LA CRONACA
 DEL WANDERER
N°65

Abbadiani all'avventura
In Pullmann verso Budapest

Roberto Rinaldi

ABBADIANI ALL’AVVENTURA

È risaputo che un abbadiano itinerante ha nel suo Dna costituito da impeto, passione e amore per la musica, la necessità, o meglio il dovere, di affrontare a qualunque costo con ogni mezzo di locomozione, il viaggio che lo porti verso l’agognata meta: un concerto del suo preferito direttore d’orchestra. Nulla di strano con i tempi che corrono; esistono aerei e treni che in un battibaleno ti conducono a destinazione, rilassati, eccitati, e desiderosi di farsi cullare dalle note di qualche sinfonia magistralmente interpretata dal Maestro. Quando ad un abbadiano, però, gli viene in mente di “sacrificarsi” per apprezzare maggiormente la sospirata bacchetta che si libra nell’aria, ecco che le cose si complicano. Com’è capitato ai due abbadiani, uno del nord, l’altro del sud che rispondono al nome di Roberto e Alessandro. Non paghi di essere stati contagiati dall’ebbrezza musicale vissuta in quel di Bolzano, la sera del debutto della tournée primaverile della Gmjo, i due si sono intestarditi che valeva la pena affrontare un lungo viaggio verso Budapest. Voi direte, che c’è di strano? Tanti abbadiani sono corsi in giro per il mondo. Nulla, se i due avessero preferito un mezzo di trasporto comodo e veloce. Invece no! I due hanno pensato bene di salire su un pullman che fa la spola da Genova a Budapest, passando per Verona, Venezia, Tarvisio, Klagenfurt e via dicendo. 13 ore di viaggio. Ad Alessandro viene in mente che il pullman in partenza il giorno prima del concerto, garantisca un intervallo sufficiente per arrivare a Budapest in tempo utile per il concerto, e non ultimo il pensiero di poter risparmiare qualche euro sulle spese di trasferta, che fino a prova contraria, nessuno può detrarre dalle tasse. Non esiste una voce: spese rimborsabile per trasferte abbadiane. Fatto sta che Roberto e Alessandro salgono, con un certo grado d’apprensione che si manifesta sul marciapiede del piazzale di partenza, alle cinque in punto del pomeriggio. I due si guardano in faccia come per dirsi: ”Ma che cosa c’è venuto in mente? Ma un comodo treno notturno a noi faceva schifo?”. Saliti, ecco che ogni barlume d’ipotetico ottimismo svanisce nel nulla. A bordo vi stanno da ore (forse da giorni da quanto si può notare) uomini serbi, croati, o d’altra nazionalità non meglio identificata, in completa balia dell’alcool scolato direttamente dalla bottiglia. Roberto chiede ad Alessandro se per caso ha il lettore cd, nel tentativo in extremis di isolarsi per mezzo della musica (di Abbado naturalmente). La risposta è no. Nella parte retrostante ai due malcapitati, un manipolo di badanti ungheresi, di ritorno in patria dopo aver accudito i figli di qualche ricca e borghese coppia italiana. Donne cariche di valigie e borse contenenti ogni genere di mercanzia e cianfrusaglie da rivendere in qualche bancarella di paese. Sembrava di tornare dal mercato. In mezzo a questa variegata combriccola di passeggeri, una donna che se Fellini fosse ancora in vita l’avrebbe scritturata immediatamente per un remake della Dolce Vita. Più assurda di così non si poteva trovare. 13 ore di viaggio di notte con la luna piena, che per magra consolazione dei due, permetteva loro di guardare fuori dal finestrino. Per quanto riguarda invece i sensi dell’olfatto, l’odore di salame (ungherese) e di frittata alle cipolle, lasciava molto a desiderare. A completare il tutto, l’autista decide di trasmettere un bel film allegro: peccato che fosse in lingua ungherese. Ogni tentativo di riuscire a dormire è stato vano, e quando stremati dalla fatica, le palpebre cedevano, ecco la brillante idea (sempre dell’autista) di fare una sosta alle due e mezza della mattina, in un’improbabile area di servizio con ristoro, in mezzo alle campagne gelate di non so quale paese attraversato. Tutti giù dal pullman per fumare. La domanda era sempre una: “Ma a Budapest arriveremo prima o poi?”. Sì, i due, in effetti, alla fine sono arrivati ma alle cinque e quaranta della mattina. Che fare a quel punto? Dormire sulle panchine del terminal bus? Mendicare un letto nell’ostello degli studenti, a prezzi modici? Fare la fila davanti alla sala del concerto per poter assistere alle prove? Indovinate un po’ per quale delle tre scelte hanno optato i due. La risposta è facile per chi è abbadiano.




































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