SCHERZI A PARTE 4 ottobre 2004(2) Distribuzione dei biglietti
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Sono chiamato in causa e non posso dunque esimermi dal pronunciare una teoria in merito alla “fatica dello spettatore” che l’acuto amico Guido ha saputo delineare in maniera eccellente e con acuta ironia. In realtà si tratta di una faccenda seria, serissima anzi. Essendo ormai uno dei principali itineranti abbadiani ma, tengo a puntualizzare, non solo, posso ben spiegare come nasce l’idea di una trasferta musicale: è un vero e proprio travaglio, come quello delle giovani signore che aspettano un bimbo, costellato di ansie, nausee, entusiasmi e delusioni. Nella peggiore delle ipotesi la gestazione può cominciare anche più di un anno prima della fatidica data dell’evento. Quelle due ore, per intenderci, cui è inconcepibile non esserci. Due esempi semplici e alla portata di tutti: Lucerna e Berlino. Il Festival svizzero divulga un “vorprogramm”, soggetto a modifiche, in una data non precisa che l’esperto spettatore saprà stabilire già alla fine di agosto quando a Salisburgo si presenta il rispettivo “vorprogramm” dell’estate successiva rimandando generalmente a fine novembre l’uscita del programma definitivo. Ecco, in base a quella data si evincerà che il diretto concorrente, ovvero Lucerna, presenterà il suo programma qualche giorno dopo quello di Salisburgo. A settembre, quando il festival estivo svizzero si conclude, si può finalmente sapere la data precisa in cui anche quel programma sarà finalmente reso pubblico. L’ipotizzare una data di pubblicazione, cosa priva di ogni logica in teoria, è in pratica il primo momento in cui ci si proietta verso quelle due orette passate a teatro per il concerto: come quando marito e moglie cominciano a parlare della possibilità di “procreare” e stabilire dunque se al prossimo ciclo prendere o no la pillola. Semplice. Adesso sappiamo che il Festival di Salisburgo esce il 19 novembre, Lucerna il 23. A quel punto si concepisce il programma: si stabilisce il numero di concerti o opere cui si deve il verbo “dovere” non è utilizzato a caso assistere e la categoria di prezzo da richiedere. In occasioni come queste si è tentati anche di immaginare una ideale posizione di posto ma pur di ottenere il biglietto si lascia al caso questo particolare. Ma se il “vorprogramm” è disponibile a novembre ciò non corrisponde alla richiesta formale dei biglietti: questa avverrà a marzo cioè 4 mesi seguenti. Questo è un periodo difficile: si attende con ansia crescente l’arrivo di quella data escogitando di giorno in giorno il modo più ingegnoso per far pervenire all’esatto scoccare della mezzanotte il formulario per la prenotazione dei posti. Mandare un fax forse, ma se la linea è occupata? Una mail allora, ma se, come accaduto, non viene registrata? E la semplice lettera? Potrebbe non arrivare mai a destinazione. L’esperto spettatore probabilmente tenterà tutte e tre le strade contemporaneamente avvertendo la biglietteria in ognuna delle richieste inviate che, per sicurezza, aveva provveduto ad un invio multiplo. Siamo a Marzo e comincia il tremendo periodo di attesa: lo spermatozoo sarà riuscito a penetrare l’uovo? Sarò “dentro”? Ora è opportuno fare una digressione su coloro che intanto, per evitare la suddetta trafila, si affidano intorno al periodo natalizio alla cara Presidente che ha diritto di prelazione. Come se fosse una rappresentante sindacale, ma in realtà è “solo” il CAI. Costoro richiedono dettagliatamente, spesso non pagano nei termini previsti e timidamente, ma con sottile insistenza cominciano a spedire mail di circospetto interesse sull’andamento della situazione: frasi del tipo “se hai bisogno di aiuto conta su di me, ma intanto dimmi: si sa qualcosa dei biglietti?” si sprecano. Non ho certo le prove di quanto affermo ma ci scommetterei un biglietto che non sono poi così lontano dal vero. Il povero solitario avventore, tipo me, intanto chiede ogni giorno se dalla Svizzera è arrivata posta. E arrivati a maggio, la settimana diventa un macigno da superare: le poste attirano strali e accuse di negligenza. Ma ecco materializzarsi l’agognata lettera dove si ha più o meno conferma sulla richiesta effettuata. Se non tutti i desideri sono stati realizzati ecco l’ancora di salvezza: ancora la