LA CRONACA
 DEL WANDERER
N°101

Carlo Vistoli



Il giovane Carlo Vistoli ci ha mandato questo testo sul concerto di Ferrara il 15 giugno


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Inverno 2005
















































































































































































































































































































MOZART “SUL FIL D’UN SOFFIO ETESIO”

Si parla di grandi emozioni: quale miglior argomento trovare, dunque, per introdurre la meravigliosa serata del 15 Giugno? Ho letto sul vostro sito che molti spettatori hanno definito il concerto della sera precedente a Bologna, con il medesimo programma, un unicum irripetibile: io, non essendo stato presente quella sera a Bologna, non posso fare confronti, tuttavia posso dire che il concerto a cui io ho assistito è stato davvero formidabile. È stato un momento di certo particolare, che non verrà sicuramente scordato, anche per via del fatto che il concerto è stato dedicato alla memoria di Carlo Maria Giulini, scomparso la notte precedente. In apertura, infatti, è stato, per l’appunto, eseguito un fuori programma: un andantino in re minore di Mozart, dovuto omaggio alla memoria del grande direttore. È un brano stupendo, di dolente ma allo stesso tempo composta tristezza e malinconia, –il tutto filtrato dal genio musicale di Mozart–, particolarmente adatto per ricordare Giulini, persona, come ben noto, gentile e schiva, delicata come questa sublime musica è stata quella sera. Terminato il sentito tributo, il Maestro è sceso dal podio, mentre l’orchestra, subito seguita dal pubblico, si alzava in piedi per osservare, in raccoglimento, un minuto di silenzio. Era incredibile: l’assoluto silenzio (così raro all’interno di un teatro stracolmo di gente), che ha seguito la musica, ha creato, diciamo, un contrasto che esprimeva meglio di ogni parola l’emozione del momento. Concluso il minuto, gli orchestrali si sono accomodati nuovamente sulle sedie, così come il pubblico, che, in segno di rispetto, non ha applaudito. Il silenzio è stato spezzato solamente dalle prime misteriose note dell’Ouverture da “Die Zauberharfe” D. 664 di Schubert, con cui ha avuto inizio il vero e proprio concerto. Dopo la prima parte lenta e quasi cupa, la sala è stata finalmente riempita da quello scoppio di vitalità che è la seconda parte dell’Ouverture; da qui in avanti la serata è stata all’insegna dell’allegria, seppur velata dal pensiero che andava al Maestro Giulini: ma alla fine è sempre e comunque la forza della musica a trionfare. E che musica! il programma scelto da Abbado è stato bellissimo, a cominciare appunto dall’Ouverture di Schubert, eseguita in modo magistrale (il finale è stato davvero travolgente) dai giovani e quanto mai affiatati professori dell’orchestra Mozart.

Era la prima volta che avevo la possibilità di ascoltare questa neonata compagine orchestrale, e devo dire che la prima impressione è stata ottima: le critiche in merito che avevo letto precedentemente mi avevano già dato in senso positivo un certa sicurezza, che è stata pienamente confermata in questa occasione. L’orchestra ha prima di tutto un bel suono, è dinamica e fantasiosa, ma ciò che soprattutto mi ha colpito è stato quello spirito di amicizia e unione tra i vari membri che traspariva fin dal primo momento: ho avvertito –voglio dire– una grande volontà comune (bellissima e sicuramente da ammirare) di collaborare assieme, dando il meglio di sé, in un rapporto di fratellanza, in vista di un fine unico: fare musica (e farla bene) in gruppo, anche divertendosi (perché no?: così dovrebbe essere). Si poteva intuire che si era formata un’intesa molto bella tra i giovani musicisti, tutti, tra l’altro, di ottima levatura. Il risultato è stato quello di un’atmosfera di allegria e serenità: questo è, almeno, quello che è sembrato a me, che sono stato molto coinvolto da un’orchestra composta da giovani che, in media, non hanno molti più anni di me (io ne ho quasi 18) e che, proprio per questo affiatamento e queste doti musicali di cui ho appena parlato, ho particolarmente apprezzato.

Tale sintonia è, poi, quella di cui Abbado va sempre in cerca nel rapporto con un orchestra: è prima di tutto il rapporto a livello umano quello che conta, perché su di esso si fonda poi anche l’esecuzione. Quella sera, in particolare, ho visto il Maestro molto coinvolto con i suoi giovani orchestrali, con cui, secondo il mio punto di vista, ha stretto un rapporto (come sempre, del resto) di scambievole amicizia, il che è molto bello. Sappiamo tutti quale squisita persona sia il Maestro Abbado, ed è facile immaginare come un’orchestra debba trovare in lui prima di tutto un “amico”, aperto al dialogo, che con umiltà mette a disposizione ogni propria forza e la propria esperienza per collaborare in un clima di reciproco scambio, pur mantenendo saldo –com’è giusto che sia– il proprio ruolo di direttore, che ha in mente un preciso modo di interpretare la musica, e questo deve mettere in atto, con l’indispensabile contributo (in tutti i sensi, non solo come pura esecuzione, ma anche come interpretazione) dell’orchestra. Insomma, questo era il bel clima che si respirava quella sera; con i più sentiti complimenti all’orchestra Mozart, che con il passare del tempo di sicuro si affinerà ancora di più.

