ABBADO NELLA STAMPA Corriere della Sera Martha Argerich
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Abbado con Martha Argerich rigore ed estro per Beethoven Nella prima parte successo di Bruno Canino assieme a un ensemble di solisti della formazione Ferrara, ovazioni al concerto con la Mahler Chamber Enrico Girardi FERRARA - Un trionfo di fiori gialli; il consueto, affettuoso tripudio; le ovazioni che immancabilmente salutano ogni esibizione ferrarese di Abbado. Non sono mancati nemmeno stavolta, al termine della settimana che ha visto il maestro milanese dapprima riprendere l' edizione del 2000 di Così fan tutte e poi varare un concerto che più originale non si può. A inizio serata Abbado ha infatti lasciato la scena alle prime parti della Mahler Chamber Orchestra, la cui bravura e il cui affiatamento meritano, in effetti, una vetrina. Così il quartetto d' archi il clarinetto e il pianoforte «ospite» di Bruno Canino hanno eseguito i temi malinconici dell' Ouverture su temi ebraici di Prokofiev, mentre un ensemble di dodici strumenti - tra i quali lo stesso Canino - si è poi permesso il lusso di dipanare con beata naturalezza il filo ingarbugliato dei quattro movimenti della Kammermusik n.1 di Hindemith: un tipico esempio di Neue Sachlichkeit (la cosiddetta «nuova oggettività» tedesca) che si considera prudente eseguire con il direttore - non v' è linea che non sia scoperta e il profilo ritmico è frastagliato come un fiordo norvegese - ma che i ragazzi della Mahler affrontano con il piglio e la maturità necessaria, solo guidati dai cenni del «konzertmeister» Antonello Manacorda (un futuro sul podio, il suo?). Complice il tratto satirico, caricaturale del finale, v' è stato infine uno scroscio d' applausi. Forse anche perché s' è ritrovato, nell' esecuzione, quel suono elettrico, motoristico, che ha sempre rappresentato l' ubi consistam della formazione europea, quand' anche impegnata a pieno organico. Da qualche tempo è in atto però una lenta trasformazione che vede l' orchestra diventare sempre meno «chamber» e sempre più «sinfonica», più potente, più classica. Non è solo questione di numero di leggii, ma di scelte relative al peso e all' articolazione del suono. E di ciò si è avuta la riprova quando finalmente sono apparsi Claudio Abbado e Martha Argerich per eseguire il Concerto n.3 per pianoforte e orchestra di Beethoven. Che strano sodalizio, è il loro: l' estro e la genialità fulminea dell' una, il rigore e la disciplina dell' altro. Fatto sta che la pianista argentina estremizza i contrasti dinamici e agogici quasi volesse dimostrare che il Terzo non è emblema della classicità, come s' è sempre pensato, ma opera di un futuro senza tempo. Lo fa con qualche lieve fallosità ma con una tenuta «emotiva» dell' arco formale di rara suggestione. Ed è quest' ultima che Abbado asseconda e ricama, disegnando i pesi e i colori più adeguati a tale profilo. L' orchestra, l' attuale Mahler Chamber Orchestra, non chiede di meglio e così, dopo un Largo estenuato, come sospeso nel vuoto, fa scaturire un Rondò che dire infuocato è poco: dionisiaco. Una scossa tellurica rieseguita poi, se possibile ancor meglio, a furor di popolo, con i fiori gialli tra i capelli delle signorine dell' orchestra. Ora Abbado ripropone Così fan tutte a Modena e Reggio. Va quindi in tournée con il Gustav Mahler Jugendorchester (la versione giovanile della Mahler Chamber): eseguirà la Sinfonia n.9 di Mahler a Bolzano (il 2 aprile), Budapest (il 4), Bratislava (il 6), San Pietroburgo (l' 8), Reggio Emilia (il 10), Trieste (il 12) e al Parco della Musica di Roma (il 14). Enrico Girardi
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