Presidente. Lei, si mormora in giro, possiede a casa un apparecchio con cui stampa ella stessa i biglietti, quindi è sicuro che può aiutarci a completare l’album di figurine del tipo “ce l’ho, mi manca”. Se anche in questo caso la risposta è negativa allora è proprio il momento di prenotare il volo o il treno o l’autobus… Una contraddizione penserà qualcuno. No: se io ho tutti i biglietti ma ne mancano uno o due non posso non tentare la sorte e cercare col celebre SUCHE KARTE il tassello mancante. Quindi parto. L’aereo è generalmente prenotato con sei mesi di anticipo per trovare il prezzo più conveniente: i più fortunati possono essere sicuri di essere liberi dal lavoro, gli altri tentano ugualmente la sorte o aspettano assumendosi l’onere di un biglietto nettamente più caro. Per Berlino 2004 (giugno) il sottoscritto acquistò l’aereo a settembre 2003 e altrettanto fece per il primo biglietto dei tre concerti ivi programmati. Per gli altri, data l’effettiva impossibilità di recuperarli per vie ordinarie, come per Lucerna tentò la sorte naturalmente con eccellente esito. Ma come dimenticare i drammatici momenti di una colorata coppia abbadiana sprovvista di biglietto fino a pochi attimi prima del buio in sala? Sono istanti difficili, quelli in cui stai per potere perdere la “terza replica”, in genere la migliore. Sì perché è alla fine che il divino e le sue orchestre fanno il punto della situazione e riescono a suonare in maniera del tutto differente rispetto alle prove e prime serate, lo spettatore esperto lo sa. Un importante argomento su cui soffermarsi, come già sottolineava il buon Guido, è il pre-concerto. Quando gli “amici” si riuniscono e raccontano gli ultimi pellegrinaggi: chi Amsterdam, chi Pavia, chi Parigi. Lo sfigato che ha sentito solo Muti alla Scala non viene neanche considerato. Tra questi elenchi ecco la frase: “tu dove dormi?” - e soprattutto “quanto paghi?”. “Ah ma io sono all’Hyatt con la convenzione, pago solo 200 euro a notte”. Io, modestamente, coi miei 14 euro giornalieri all’ostello, penso di essere il più dignitoso. È difficile fare lo spettatore, dovrebbe esserci un indennizzo statale, un riconoscimento: far quadrare i conti, riuscire a modificare le linee aeree per azzeccare le coincidenze, trovare il taxi che ti riesce a portare alla prova in tempo. Non sono cose da trascurare. Non solo: una volta che parti per sentire il divino devi pur cercare di cogliere anche i santi intorno. Dunque con maratone giornaliere si passa da un teatro all’altro per inseguire quanti più spettacoli possibili per riempire le ore in trasferta. E intanto hai anche visto la mostra sui quadri dei prigionieri in Siberia perché lo spettatore non vive di solo teatro. E poi il concerto con conseguente visita al santuario: il camerino. Non per fare una conversazione, ma anche solo per dire “grazie” e toccare la divinità. Se sai di esserci tutte le sere devi anche pensare quale sia il momento più opportuno per il pellegrinaggio. In merito non esiste una regola ben precisa: vale il “mors tua, vita mea”. In quegli attimi vedi le simpatiche e innocenti socie diventare furie assatanate che affannosamente si attaccano letteralmente alla borsa della Presidente munita di pass o, peggio, riescono da sole, e non si sa come, a entrare prima di lei dalla Porta. Quello del “passaggio” è un serio e importante argomento trascendentale, ma metaforicamente le socie si avviano in quei momenti a provare attimi di mistica ascensione. Guido parlava di orgasmi ma io non credo che certe socie possano…. (chi pubblicherà deciderà o no se censurarmi). Ricapitolando sono proprio tanti i punti cui lo spettatore, a prescindere da faziosità abbadiane, deve porre attenzione affinché tutto vada bene. Per il Parsifal di Bayreuth diretto da Boulez si è trattato di un delicato scambio tra associazioni potentissime. Come si trattasse, citando recenti pubblicazioni, di templari e priorato di sion che si contendono la custodia del Graal. Quello che è da stabilire è se vale la pena di fare tanti sforzi per quelle due o tre ore passate in una sala da concerto o in un teatro d’opera. Se si accetta la tesi secondo cui la musica è la più completa tra le arti e la più vicina alla Verità inafferrabile, la domanda diventa retorica.
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