MUSICISTI Martin Baeza Giulia Bassi Vedere anche
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Claudio Abbado ha segnato in maniera indelebile la mia vita musicale ed io gliene sarò sempre grato”, dice con generoso slancio Martin Baeza, 2a tromba dell’Orchestra di Lucerna. Da quando Abbado lo ascoltò nel ’96 in occasione di un concerto della GMJO, il trombettista spagnolo ha partecipato sotto la sua direzione ad importanti tournée con quell’orchestra per entrare poi nella Mahler Chamber ed essere presente in diversi concerti come ‘doppio’ della prima tromba dei Berliner Philarmoniker ; nel giugno 2002 ha vinto il concorso per 1a tromba alla Deutsche Oper di Berlino, incarico che svolge insieme all’insegnamento presso il Conservatorio Superiore di Madrid. Ma “Quando Claudio chiama, corro subito perché è un grande onore per me prendere parte ai suoi progetti musicali, come questo, che riguarda l’orchestra del Festival di Lucerna”. “Sono tre continua Martin - i momenti con Claudio Abbado che fino ad ora mi hanno lasciato un ricordo speciale: la lunga tournée della GMJO con la Settima di Mahler nel 1999, il Tristano e Isotta di Tokyo del novembre 2000 a pochi mesi dall’operazione, e l’ultimo concerto di Vienna del 13 maggio 2002: momenti di incredibili emozioni!”. Con appassionato trasporto ed esemplare chiarezza, Martin Baeza, irresistibile per la schietta simpatia, racconta di Claudio Abbado, del suo modo di lavorare con gli orchestrali. “Quando si prova, pur lavorando molto, si ha sempre la sensazione di aver fatto per una parte, che è quella a cui lui mira: il resto lo aggiunge la sua bacchetta, come se il concerto diventasse ‘territorio-Claudio’. Anche dopo prove ben approfondite, quello che accade davanti al pubblico è qualcosa di altro, di diverso e comunque di ben superiore; e questo qualcosa si verifica anche quando si pensa di aver fatto tutto il possibile. E’ proprio da quel punto che interviene lui, arrivando in luoghi inesplorati: questo fatto si è verificato anche in questi giorni passando dalle prove all’esecuzione della Quinta di Mahler: il concerto è stato un’altra cosa rispetto alla prova generale. Ma anche lo stesso concerto, ripetuto il giorno successivo, ha avuto una luce differente, ancora più bella e nitida della sera precedente: e questa percezione è stata colta non solo da noi che suoniamo, ma anche dal pubblico. Quando penso a quello che esce dalla sua bacchetta, dico semplicemente che è ‘musica pura’ che è quella che scaturisce quando, durante il concerto, Claudio ‘calpesta il suo territorio’ che corrisponde a un territorio che nessuno ha mai esplorato, corrisponde a un luogo che nessuno pensa possa esistere. Per lui c’è e va avanti per quella strada come se per lui, a sua volta, fosse sconosciuto, procede facendo vedere con chiarezza da dove è partito ma non dove arriverà. Ho capito subito queste caratteristiche del suo essere musicista che mi hanno fatto tanto riflettere, facendomi cambiare il mio modo di lavorare: fare musica è una vacanza tutto l’anno, ‘una fiesta continua’ perché si è in un altro mondo. E’ così lo studio deve essere una continua esplorazione per uscire dalla propria ‘stanza’ e cercarne un’altra: lui lo fa sempre, perché dopo un concerto è già in un altro luogo. Abbado non era lì dieci anni fa, non sarà qui tra dieci anni, perché avrà esplorato e trovato altre stanze. Quante volte è stata ripetuta la VII di Mahler dalla GMJO, in tante città europee e anche a Cuba? E ogni volta era diverso e sempre meglio.” “Lui è avanti anche nel modo di pensare: basti pensare alla repentina decisione di fondare un’altra orchestra dopo la EYCO perché a questa potevano accedere soltanto studenti della Comunità europea che allora voleva dire l’esclusione dell’Austria e dei paesi dell’Est. E ancora quanto ha incentivato l’inserimento delle donne nella Filarmonica di Berlino: per questo l’orchestra ha cambiato faccia. Le donne gli sono state riconoscenti, tanto è vero che alla fine del suo ultimo concerto in qualità di direttore stabile, ognuna gli ha regalato una rosa. Abbado è rimasto sensibilmente colpito da questo gesto. Quanto comunica mentre ‘esplora il suo territorio’ è chiaro dalla risposta del pubblico, che o irrompe nel grande applauso o rimane in silenzio per qualche istante. Questo silenzio a volte sembra più importante del concerto stesso: in Giappone dopo il Tristano e Isotta che ha diretto in condizioni di salute molto precarie, alla fine questo silenzio è durato un tempo irreale di sette minuti: è stato lunghissimo, un’eternità, dove musica, emozioni e sentimenti di tutti, orchestrali e pubblico, si sono ritrovati. E finalmente quando tutto il pubblico in piedi ha dato il via al fragorosissimo applauso, io sono scoppiato in lacrime”. Giulia Bassi
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