LA CRONACA
Concerto Maurizio Pollini F. Chopin
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Un bliz a Lucerna Sembrava che tutto remasse contro questo viaggio a Lucerna: la defezione del capo-squadra, l'Ivano Dones che dopo aver promesso un passaggio in auto a una compagnia di 3 donne - Giulia, Gabriella e Attilia - ha dovuto dare forfait per i suoi impegni come neurochirurgo all'ospedale Besta di Milano; la chiusura del tunnel del Gottardo dalle 10 di sera alle 6 del mattino in questo periodo; il primo giorno di scuola per la bimba di Giulia e qualche altro piccolo inconveniente che non vi sto a dire... Insomma ce n'era abbastanza per far desistere anche le più appassionate e determinate; e invece, ecco la soluzione: breve viaggio in auto da Milano fino a Chiasso, treno andata e ritorno per e da Lucerna in nottata. Detto fatto: arrivo comodo a Lucerna in perfetto orario, la stazione è accanto all'auditorium, un caffè al bar del Festival dove incontriamo il Vittorio Mascherpa che ci intrattiene con il suo racconto entusiastico delle lezioni di direzione d'orchestra di Pierre Boulez, cui ha assistito nei giorni scorsi. Ed ecco che nel bel mezzo del racconto si materializza proprio il Maestro francese con quella sua aria dimessa, che se uno non lo conoscesse potrebbe pensare ad un tecnico addetto alla manutenzione della sala o qualcosa di simile. Ci riconosce e ci saluta con grande simpatia; anche questo fa parte della magia del Festival, tutto finisce per tenerci immersi nella musica, per farcene respirare il fascino; in fondo gente come noi in posti del genere si sente come Pinocchio nel paese dei balocchi e va in estasi anche per piccoli eventi del genere! Ed ecco il momento in cui le luci si abbassano in sala, la cui acustica perfetta rimanda i lievi rumori che vengono dalla presenza del pubblico, con quel fremito di vesti che sfregano sulle poltrone mentre si cerca la posizione ideale per godersi il concerto, piccoli sussurri rivolti al vicino, pagine sfogliate dal programma di sala, in quell'atmosfera di sospensione magica che precede l'applauso per l'entrata del solista; eccolo, questo piccolo grande uomo (come il suo amico Claudio; mi dà la stessa idea, di uno che entrando in sala non vorrebbe che lo si notasse e cercasse di affrettare il più possibile il momento in cui posare le mani sulla tastiera o alzare la bacchetta dal podio) arrivare, sedersi al piano e iniziare il programma: prima Chopin ( 2 notturni op.32; ballata n° 3 op 47 e suonata n°3 op 35) e, nella seconda parte, Debussy (12 preludi dal libro II). Non è facile ormai trovare le parole adatte per cercare di spiegare cosa siano i recital di Pollini: la tecnica è formidabile, così perfetta che non ci si pensa più perchè il suo modo di suonare fa pensare che non ce ne siano altri possibili. Così la musica che ne esce è chiara, limpida, prosciugata da ogni effetto esteriore, è l'essenza di quella partitura (almeno questa è la mia impressione), cui non si potrebbe aggiungere nè togliere nulla, sembra l'unica possibile traduzione dalla notazione dell'autore nella partitura alla resa espressiva attraverso lo strumento, il pianoforte. Quindi non si può dire che si tratti di uno Chopin romantico, oppure languido, o estetizzante, o al contrario freddo, essenziale o quant'altro (e lo stesso, con altri aggettivi, si potrebbe ripetere per Debussy); viene in mente solo che quella pagina è così come l'abbiamo sentita uscire dalle sue mani e ci soddisfa pienamente, come se fosse la realizzazione di un progetto architettonico che avevamo visto nei disegni preparatori. Forse è proprio questo il segreto di Pollini: rende la musica nella sua architettura, che non vuol dire privarla del contenuto per privilegiare la forma, vuol dire cogliere la sua essenza, la sua struttura portante così bene, da realizzare spontaneamente la sua forma finale ideale, con la quale si presenta all'esterno e si dispiega in tutta la sua intrinseca bellezza alla comprensione degli altri. Applausi scroscianti del pubblico e generosa concessione di bis (ancora Debussy e Chopin), una rapida corsa al camerino di cui Pollini stesso, dopo 5 minuti di attesa, apre la porta affacciandosi con quella sua aria timida che gli conosciamo tanto bene: ci riconosce subito ed esclama: "Oh ecco le tre Grazie degli abbadiani itineranti! Ma allora c'è un pezzo di cuore anche per me negli abbadiani!" E come potrebbe essere diversamente? Ma non solo perchè gli amici del "nostro" amico sono nostri amici, ma perchè le affinità elettive ci portano inevitabilmente ad amare artisti come lui! Saluti affettuosi anche da parte della moglie, Marilisa Pollini, radiosa e di buon umore; è sempre un piacere incontrarla, così spontanea e gentile con tutti! Non resta ormai che correre in stazione, il treno del ritorno ci attende; ci restano 3 ore abbondanti di viaggio per scambiarci le impressioni di questa serata: che bello esserci state! Attilia (14 settembre 2004)
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