Tutto si placa per sfociare in un pianissimo estenuante. Qualche sussulto e tante pause, veri e propri vuoti poi, l'ultima frase delle viole, e tutto tace. O meglio il suono reale svanisce per lasciare spazio al riverbero di quelle note nell'atmosfera e nell'animo di quanti sono stati ad ascoltare al teatro Valli, questa esecuzione della Sinfonia n.9 di Mahler, del tutto catturati. Il silenzio che poi la magnifica bacchetta di Claudio Abbado guida, dura quasi tre minuti: nell'immobilità l'applauso del pubblico in un primo tempo stentava a prendere corpo. Ma non c'è stato un normale battimano, piuttosto un boato poichè gli stupendi strumentisti della Gustav Mahler Jugendorchester e i presenti battevano i piedi sul palché e poi le mani ritmicamente, quasi per liberarsi dalla forte tensione accumulata. Anche l'applauso ha preso corpo e centinaia di fiori, rosa, fuchsia, lilla cadono dai proscenii hanno colpito tutti per ricoprire il palcoscenico. Circa quindici minuti di battimano fino a quando, e questo è ormai un 'classico' del nostro teatro, Claudio Abbado è uscito da solo. Questa sinfonia, da lui supremo interprete mahleriano, è stata riletta secondo le indicazioni del direttore Mengelberg quale 'congedo di Mahler da tutti coloro che egli amava, dal mondo e dalla musica'. Essendo un 'lungo interminabile' addio è per Abbado come l'ultimo viaggio che presenta momenti di grande e delirante intensità e altri di irrimediabile abbandono. Con gli stupendi strumentisti della GMJO, scolpisce trova e illumina tutte queste situazioni riuscendo anche volutamente a sfocare a sporcare ma anche a disegnare esausti aloni, pure chiazze di colore, aggiungendo e togliendo, prosciugando nel segno di un controllo totale della materia. L'ultimo viaggio d'addio, ha quindi qualcosa al limite del controllo: la danza nel II movimento diventa macabra come il contrappunto nel III sembra impazzire mentre l'inizio di questo viaggio (il I movimento) sembra faticoso ad intraprendere, per il fatto che la frase non si definisce mai. Essa si disegna estenuante dell'adagio finale che segna l'attenuarsi dei furori e dopo, il vuoto finale; ma prima della morte, ecco la serenità del distacco. Questo Abbado fatto capire dopo averlo impresso con la bacchetta tra i suoi grandi magici strumentisti, giovani ma grandi maestri.
Giulia Bassi