner Philharmoniker e da Abbado all'Auditorio di Santa Cecilia.
Ieri sera la Nona Sinfonia (solisti Luba Orgonasova, Larisa Djadkova, Rainer Trost, Albert Dohmen, con il coro di Santa Cecilia diretto da Filippo Maria Bressan) ha concluso il ciclo beethoveniano clamoroso e serrato che per una settimana ha premiato Roma di un evento musicale unico e probabilmente destinato a restare memorabile.
Oltre venti minuti di applausi alla fine del concerto hanno salutato il maestro e la sua orchestra. Grida scatenate di "bravo" e battimani ritmati, fortissimi, "alla francese", del tutto inconsueti per Roma, in arrivo da una platea in cui figuravano Pollini, Giovanna Melandri (che è stata la prima a scattare in piedi, alla fine), altri ministri come Bianco, Visco, Nesi, Maccanico, Bassanini. E ancora Benigni, spettatore quasi immancabile in queste serate, sempre con Nicoletta Braschi. E Nanni Moretti, il fedelissimo Cofferati (ha seguito l?intero ciclo), Violante, Susanna Agnelli, Romiti, Veltroni.
Due le uscite di Abbado da solo, sulla scena vuota, con il pubblico incalzante e commosso, che premeva sotto il palco applaudendo con le braccia in alto. Il maestro ringrazia ridente, con gli occhi che brillano e una mano sul cuore. Da domani, con la sua formidabile orchestra, sarà a Vienna, per ripetere l'intero ciclo al Musikverein