Su Raisat, dopo l’appello del maestro
Abbado: arriva la tv Arté ma peccato sia per pochi
DAL NOSTRO INVIATO ALGHERO (Sassari) - «Qui davanti c'erano solo sassi, ci sono volute centinaia di piante per trasformarli in giardino. E anche quel boschetto di palme e pini lì a fianco era quasi una discarica. Qui ho piantato banani, limoni, magnolie... Il segreto sta nel trovare per ciascuna pianta il posto giusto». Nel suo regno verde, affacciato sul mare blu e turchese di Alghero, Claudio Abbado racconta orgoglioso la nascita di un incredibile orto botanico, metafora neanche tanto nascosta del suo modo di fare musica. La stessa ostinata passione che l'ha spinto a far germogliare nel tempo tante orchestre. Dopo l'impegnativo agosto al Festival di Lucerna, e in attesa del concerto del 28 settembre a Bologna con la Mahler Chamber, cuore della precedente formazione, il direttore si concede una sosta. Ma l'abbagliante bellezza del luogo rende le dissonanze del pianeta più stridenti e induce Abbado a tornare su temi per lui ineludibili: le tragedie scatenate dalla fame di petrolio che fa dimenticare la sete d'acqua di interi continenti, la mancata ricerca di energie pulite. E il degrado della cultura. «Una della droghe usate è la televisione - accusa -. Per questo sostengo l'urgenza di far arrivare anche in Italia, unico Paese d'Europa ancora escluso, una tv di qualità come Arté». L'appello, lanciato mesi fa, sembrava aver raccolto molte attenzioni dai vertici politico-televisivi. «A parole tutti si dicevano d'accordo, il ministro Urbani si era impegnato per una rapida soluzione. Ma a quanto pare erano solo promesse preelettorali. Una presa in giro». Eppure qualcosa è successo. Carlo Sartori, presidente di Raisat, tra qualche giorno a Cannes annuncerà l'accordo con Jerome Clement, presidente del network franco-tedesco, per un primo «pacchetto» di sei ore settimanali, più una giornata tematica mensile, di programmi culturali scelti dai palinsesti di Arté e debitamente tradotti in italiano. Un primo assaggio da mandare in onda a partire dal gennaio 2005 su Raisat Premium, visibile agli abbonati di Sky. «Una buona notizia, speriamo apra altre porte - commenta Abbado -. Peccato però che tutto questo riguardi solo i pochi in possesso del decoder imposto da Sky. Una scandalosa forma di censura dato che, nel resto d'Europa, Arté è libera e gratuita per tutti. Come dovrebbe esserlo la cultura. Parola che da noi deve far paura a molti, poiché invita a pensare con la propria testa». Arté, prosegue il direttore, «offre un buon antidoto alle tante volgarità propinate dai vari canali, pubblici o privati. E poi c'è lo sfregio delle interruzioni pubblicitarie che colpisce perfino film come La meglio gioventù ». Tra i rari esempi di quello che la tv dovrebbe essere e non è, Saraband , l'ultimo capolavoro di Bergman. «Straordinario epilogo del magistrale Scene da un matrimonio . Entrambi i film sono stati realizzati per la tv svedese. Che a quanto pare non ragiona come la nostra». «Con Bergman - svela - avevamo un progetto comune per Salisburgo. Ma il Festival non fu capace di realizzarlo». In Saraband la giovane violoncellista alla fine decide di non fare più la solista per, come le fa dire Bergman, andare da Abbado per provare la gioia di suonare insieme, ascoltandosi gli uni con gli altri. «Un concetto che ha mosso tutta la mia carriera - ricorda il direttore -. Mi commuove scoprire che Bergman lo condivida».