LA CRONACA
Ferrara, 20 ottobre
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Irrealtà e sogno. (Ermanno Gloria) E’autunno, ma a Ferrara, ieri sera (20 ottobre 2004), è stata una notte di mezza estate, anzi un “Sogno di una notte di mezza estate”. Claudio Abbado, quale Oberon, scherazando con Titania, la Mahler Chamber Orchestra, ha concretizzato questo concetto di sogno è irrealtà, e il palcoscenico, invaso da tutte queste fate e tanti Puck ha restituito, con grande vitalità, il raffinato pensiero Mendelsshoniano ispirato da Shakespeare. Che magia nella coda dell’ouverture! Eleganza e sentimento, che non da spazio al sentimentalismo, dove Oberon/Abbado mette quiete a tutte le inquietudini di allegria e anche di ansietà che si rivelano nell’andante tranquillo del “notturno”. Se con lo “scherzo” ci siamo entusiasmati seguendo il rapido, espressivo, disegno virtuosistico, con la marcia nuziale siamo andati a nozze con la Musica. Qualche ombra notturna, invece, per la scelta di amplificare la voce di Nicoletta Braschi, pur non entrando nei meriti della recitazione: personalmente non approvo la scelta dell’amplificazione in quanto, nel caso specifico, si produceva uno sgradevole confronto fra l’acustica normale e quella artificiale, ma qui, evidentemente, entra in gioco la questione del diaframma tanto trascurato da attori e cantanti. L’entusiasmo del “Sogno di una notte di mezza estate” mi ha fatto posporre ciò che nel concerto è stato eseguito nella prima parte. Affascinante il “The Unanswered Question” per orchestra da camera di Charles Ives; coerente alle proprie scelte, Claudio Abbado, in una recente intervista radiofonica, affermava che talvolta bisogna fermarsi ad ascoltare il silenzio. Penso che nessuna registrazione discografica può restituire quanto udito. Sul palcoscenico quattro legni davanti ad Abbado, gli archi dietro le quinte, che eseguono, in pianissimo, un pedale di un andamento quasi bachiano; la tromba (Rehinold Friedrick), nascosta, pure sommessamente, intona una melodia (il perenne interrogativo dell’esistenza) e a tratti i fiati irrompono in dissonanza, quasi a riportarci in una dimensione irreale. Quali lucenti sonorità nel “Il luogotenente Kiže” raccolte in tutti quei ritmi e sincopi, ora sarcastici,ora satirici e addirittura circensi, filtrati dalla sapienza compositiva di Sergej Prokof’ev dove emergono tutti i tratti del melanconico animo russo. Si manifestava l’assoluto dominio virtuosistico degli strumentisti della Mahler Chamber Orchestra e tutto era una continua sorpresa, come quando si aprono ad una, ad una le matrioske, ma qui al contrario, coll’irrazionalità del sogno (dettato dalla musica) invece di scoprirle sempre più piccole, apparivano ogni volta più ingigantite e colorate. Ancora una volta un concerto straordinario che crea un interrogativo tutto shakespeariano: “Sogno e irrealtà?” o “Realtà di un sogno?”
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