Il debutto della nuova orchestra creata dal grande direttore
Abbado, festa a Bologna con i ragazzi di Mozart
«La musica ha unito le nostre storie, tutte diverse»
DAL NOSTRO INVIATO BOLOGNA - Festa grande per i ragazzi di Mozart. La nuova orchestra di Claudio Abbado, ancora un volta demiurgo di una formazione dove i giovani sono in maggioranza (su 60 musicisti 40 hanno meno di 26 anni), ieri sera ha avuto il suo battesimo ufficiale al Teatro Manzoni. Programma interamente mozartiano, s'intende, preceduto però dall'ouverture Egmont di Beethoven, come programmatico vessillo di libertà. Ma non è bastato. Ci sono stati i bis. Ben sei, con alcuni strumentisti chiamati via via a esibirsi da solisti. E, a lasciarlo fare, Abbado sarebbe andato avanti tutta notte nella gioiosa jam session mozartiana. Tra ovazioni e battimani ritmati. Presenti e plaudenti anche il sindaco Cofferati, Carlo Maria Badini, Ruggero Raimondi, Simona Marchini e il sovrintendente della Scala, Fontana. Ma la festa era anche fuori. Il concerto, grazie ad alcuni maxischermi, è stato seguito anche da moltissimi cittadini nella vicina piazza Maggiore. Per Abbado un'altra grande impresa portata a buon fine. Per i giovani orchestrali la realizzazione di un sogno fino a ieri inimmaginabile. Molti di loro sono italiani, altri vengono da paesi lontani, tutti subito amici, perché quando si fa musica insieme, i legami diventano subito facili, subito profondi. «Ancora non ci credo», confessa emozionatissima Anolan Gonzales Merejon, violista cubana. «All'Havana faccio parte di un gruppo da camera, Abbado mi ha sentito suonare lì. Non vengo da una famiglia di musicisti, mio padre fa il panettiere. A sette anni ho cominciato col violino perché l'avevo visto suonare in televisione. Adesso eccomi qui, per la prima volta in un'orchestra sinfonica». Arrivarci non è stato facile: quattro mesi di trafile burocratiche e l'intervento dell'Arci per farle avere il visto. «Non ringrazierò mai abbastanza Abbado», conclude Anolan. Tutt'altro percorso quello di Raphael Christ, violinista figlio d'arte, suo padre è il grande Wolfram, storica prima viola dei Berliner, oggi nella formazione di Lucerna. Allevato a pane e musica, per Raphael l'approdo alla Mozart era quasi iscritto nel patrimonio genetico. Nessun precedente in famiglia invece per Giuseppe Russo, 20 anni, di Monreale. «Mio padre lavora nella forestale, mia mamma è maestra», spiega. La folgorazione per lui è arrivata a una festa di paese. «C'era la banda e io, che avevo otto anni, ho deciso che avrei suonato la tromba con loro. Ho cominciato così, ma presto sono passato al corno. Che poi ho studiato in Conservatorio». E sempre da una banda è partito anche un altro cornista, lo spagnolo Josè Vicente, poi approdato nell'Orchestra Galiziana. «All'inizio di carriera è facile vedere tutto nero - dice - Poi, se hai costanza e passione, ti accorgi che questo è un lavoro bellissimo e non pensi ad altro che migliorare. Qui alla Mozart gli stimoli per farlo sono tanti». Tra i più giovani, il violoncellista Gabriele Ardizzone, 17 anni appena compiuti. Per lui, che studia ancora al Conservatorio di Milano, il problema è conciliare gli impegni scolastici con quelli dell'Orchestra. Di andare in discoteca non se ne parla neanche. Lo sa bene anche Francesca Macchione, violinista cresciuta alla Scuola di Fiesole. «Ora sono iscritta a Giurisprudenza. E' dura - ammette -. Ma, come ci ha insegnato il maestro Farulli, direttore di Fiesole, non c'è cosa peggiore di un musicista ignorante». Dallo stesso vivaio fiorentino esce Behrang Rassekhi, violista di famiglia iraniana. «Oggi in Iran si ascolta solo musica tradizionale persiana. Vorrei conoscerla meglio, ma anche far conoscere Mozart lì». Madrina di tanti giovani talenti, Claire Gibault, direttrice assistente di Abbado. «Selezionarli non è stato facile - racconta -. Per suonare Mozart bisogna essere di una razza particolare. Capace di avvicinarlo con la testa e con il cuore».
Giuseppina Manin