LA SCALA IN CRISI Scambio Attilia Giuliani / La Scala attraversa una grande crisi: crisi di fiducia del suo personale verso i dirigenti
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Da una lettera di Dino Villatico ad Attilia Giuliani (4 aprile 2005) che ha autorizzato a rendere pubblica. "Il più grande teatro del mondo" è tale solo nella fantasia degli italiani, già l'Opéra di Lione allestisce una stagione più interessante, per non parlare di Berlino o di Bruxelles e di Parigi. E questo avviene ormai da molti anni: 19? Male lingue? Ma come mai a parlarne bene è solo la stampa italiana? Si approfitta del fatto che gli italiani non conoscono le lingue e dunque non leggono né riviste né giornali inglesi, tedeschi, francesi, spagnoli? Come scriveva Arbasino, sulla Repubblica, qualche giorno fa: il livello dell'orchestra scaligera è cresciuto? ma allora quando la dirigevano Karajan, Furtwaengler, Bernstein, e infine Abbado, che cos'era? schifezza? E veniamo al dunque: perché non se ne va anche Meli? Certo, non ci fa una bella figura a restare. Salvo il fatto che così rende evidente la propria intenzione di ambire non al livello della vita musicale e teatrale della Scala, ma alla poltrona di sovrintendente della Scala. E quanto infine alle orchestre che cacciano via i propri direttori, la teoria è lunghissima. Comincia già con Schumann, non gradito a Dresda perché troppo "moderno" e, sembra, dicevano - udite udite - "incapace". Prosegue con Mahler prima a Vienna e poi a New York (oltreoceano estromesso dagli intrighi di un petulante e insopportabile italiano - lo si dovrà pure riconoscere un giorno! - vale a dire Toscanini). Continua con Strauss e poi Bernstein, sempre da Vienna. Perfino il "divino" Karajan ha rischiato di essere estromesso dai "suoi" Berliner per l'ostinazione di imporre una donna all'orchestra. A casa nostra, prima del Maestro, la stessa orchestra aveva dato il ben servito ad Abbado. E a New York la Philarmonia locale si era alla fine liberata di Boulez (pensare che mi trovavo a New York proprio al tempo dell'inaugurazione e del primo concerto americano del grandissimo compositore e direttore francese, trovai per fortuna un biglietto: programma: Iberia di Debussy e Sagra della Primavera di Stravinsky). Ma tutto lo sproloquio che ora si fa dunque per l'indegnità, naturalmente "sindacale", del comportamento dell'orchestra nasce da poca memoria o da malafede o da entrambe le cose? Nessuno più bravo a dimenticare il passato di chi non lo vuole ricordare, perché lo sbugiarderebbe. Questa è la situazione. E francamente, alla lettera, me la vedo nera. L'unica via che andrebbe presa, per salvare almeno la faccia: chiamare finalmente uno "straniero", di livello internazionale, e indiscusso, nessuno a Milano, e meno che mai nel resto d'Italia, ha voglia d'intraprenderla. In questo Fazio è un modello, oltre che d'imperterrita e molto italica arroganza, anche di una assai esemplare e pasticciata intraprendenza microimprenditoriale (mai che pensiamo un po macro!) devotamente seguita e imitata in tutti i settori pubblici e privati della vita del paese. Non che gli intrighi in altri paesi manchino: ma sono grandi, immensi intrighi, spesso intrighi internazionali. Noi ci accontentiamo di rimestare pochi panni sporchi, cercando di mascherare lo sporco per tradizione. Dura da più di sette secoli il magagnume della piccola "aiuola che ci fa tanto feroci" (Dante). "Italia mia, benché il parlar sia indarno"... con quel che segue! (Petrarca) Un cordialissimo saluto, e teniamo duro, anche contro qualsiasi speranza. Un signore di cui non è più di moda oggi parlare diceva che al "pessimismo della ragione" bisogna coniugare "l'ottimismo della volontà" o qualcosa di simile. Dino Villatico Se vuole può rendere pubblica questa mia risposta. Nulla di ciò che v'è scritto può essere smentito, se non da chi ha tutto l'interesse a nascondere la verità. Lettera di Dino Villatico spedita per Email il 4 aprile 2005
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