Cara Attilia Giuliani,
la ringrazio di avermi fatto partecipe del dibattito che si è giustamente acceso a Milano intorno al "caso" Scala, che, come giustamente osserva Badini, non riguarda solo Milano, ma l'intero paese. E qui vengo al punto. Seguo con apprensione tutta la vicenda, non solo perché appunto è una questione che interessa non solo la Scala e Milano, ma tutto il paese, ma soprattutto perché mi sembra il segno del degrado in cui il paese è precipitato, come del resto accade qui a Venezia, città dove insegno, con la scissione candidati dell'Unione divisa tra due candidati (d'altronde il buon Dante non chiama l'Italia "bordello" e Petrarca, appena ritornato in Italia dalla Francia, proprio da Milano non scriveva ai suoi amici francesi che non "si ricordava che gli Italiani fossero così ignoranti e disonesti"? Sono passati sette secoli, ma le cose non mi sembrano cambiate che in peggio). Ciò detto, e tenuti presenti, anche, tutti gli altri pasticci del disgraziatissimo e ingovernabile paese (letta l'intervista a Bernabé sullo stato dell'economia italiana, sull'"Espresso" scorso?), scalzati i coturni della retorica campanilistica e patriottarda, in cui siamo maestri, mi viene da dire, davvero dal cuore, oltre che dall'inutile consapevolezza di un'impotente Ragione, che ci sarebbero non tre vie di uscita, come
suggerisce Badini, ma una sola ed è che si mettano da parte tutti e tre i contendenti e si ricominci da capo (o "da tre", che si tolgano definitivamente e finalmente di mezzo, come suggerirebbe il mai troppo compianto Massimo Troisi). Ma scherzi a parte, per una questione che non è affatto uno scherzo: davvero la via più razionale sarebbe questa, vale a dire azzerare tutto e ricominciare da capo, e che proprio la Scala si offra agli altri teatri d'Italia come modello di correttezza gestionale, affidando la diregenza, come avviene in Germania, soltanto a persone del mondo della musica e dello spettacolo, escludendone "manager" prezzolati e politici rampanti (all'Unter den Linden di Berlino c'è un regista, Peter Mussbach, e un direttore d'orchestra, Daniel Barenboim, che allestiscono programmi e spettacoli tra i migliori del mondo, laddove ormai la Scala allestisce
stagioni meno interessanti perfino di quelle di un teatro della provincia francese, per esempio Lione). Con queste riserve, che lei può rendere note a tutti, anche perché tutti sanno come la penso, aderisco alla vostra iniziativa, e sappiano i Milanesi, e in particolare i Loggionisti della Scala, e tutti coloro che amano la grande musica e il grande teatro, che vi sono vicino, "con timore e tremore" (in una lettera piena di citazioni non poteva mancare il mio amatissimo Kirkegaard, il lettore più attento che mai ci sia stato dell'insondabile Don Giovanni!), nulla sperando di veramente nuovo nel paese dei riciclaggi d'ogni tipo e dei riciclati d'ogni
consorteria, ma tuttavia levando la voce, per quel che possa valere, in difesa, almeno una volta, non già degl'interessi di una parte o di un individuo, ma di un teatro, e con il teatro, di un intero paese, perché il mio stato d'animo attuale è esattamente quello delle parole di Francesca che risponde a Dante e che Rossini, nel suo Otello, mette in bocca a un
gondoliere:
"Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
nella miseria..."
Con affetto per tutti voi,
Dino Villatico