ABBADO NELLA STAMPA La Stampa 4 aprile 2004
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La Repubblica(1) Corriere dell'Alto Adige(1) Corriere della Sera(1) La Stampa Wanderer 63 (Concerto di Bolzano)
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Struggente interpretazione della Nona di Mahler Giorgio Pestelli Gli applausi che saltano addosso all'ultima nota manifestano certamente la soddisfazione del pubblico; ma molto di più ne significa la partecipazione profonda il silenzio di un minuto e passa, quasi timoroso di sciupare un tesoro, prima di liberare il più fragoroso entusiasmo:come è successo al Palasport dopo che Cluadio Abbado ha accompagnato alla conclusione, o meglio al suo svanire, la Nona Sinfonia di Mahler.E' incominciata così la tournée di Pasqua della Gustav Mahler Jugendorchester che in una decina di giorni porterà questo straordinario complesso di ventenni a Budapest, Bratislava, San Pietroburgo, Reggio Emilia, Trieste e infine al Parco della Musica di Roma il 14 aprile;dentro la struttura del Palasport di Bolzano l'intelaiatura di pannelli di legno produce un'acustica si primo piano, che nella sua evidenza permette quella gradualità di colori, tinte e mezze tinte, che quasi mai è dato sentire e che è l'altro aspetto, interno e segreto, del gigantismo sinfonico di Mahler; è anche raro vedere un'orchestra che come questa penda letteralmente dal gesto del suo direttore: gli elementi sono numerosissimi, eppure sembrano rispondere uno per uno alle indicazioni di Abbado, al quale non mancano, mentre suonano, di mandare sorrisi di assenso e complicità. Nel concerto inaugurale, prima della Nona Sinfonia, Abbado ha diretto, sempre di Mahler, l'ultimo brano, "Addio", da "Il Canto della terra" con la partecipazione del contralto svedese Anna Larsson:accostamento quasi didattico sul tema del congedo dal mondo, ma ancor più sull'amore appassionato del tormentato compositore per le creature e le cose della vita. Sensibilissima la voce della Larsson, capace d'incendiarsi e impallidire alle minime sfumature del testo;in orchestra nessuna sfumatura di tipo impressionistico, al contrario gli arabeschi dei legni sembravano incisi su una scorza di ghiaccio, articolati come i "segnali" che aprono il "Sacre" di Stravinsky. Abbado non vuole dire tutto subito e dapprima insiste sulla impassibile desolazione del paesaggio, scandito dai rintocchi impressionanti dei bassi e dell'arpa (sintomatica l'assenza di ogni ritardando sulla liricissima frase della luna che veleggia come una barca d'argento);l'affetto si allarga e si fa strada poco alla volta, a forza di impercettibili movimenti, di levigazioni progressive, fino allo struggente addio conclusivo, una musica che non ha più forza di parlare ma solo di accennare un gesto da una distanza sempre più grande. Dopo tanta intensità, la stessa Nona Sinfonia, a sentirne le prime note, pareva ripetere e diluire il messaggio appena ascoltato; ma una volta dentro le cose cambiano, e l'opera smisurata conquista attraverso le due forze opposte che ne determinano la struttura: al centro l'ultima esplosione dell'umorismo maleriano, non sempre nero, ma spesso benevolo e terrestre nella sua arguzia; mentre nel primo e nel'ultimo movimento l'invadenza dell'anelito romantico che si quieta nella tenerissima delicatezza del congedo, dove il camerismo (cioè l'uso sempre più insistito di strumenti soli o in piccoli raggrupamenti) riceve la sua consacrazione. Anche qui, come nel "Canto della terra" ci sarebbe da elencare un'antologia di scoperte movimentate dalla bacchetta di Abbado:una la veglia funebre del contrafagotto nel finale, che per due volte ricorda il Ciajkovskij della Sinfonia Patetica, a riprova dei rapporti insospettati che Mahler raduna come un presagio nel suo testamento sinfonico;ma ancora una volta vale di più ricordare la generale solidarietà, il bagno di musica e giovinezza che questa prima tappa della tournée mahleriana ha fatto percepire alla folla del Palasport.
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