Date queste premesse, mi sembra dunque consequenziale che l’esecuzione sia stata eccellente. Ritornando per l’appunto al programma della serata, dopo la splendida Ouverture, magnifica nell’interpretazione ritmicamente vivace e gioiosa di Abbado, si è potuto ascoltare il terzo concerto per corno e orchestra di Mozart K. 447, il più bello, a mio giudizio, dei quattro che il genio salisburghese ha composto per questo strumento. Anche questo secondo brano della serata è risultato ottimo, grazie al bravissimo cornista Alessio Allegrini, fantasioso e delicato. Abbado, nel primo movimento, ha staccato un tempo non eccessivamente veloce, ma con una delicatezza e una dolcezza sorprendenti, riuscendo poi ad unire la voce del corno con l’orchestra, con una perfetta armonia, in un clima di serenità e quasi intimità (pur in un luogo come il palcoscenico di un teatro). Il secondo movimento è passato come una carezza, leggero e bellissimo, e poi il terzo, vivacissimo, ha concluso in maniera elettrizzante, con un brio spensierato. Allegroni, in conclusione della prima parte della serata, ha concesso un bis: una stupenda trascrizione da Rossini, pezzo virtuosistico di grande difficoltà, eseguito benissimo.

Ora, prima di passare alla seconda parte del concerto, vorrei fare un piccola riflessione sul Maestro. Ho notato, negli ultimi concerti di Abbado a cui ho assistito dal vivo (per esempio “Così fan tutte” l’anno scorso e “Die Zauberflöte” quest’anno), che il Maestro ha trovato e sta trovando un nuovo approccio con la musica, specialmente quella di Mozart: sembra che, avanzando negli anni, Abbado si ritrovi più vicino alla musica, così semplice (in senso pienamente positivo, naturalmente) e nel contempo così sublime, del salisburghese, che rimane, a mio giudizio, il più grande di tutti i tempi. Abbado sta raggiungendo sempre più (questo già da alcuni anni) una profondità e una maturità che si realizzano in una leggerezza (anche qui in senso positivo) e in una finezza eccezionali. Così come in occasione de “Die Zauberflöte” –straordinaria opera che ritorna alla dimensione della fanciullezza per offrire un importante messaggio di fratellanza– ho sottolineato un approccio a tale messaggio molto intimo e profondo, anche in questo Mozart del 15 Giugno ho riscontrato lo stesso modo di affrontare queste partiture. Il Maestro sta raggiungendo dei livelli altissimi, che lo pongono senza dubbio tra i migliori direttori del Novecento; nella carriera di Abbado, oltre a quest’ultimo periodo, non dimentichiamo però anche gli anni d’oro della Scala, gli anni ’70, durante i quali Abbado ha portato il teatro a vertici di qualità che da allora non ha più raggiunto.

Chiusa la breve parentesi, ci avviamo alla conclusione con la Serenata K 320 “Posthorn”, che ha occupato la seconda parte della serata. L’orchestra e il Maestro, con grande sorpresa da parte del divertito pubblico, sono entrati in scena suonando, e in piedi hanno eseguito il primo brano. La deliziosa Serenata è poi proseguita con vivacità, in una interpretazione molto fine, piena di allegria e di dolcezza, quando occorreva. Ho particolarmente apprezzato la sezione dei fiati, tecnicamente perfetta, impegnata in brani di non facile esecuzione. Alla fine, applausi a scena aperta per tutti gli orchestrali, che ho sopra elogia, impegnata in brani dto, e naturalmente per il Maestro Abbado, particolarmente amato a Ferrara. Ho visto il Maestro sereno e rilassato, a suo agio in mezzo a così giovani musicisti di talento: si nota chiaramente come i giovani diano una grande carica ad Abbado, e come egli si esalti a contatto con loro. E infatti, l’energia e la grinta sono state notevoli, e lo si è potuto riscontrare anche nei ben cinque bis concessi, di cui uno ha visto impegnato il bravissimo primo violino dell’orchestra: in più, come all’inizio della Serenata l’orchestra era entrata in scena suonando, così in conclusione di un bis, all’inverso, essa, assieme ad Abbado, è uscita suonando le ultime note del brano. Gli applausi, meritatissimi, sono stati tanti, e il tutto si è concluso in serenità e gioia, con un pensiero anche al grande Giulini. Anche questa volta, il Maestro, all’uscita dei camerini mi ha gentilmente concesso un autografo, poi è salito in auto, e se n’è andato, salutando dal finestrino… Ancora auguri, Claudio!










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