LA CRONACA
Bologna, 4 novembre
|
Come da copione Ascoltare una nuova orchestra in occasione del suo primo concerto crea sempre emozione ed effervescenza: c’era a Bologna questo 4 novembre. Prova generale aperta, riprese radiotelevisive, maxischermo in piazza Maggiore per i bolognesi che non avevano potuto ottenere biglietti. Il pubblico era fatto dei soliti VIP (Sergio Cofferati in testa), dei giornalisti delle grande testate italiane, e di tanti anonimi, tra cui molti giovani. Il programma in se era molto corposo: Ouverture da Egmont op.84 di Beethoven, Sinfonia concertante in mi bemolle maggiore per violino e viola KV. 364, Concerto n°20 in re minore per pianoforte e orchestra KV.466, Sinfonia n°35 in re maggiore KV. 385 “Haffner”. Dava l’occasione di apprezzare d’emblée le possibilità della nuova compagine, formata come ormai lo sanno tutti di musicisti di vari orizzonti, da giovani ancora in conservatorio o membri della Lucerne Festival Orchestra a prime parti di grandi orchestre italiane o straniere (erano preannunciati due membri dell’Orchestra della Scala che pero non erano presenti). Claudio Abbado conosce l’arte di coinvolgere musicisti di diverse scuole attorno ad un progetto, attorno alla musica, e applica all’Orchestra Mozart le stesse regole che alla Lucerne Festival Orchestra, ai concerti sinfonici si aggiungono serate cameristiche con membri dell’orchestra: ogni sessione costituisce così un vero ciclo completa di musica, dove ogni artista ha la possibilità di esprimersi in vari modi. Il tutto mi pare di essere una grande fortuna per la città di Bologna in primis e per le città che accoglieranno l’Orchestra Mozart : certi spiriti meno positivi considerano il prezzo troppo alto da pagare, altri (o gli stessi) preferiscono le orchestre fisse piuttosto che le compagini raccolte ad-hoc. A ciascuno la sua missione: la Mozart è un progetto europeo nato in funzione dell’anno Mozart 2006, che sembra abbia raccolto consensi anche dal Fondo Sociale Europeo , le orchestre fisse hanno una missione più ancorata nel territorio, che mira all’educazione alla musica delle popolazioni, sono sviluppate in Germania, ma sono concepite anche in legame con i teatri che hanno anche loro una politica di repertorio e di troupe. Strano, ma quei nuovi crociati delle orchestre fisse non fanno la stessa crociata per il sistema correlato della troupe e dell’opera di repertorio, che garantisce vita ai teatri e lavoro agli artisti, pero inesistente in Italia …Ma intanto Claudio Abbado, se non erro, dagli anni sessanta fino al 2002 ha diretto “orchestre fisse”, e credo che non sia discutibile che ha largamente contribuito a far crescere la voglia di musica nel territorio, italiano o no . La verità è che non potendo attaccare frontalmente Claudio Abbado un artista così immensa ormai non si discute- si attacca i suoi progetti, o si lancia sospetti sulle vere motivazioni dell’operazione. Piccolezze… L’importante è constatare che una volta di più, l’operazione artistica è un successo, anzi, un autentico trionfo (a sentire le reazioni del pubblico). L’orchestra è apparsa già compatta, con un suono ben definito, molto ricco, molto “sinfonico” (l’acustica del Teatro Manzoni molto riverberante dava almeno questa impressione), forse i momenti più delicati, i pianissimi non erano ancora esattamente simili a quello che sentiamo abitualmente, ma i solisti sono impressionanti, e tutte le prime parti hanno dimostrato di essere senza dubbio eccezionali. Dopo un imperiale “Egmont”, cavallo di battaglia di Claudio Abbado, che sa giocare sui contrasti, sulla rapidità d’esecuzione, sulla virtuosità finale, sulla generosità di questa musica, la sinfonia concertante ci ha fatto riscoprire la violista Danusha Waskiewicz, molto lirica nell’espressione e molto commovente, mentre Giuliano Carmignola, uno dei più importanti violinisti italiani, molto legato alla riscoperta del repertorio barocco soprattutto veneziano- dimostrava padronanza acrobatica che nascondeva un po’ l’emozione. La coppia violino-viola contrastava per differenza di stile e di comportamento, anche “scenico”. Ma a ciascun strumento il suo ruolo, e il suo discorso. Il concerto n°20 per pianoforte e orchestra è stato un altro grande momento di intensità: Till Fellner ne ha dato un’interpretazione magistrale, sensibile, tecnicamente impeccabile: il suo comportamento rigido, il suo fisico da studente giovanissimo e timido (ha pero 32 anni!) ne fanno un personaggio alla Elfriede Jelinek. C’è dunque un vero contrasto tra il modo di presentarsi al pubblico e il modo di suonare, tutt'altro che rigido, ma duttile, sensibile e tecnico insieme. C’era piena coerenza tra il pianoforte e l’orchestra, - molto di più che con Perahia un mese fa-. La sinfonia “Haffner”, una delle più conosciute, chiudeva il programma, dando all’orchestra il primato: il discorso mozartiano, fatto da contrasti tra aspro e morbido, lirismo ed epos, incredibilmente vivace e nello stesso momento qualche volta sull’orlo dell’abisso, era esaltato dall’interpretazione di Abbado, tutt’altra che zuccherata. L’ultimo movimento così acrobatico lasciava vedere il lavoro fatto con l’orchestra e l’incredibile coerenza dell’insieme ma tutto quello che precedeva invitava alla meditazione su questo Mozart, sempre nuovo, sempre da scoprire anche nei pezzi più famosi, perché Abbado sa sottolineare il piccoli angoli di musica dove si nasconde spesso la verità dell’insieme. Ma non era finito: Abbado teneva a far vedere la qualità degli individui, a far capire al pubblico il senso della sua impresa, e fatto rarissimo- ha concesso niente meno che 6 bis, vera terza parte (di 40 minuti) del programma, dove flauto, archi, clarinetto, corno, violino, hanno potuto mettere in risalto le loro incredibili qualità: Jacques Zoon, già notato a Lucerna, nell’allucinante finale del Concerto per flauto e orchestra KV 414, il Finale della serenata notturna KV.239, dedicata agli archi, in testa il violinista Raphael Christ giovane figlio di Wolfram Christ, il primo violista della Lucerne Festival Orchestra, il finale del 3°concerto per corno KV.447, per Alessio Allegrini, primo corno dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, l’adagio del concerto per clarinetto KV.622 dove Alessandro Carbonare, primo clarinetto dell’Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, ha regalato un momento realmente magico, E’ stato per me uno di questi momenti di tempo sospeso, di pura musica così rari nei concerti: Sabine Meyer ha trovato il suo re. Giuliano Carmignola, nel finale del concerto per violino KV.207 è stato anche lui esemplare, e il finale dei finali è stato l’occasione di un ricordo, quello del concerto di Capodanno 1991, dove in un programma Johann Stauss Claudio Abbado aveva scavato nella produzione di Mozart questa “Danse Allemande”, KV.605 (Eine musikalische Schlittenfahrt), vecchia zia del Walzer straussiano. Così in festa si chiudeva un momento di musica eccezionale. E Abbado, con il suo amore della musica e la sua generosità artistica aveva chiuso il becco alla polemica e alle piccolezze, come da copione!
|
|