Salzburg 2002

Anteprime/Prime impressioni(3) : La Repubblica

La Repubblica, 25 marzo 2002

Salisburgo, il commiato del Maestro al Festival di Pasqua
Parsifal, con Abbado una favola incantevole

Peter Stein, una regia al di sotto delle sue capacità. Accolta da fischi sonori
DAL NOSTRO INVIATO
MICHELANGELO ZURLETTI


Salisburgo -
Per il suo commiato dal Festival di Pasqua (l´anno prossimo gli succederà, a Berlino come a Salisburgo, Simon Rattle: che esordirà con Fidelio), Claudio Abbado ha scelto il Parsifal. Forse lo ha scelto perché è Pasqua, e forse anche perché nei suoi non frequenti incontri con Wagner era giusto cimentarsi con la sua opera più ambigua (da Nietsche in poi), spesso noiosa, qualche volta noiosissima ma imprescindibile. Parliamo di momenti noiosi quando prevale sul grande musicista il modesto pensatore e librettista: e dunque tiritere infinite per dire cose che un poeta avrebbe saputo sintetizzare in quattro parole. Ma certo anche le quattromila parole in più sono spese musicalmente con una fantasia, una tecnica, un gusto per la strumentazione che possono trovare confronto solo nei Meistersinger.
Ci aspettavamo da Abbado, come da tutti i direttori che approdano a Parsifal, una assoluta capacità analitica: a un simile capolavoro non si giunge se non dopo un lungo e complesso persorso: si tratta pur sempre di giustificare un falso (se pensiamo al Wagner di prima) o una conversione inimmaginabile: e dunque da prendersi con le molle. Abbiamo trovato invece un Abbado preda di uno stupore infantile, un Abbado che crede nelle favole e le spiega con innocente trasporto. Un Abbado che crede nel candore, nelle fanciulle in fiore, nelle preghiere, nel demonismo di Klingsor, nel carisma di un protagonista che oltre che puro folle risulta sempre un po´ scemo. Ha ragione Abbado. Indimenticabili i momenti di commozione, dalla stupenda preghiera dei quattro accoliti di Gurnemanz ai giochi delle fanciulle fiore, dalle celebrazioni del Graal all´Incantesimo del Venerdì Santo (con le straordinarie campane appositamente fuse). Che incanto negli archi, nell´oboe, nei clarinetti dei Berliner Philharmoniker. Al suo comando una compagnia ben assortita, nella quale segnaliamo l´eccellente Amfortas di Albert Dohmen, la splendida Kundry di Violeta Urmana, lo spaesato Thomas Moser, un Parsifal più ispirato che eroico. Eccellenti i cori di Praga, il coro Schönberg e il Tölzer Knaben.
Convince meno Peter Stein con le scene di Gianni Dessì. Tutti quei velatini, quelle processioni perditempo (per cui chi entra da sinistra occupa un posto a sinistra ma dopo aver compiuto un lungo giro e dopo aver incrociato chi entra da destra e va anche lui vagabondando per il palcoscenico), quell´alveare di celle triposto (e poco importa che lo sfondo dell´alveare sia la gigantografia del Graal), quella neve irreale con fiocchi grandi come mattoni: non sono degni di Stein. E l´antenna parabolica di Klingsor, e i fumi da lui evocati, eccessivi come al solito, e l´aureola che si alza su Gurnemanz, Kundry e Parsifal, e la lancia di Klingsor che inciampa nel filo che dovrebbe guidarla. Evidentemente Stein non ama Parsifal, e forse non ama Wagner. Ma non è una prescrizione medica metterlo in scena. Una sola bellissima scena possiamo ricordare, quella delle fanciulle fiore, infantili e leggere nei bei costumi di Anna Maria Heinrich, e molto porcellone nei gesti ma benissimo risolte. Standing ovation, meritatissimi applausi, per Abbado (mai visto a Salisburgo), raffiche di fischi per Stein.