LA CRONACA
 DEL WANDERER
N°83



Autunno 2004

Bologna, 28 settembre
Roberto Rinaldi


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Autunno 2004













































































































































































































































































































Non fiori né opere di bene ma sola Musica e qualche “P(p)pomodoro”.

C’era una volta il concerto di Claudio Abbado. A dir il vero c’è stato e il successo (annunciato) si è consumato una calda sera settembrina in quel di Bologna il 28 settembre scorso al Teatro Manzoni. Protagonisti Claudio Abbado, Murray Perahia e la Mahler Chamber. Un concerto prologo di quello ben più atteso del 4 novembre prossimo, quando “nascerà” l’ultima (?) genita chiamata con il nome (un programma) Orchestra Mozart, ideata e concepita dal Maestro, “figlia” anche della Fondazione Carisbo e dell’Accademia Filarmonica. Conta ben 55 musicisti, chi ancora in “fasce”, altri già svezzati, tutti con patrimonio genetico – musicale selezionato con cura e perizia da una “balia” dolce e affascinante qual è Claire Gibault, nominata direttore musicale assistente al fianco del direttore artistico. Mozart e Abbado, che connubio, quale ideale gemellaggio simbiotico tra un genio musicale universale qual è stato il compositore salisburghese e il suo interprete, milanese di nascita, cittadino del mondo ovunque si faccia e si crei buona musica. Primo “Abbadopensiero” nella conferenza di presentazione a Palazzo d’Accursio: ”L’idea di fondare quest’orchestra risale a qualche anno fa, proprio a Ferrara dove Sergio ed io (Cofferati), c’incontrammo. Per orchestra non intendo, però un gruppo che lavora per routine, abitudine che ho perso negli anni. La cosa migliore è fare musica per passione senza sindacati, né orari stabiliti. Questi musicisti che formeranno la nuova orchestra, qui come quelli di Lucerna, sono bravi e non sono i più grandi, ma hanno la gioia di fare musica da camera, nel senso di fare musica dove ti ascoltano con passione, si ascoltano come nella vita”. Secondo “Abbadopensiero”: “Nei grandi compositori si trova sempre qualcosa di nuovo e così è anche in Mozart”. Così è anche Abbado, mi sovviene dire, così teso alla ricerca costante quasi spasmodica di nuove soluzioni, interpretazioni e re-interpretazioni. Fare musica significa farlo per sé, con sé, con gli altri, per gli altri. Ma andiamo per ordine. Un assaggio di Mozart con l’Ouverture dalle Nozze di Figaro tanto per iniziare. Suono incastonato in uno scrigno da dove esce una brezza musicale asciutta che si dilata nello spazio, riempito subito dopo dal Concerto KV.467, in do maggiore. Un Mozart forse in qualche misura sottotono rispetto ad altre esecuzioni già ascoltate. Murray Perahia pare porre l’accento più un Mozart pianistico e non al servizio dell’orchestra, mancando un tantino di adesione alla voce d’insieme degli archi così diversamente compatti e profusi nella morbidezza degli impasti. Compagine che ancora una volta dimostra una maturità artistica eccellente e in linea con quanto chiesto dal suo direttore. Si vira di 360 gradi con la venuta della Sinfonia n. 1 beethoviana. Puro distillato di perfezione musicale superbamente instradata verso l’orizzonte del Finale, con il suo scatto vivace e nervoso. Qui il Maestro richiede sforzi sovraumani di energia (il gesto sull’archetto) o l’incalzare repentino dei fiati. Una tale coesione da restare senza aggettivi descrittivi. Fin qui la Musica, quella con la parola maiuscola. Oltre la cronaca dell’avvenimento. Quanta fatica per esserci a questo concerto, eppure la Mahler è di casa in Emilia, nella sua bella residenza stabile ferrarese, dove ci ritornerà il 20 ottobre, quando al Comunale s’inaugura la stagione di Ferrara Musica. Ebbene, in quel di Bologna un po’ di fatica aggiuntiva gli abbadiani l’hanno dovuta sostenere. La richiesta dei biglietti (ahimé) non ha potuto soddisfare a pieno tutte le richieste. Spiace però constatare che in sala poi si contavano decine di poltrone vuote, a fronte di appelli di tanti cittadini rimasti delusi. Si sa che qualche volta il fortunato possessore del fatidico biglietto trascuri l’evento, mentre l’estimatore appassionato resti deluso fuori della porta. Stupisce tutto ciò nella misura che in Italia tale malcostume è ampiamente tollerato e scontato nelle previsioni. Consola in ogni modo ricordare che la prova generale era aperta al pubblico con il pagamento di un modesto obolo. Le prove di Claudio Abbado sono altrettanto stupefacenti di un concerto. Una fucina in piena attività. Spente le note sul far della notte la mattina dopo ci si recava tutto nella Cappella Farnese per l’insediamento della costituenda orchestra Mozart. Terzo “Abbadopensiero”: Bologna è una città da risvegliare in cui portare la musica nella città, all’università, in mezzo alla gente”. In quest’orchestra vi sono anche emiliani, bolognesi, stranieri, anche se per me non esistono stranieri. Non vi sono limiti né barriere nella musica. Vi sono dei bravi solisti che guideranno l’orchestra. Ho un progetto anche, quello di eseguire tutte le Serenate di Mozart”. Un manifesto di intenzioni, un nuovo “Rinascimento” musicale bolognese, emiliano, italiano e di tutti quanti vorranno seguire queste gesta. Chi ha intenzione di farlo sarà sicuramente il sindaco Cofferati: “Claudio Abbado possiede un alto senso civico dettato dalla curiosità. Io e lui parliamo dell’ambiente, dei problemi del traffico e per ultimo della musica. Un senso civico che non si esaurisce nel pur altissimo contributo intellettuale e culturale. Vivevo a Milano, quando Claudio lasciò il Teatro alla Scala. Un abbandono sofferto per la città e per lui. Noi cosa dovevamo fare? Alcuni milanesi decisero allora di diventare abbadiani itineranti e dimostrarono con il loro affetto l’entusiasmo che non è venuto mai a mancare. In piccola parte hanno permesso che Abbado sia potuto tornare a suonare in Italia. Voglio ringraziare pubblicamente ciò che fanno per il sostegno dato in tutti questi anni”. Come non citare anche Claire Gibault per quanto detto nel presentare il lavoro di selezione. “Vedere tra questi ragazzi il loro invisibile, felici di essere insieme con Abbado. Tra le tante orchestre ha voluto anche questa e mi sento di doverlo ringraziare per questa felicità che vince sul fatalismo e pessimismo”. Di pessimisti in questi giorni ne abbiamo letti, malgrado ciò resto fiducioso, nonostante l’atavico vizio tutto italico di denigrarci tra noi, di soffrire di disistima per ciò che la nostra intelligenza creativa riesce a produrre, le vere intenzioni avranno il sopravvento e quello che la maldicenza distrugge, la musica unisce. Fare musica insieme non è un facile proclama da sbandierare in piazza, ma una ragion di vita e chi ci crede saprà dimostrarlo. “Caro Claudio”, per chi non lo avesse già letto contiene tutto ciò. Parole di chi ha conosciuto e continua a conoscere l’impegno morale e artistico al servizio di tutti, compresi quelli che fanno finta di non crederci. “Caro Claudio” ha dentro tutta una vita spesa nel farlo.

Roberto Rinaldi

















































































































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