IL FLAUTO SUBLIME.
Reggio Emilia 20.4.2005
Dopo i grandi successi di Abbado di questi ultimi anni nell’ambito sinfonico e operistico( a questo riguardo si voglia ricordare la trilogia mozartiana di Da Ponte) ho assistito al Teatro Valli di Reggio Emilia al debutto del Maestro nel Flauto Magico di Mozart, con la regia de figlio Daniele.
photo Marco Caselli
Confesso che mi aspettavo sì una grande interpretazione, ma non credevo che potesse superare ogni aspettativa. Il segreto di questa grandiosità e stato proprio la concezione di evitarla.
Già dalla sinfonia si avvertiva la concezione di eludere le retorica del magico/solenne per dar luogo ad un dialogo musicale leggero e raffinato e in questa apparente semplicità, la regia di Daniele Abbado, coadiuvato dallo scenografo Graziano Gregari, dalla costumista Carla Teti e dalle luci di Guido Levi, pur in un contesto pressoché tradizionale, ha saputo trovare brillanti e sapienti intuizioni. Da ricordare anche le apparizioni, quali citazioni, delle marionette salisburghesi.
Finalmente tre damigelle fisicamente credibili nell’esprimere un gustoso umor-erotico senza scadere in ridicole goffaggini, con un Tamino, l’ottimo Christoph Strehl, più uomo che principe, come affermerà Sarastro (l’importante Matti Salminen).
Ci è apparso un meno intrigante Papageno, umanizzato da semplicità borghese, entusiasticamente interpretato da Nicola Ulivieri (una bella prova oltretutto per un cantante italiano) affiancato dalla pur efficace Julia Kleiter.
Fisicamente esile, ma musicalmente intensa la Pamina di Rachel Harnisch.
Nonostante qualche imprecisione vocale di Ingrid Kaiserfeld, nella parte finale della prima aria della regina della notte, non veniva meno l’importanza di questo personaggio, e la cantante restituiva nella seconda aria, più famosa, una efficace interpretazione.
Quali aggettivi trovare per la Mahler Chamber Orchestra, questo meraviglioso complesso, fondato pure da Claudio Abbado; momento memorabile la marcia dei sacerdoti, quale preludio alla seconda parte: l’orchestra, con le sottolineature dei pianissimi, rendeva l’immagine del riverbero di cerchi concentrici, in un calmo specchio d’acqua, come a diffondere una sommessa e solenne musica intrisa di un misticismo che nessuna religione potrebbe mai spiegare.
Come non ricordare il suono particolare del glockspiel, che accompagna il lieder di Papageno, non più forzatamente brillante, ma riportato ad una misteriosa sonorità di un sapore tutto arcaico.
In quanto ai tre genietti, Abbado ci ha forse rivelato tutto il bambino che ha ancora in sé, dimostrando con quale tenerezza, unita ad una puntigliosa precisione, guidava questi stupendi allievi del Tölzer Knabenchor.
A partire dalla domanda di Tamino che chiede quando avrà fine il mistero della contesa fra Sarastro e la Regina della notte per Pamina, cui lo Sprecher (Georg Zeppenfeld) rispondeva, accompagnato da una melodia misteriosa dei bassi : “Sobald dich führt der Freundschaft Hand” (Quando la fraterna mano ti guiderà nel sacrario del legame eterno), iniziava la parte più significativa dell’opera e il genio Mozartiano produceva quel sibillino duetto dei sacerdoti che è un puro inno alla musica di impronta bachiana e che sembra estraniarsi dal contesto dell’azione. Momenti memorabili come la sommessa disperazione di Papageno, dopo aver strascicato “Eins…Zwei…Drei…” decidendo di porre fine alla sua vita non potendo avere Papagena.
Significativo poi il fatto che i tre genietti impedendo a Papageno di suicidarsi, si presentassero con tanto di alucce colorate e assistendo al tripudio dell’incontro dei due innamorati indicavano la futura prole di papageni.
Entusiasmante per me il finale, quando il coro(importante complesso di Baden-Baden) e tutti i personaggi davano il grande messaggio di fratellanza e amore al pubblico, sempre più vicini al proscenio , per poi di corsa raggiungere il fondo del palcoscenico come a voler gelosamente custodire la memoria di questi grandi ideali nel Teatro.
Tutta questa eccitazione fra musica e teatro mi ha fatto ricordare le parole di un grande poeta-scrittore: “L’uomo che non ha musica in se stesso, e non è mosso dall’armonia dei dolci suoni, è buono per tradire, tremare e depredare; i moti del suo animo sono cupi come la notte e i suoi affetti neri come l’Erebo. Un uomo così non riceva mai fiducia. Ascolta la musica.”
Sì, ascolta la musica, aggiungo io molto prosaicamente, ma specialmente quando e come è stata proposta in questa occasione.
Ermanno Gloria