LA SCALA IN CRISI La Repubblica La Scala attraversa una grande crisi: crisi di fiducia del suo personale verso i dirigenti
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La Repubblica 26-02-05, pagina 18, sezione COMMENTI L' AMACA michele serra Mi sono letto paginate di giornale per cercare di capire che cosa stia accadendo alla Scala: e, trattandosi di un teatro (e che teatro), quali fossero le divergenti posizioni artistiche e culturali che hanno portato prima alla lite, poi al licenziamento del sovrintendente Fontana. Non ci ho capito nulla, e quanto al dibattito artistico e culturale non ne ho trovato traccia. Wagneriani contro verdiani? Tradizione contro avanguardia? O almeno interisti contro milanisti, tanto per poter dare un nome e un senso a una crisi che appassiona e divide Milano? Niente del genere, niente di definibile nel campo, già di suo formidabile e vasto, della battaglia culturale. Solo il tipico, inafferrabile rumore di fondo delle lotte di potere, di uno scontro politico che vede in prima linea il sindaco Albertini, l' aspirante sindaco Confalonieri e il drappello di ricconi che avrebbero dovuto figurare da mecenati al servizio della lirica, portare denaro e sicurezza, prestigio e attenzione. Al contrario, l' ingombrante ingresso dei privati alla Scala ha evidentemente invelenito il clima e involgarito i modi. I guasti dell' assistenzialismo pubblico - se ve ne sono - hanno lasciato il passo ai guasti della vanità politica e personale dei nuovi finanziatori dela Scala. Chiamarli nuovi padroni suona meglio, anche se del vero padrone hanno mostrato la prepotenza, non certo la premura per le sorti della fabbrica. La Repubblica 25-02-05, pagina 1, sezione PRIMA PAGINA L' opera contesa GIULIO ANSELMI Lo scenario, il ritmo, i toni, sembrano proprio quelli del melodramma. Come i personaggi: il sovrintendente cacciato, il maestro geloso, i baroni prepotenti. Ma la lunga storia di rivalità che incatena Carlo Fontana, Riccardo Muti, Fedele Confalonieri, Marco Tronchetti Provera e il sindaco Raffaele Albertini ha per palcoscenico, e per oggetto del contendere, il teatro alla Scala, simbolo dell' Opera italiana nel mondo e cattedrale laica di Milano. Il che basta ad attribuire a una vicenda di potere una valenza simbolica e spiega perché i grandi giornali internazionali, Le Monde in testa, la considerino uno dei pochi avvenimenti della penisola (malattia del papa a parte) meritevoli d' essere raccontati. In primo piano c' è il licenziamento in tronco del responsabile del teatro da parte di un consiglio di amministrazione giunto a pochi mesi da fine mandato: una procedura sospetta per i tempi e curiosa per i modi, dato che una durezza comprensibile solo per sanzionare gravi responsabilità viene invece accompagnata da flautate parole di lode. La testa di Fontana era richiesta da sempre dall' astro scaligero Muti, grande artista ma insofferente della sola ipotesi di cedere occasionalmente il «suo» podio a colleghi in grado di fargli ombra, come, un nome per tutti, Claudio Abbado. L' incompatibilità aveva raggiunto il parossismo nell' estate del 2003. Rabberciato lo scontro, era arrivato come direttore artistico il più oscuro Mauro Meli, un' esperienza in Sardegna alle spalle e amico personale del maestro. Il Consiglio di amministrazione della Scala, presieduto dal sindaco ma il cui uomo forte è il presidente di Mediaset Confalonieri, definito dalla milanesissima etoile Carla Fracci «un monocolore di centrodestra» (anche il vicepresidente Bruno Ermolli è un berlusconiano di lungo corso), ha scelto alla fine di stare con Muti. E si è scatenata la bagarre. L' altro ieri un corteo di ottocento persone si è mosso verso il Piermarini al grido: «Giù le mani dal nostro teatro». Musicisti, coristi, sarte e maschere hanno proclamato lo sciopero per tutte le «prime» della stagione e annunciato la volontà di fare saltare la «Sancta Susanna» di Hindemith e «Il dissoluto assolto» di Corghi, che avrebbero dovuto essere dirette da Muti. Il mostro sacro è finito direttamente sotto accusa. L' assessore alla cultura del Comune, Salvatore Carruba, tenuto all' oscuro, si è dimesso. Perfino esponenti locali di Forza Italia si sono dissociati dall' atto di prepotenza. Un magistrato, presidente di sezione della corte d' appello e accanito melomane, ha intrapreso una battaglia a difesa della corretta gestione del teatro, presentando una memoria sulla «dubbia qualificazione al ruolo» di Meli. Il mondo musicale, che a Milano è radicato e diffuso, è in fermento. E soffre di veder sciupato, a tre soli mesi dall' inaugurazione, quello che avrebbe dovuto essere il momento magico del suo idolo. Ma l' intera città si accalora, perché capisce che dietro il sipario c' è una tripla crisi. Una crisi politica, «rappresentata», come dice Carruba, «dal fallimento del centrodestra nel suo tentativo di conquistare la cosiddetta società civile»: donde la decisione di mettere le mani, in corsa, sui gioielli più preziosi e sugli enti più rappresentativi. Una crisi finanziaria, fondata su un deficit passato da 9,8 milioni di euro nel 2003 a quasi 12 nel 2004, con previsioni di 18 per l' anno in corso. La Fondazione Scala, di diritto privato, con soci come Telecom, Mediaset, l' Eni, continua a gravare in larga parte sugli enti locali. C' è incertezza sul futuro del teatro degli Arcimboldi, che ha ospitato provvisoriamente le rappresentazioni durante i lavori di restauro, ma di cui ora non si sa bene che fare. E si aggrava infine la crisi artistica: perfino Franco Zeffirelli ha detto che il cartellone è davvero al di sotto delle aspettative e ha aggiunto che «la Scala non è mai stata il salotto privato di nessuno, per quanto illustre. Non lo fu neanche ai tempi di Toscanini». Già, Toscanini, mito nel mito. Lo ha evocato, pochi giorni fa, il sovrintendente pericolante per aggrapparvisi: «Ha insegnato a tutti noi a tenere la schiena dritta e a non cedere alle prepotenze». In precedenza, Fontana aveva anche detto: «Non ho nulla da rimproverarmi. Sono pronto a fare un rapporto alla città». Lo faccia, se vuole dar prova di credere in quello che ha detto e dimostrare che il suo interesse per la Scala va oltre la sua poltrona: in democrazia il destino di una grande istituzione non è un fatto privato, è inaccettabile che venga liquidato con insolente prepotenza. Le tappe - la revoca Febbraio 2005: Il Cda incarica il sindaco Albertini di arrivare a una separazione consensuale con Fontana. L' incarico di sovrintendente gli viene revocato ieri per «motivi oggettivi» - la rottura Luglio 2003: scoppia la crisi tra Carlo Fontana e Riccardo Muti. Si dividono sulle scelte artistiche del teatro e il maestro diserta la conferenza stampa di presentazione della stagione - il rifiuto Settembre 2003: per risolvere il conflitto con Muti, a Fontana viene proposto di ricoprire il ruolo di vicepresidente del Consiglio di amministrazione. Il sovrintendente rifiuta - il terzo uomo Ottobre 2003: arriva Mauro Meli, sovrintendente a Cagliari. è il terzo uomo che diventa direttore artistico e "direttore della divisione Scala" - guerra fredda Ottobre 2004: il conflitto tra Muti e Fontana si acuisce a ottobre. Ogni decisione viene congelata in vista della riapertura del teatro dopo il restauro per la prima del 7 dicembre
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